Caro Prandelli
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Caro Prandelli

La lettera d'autore di Sandro Mazzola al Commissario Tecnico della nazionale italiana di calcio

Caro Cesare Prandelli,

Sento pronunciare la parola Brasile e il mio primo ricordo è proprio lui: Pelè. Due momenti sono rimasti impressi nella mia mente. Il primo: il mio debutto in nazionale nel 1963, a San Siro, contro il Brasile. Ricordo il sottopasso tra gli spogliatoi e il campo: mi trovai accanto Pelè, non mi sembrava vero, mi guardai attorno quasi a cercare conferme. Vincemmo 3 a 0 e segnai pure un gol. Poi c’è la finale del 1970 a Città del Messico, dove proprio un gol di Pelè sancì l’inizio della nostra disfatta. Avevamo giocato la semifinale con la Germania a 2 mila metri e nel secondo tempo contro il Brasile vedevo le facce dei mie compagni, le loro smorfie di dolore, i muscoli pietrificati. Peccato.

Il tuo Brasile, caro Cesare, sono certo avrà un sapore meno amaro. Primo perché sono convinto che tu abbia fatto e stia facendo un lavoro straordinario. Ci conosciamo da tantissimo tempo, quando eri un giovane calciatore provai a portarti all’Inter, ma tu andasti alla Juve.

Ti seguo da sempre: in Nazionale hai costruito un gruppo molto affiatato. Ed è questa la chiave per disputare un buon campionato del mondo. Una squadra compatta, cementificata, che sappia condividere i sacrifici. Poi devi avere tre giocatori al di sopra degli altri, uno per ogni ruolo, altrimenti non vinci. In questa Nazionale sono Gigi Buffon, Andrea Pirlo e Mario Balotelli. Leadership e qualità tecniche superiori alla media. Sono convinto tu stia gestendo Balotelli in modo perfetto, alternando carezze a sberle. Per giocatori come lui vale quello che diceva Renato Ramella, consigliere dell’Inter e uomo di fiducia di papà Moratti: «Ai bravi ragazzi facciamo sposare la figlia, quelli un po’ matti, che sanno giocare a pallone, li mettiamo in campo».
A ogni modo io sono fiducioso: la tua Italia, la nostra Italia, farà strada e se la giocherà fino in fondo. Il girone eliminatorio è duro, certo, ma più per gli inglesi che per noi.

Sandro Mazzola

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