L'allarme Uefa: 14 club fuori dal Fair Play
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L'allarme Uefa: 14 club fuori dal Fair Play

Anche le italiane nella lista nera. Perdite complessive per 1,7 miliardi di euro ma lentamente la situazione migliora...

Se il Fair Play Finanziario entrasse in vigore oggi sarebbero 14 le società in tutta Europa cui verrebbe negata l'iscrizione alla prossima Champions League o che sarebbero sanzionate dall'Uefa perché al di fuori dei parametri finanziari imposti dalle nuove regole. E altri 32 si troverebbero in una posizione scomoda tale da richiedere immediati interventi di ricapitalizzazione. E' la fotografia scattata dal 'Report finanziario' relativo alla stagione 2011 e che contiene una simulazione sui bilanci delle ultime tre stagioni.

La situazione del calcio europeo migliora, ma continua a essere preoccupante. Consola la crescita continua dei ricavi, meno la parallela corsa di stipendi e costi che non consente ancora al sistema di stare in equilibrio. E la tagliola del FFP si avvicina. Dalla stagione 2014-2015 le sanzioni saranno effettive, sempre che l'Uefa abbia la forza per andare fino in fondo.

Analizzando la serie storica dei bilanci dal 2009 al 2011 con una simulazione di quanto accadrà nei prossimi mesi, l'Uefa ha concluso che ben 46 clubs avrebbero problemi con il fair play finanziario. Il semaforo rosso scatterebbe nei maggiori tornei del continente: Italia, Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Russia e Turchia. In tutti questi campionati c'è almeno un club che fa parte della 'black list' che però ufficialmente non è stata resa pubblica.

Solo il 41% delle società iscritte alla Champions League in questa stagione rispetterebbe in pieno i parametri imposti. Per 32 clubs il deficit sarebbe a livello di guardia tra i 5 e i 45 milioni di euro (limite massimo sul triennio) con necessità di ricapitalizzazioni. Una fotografia allarmante anche perché, malgrado minacce e scenari di esclusioni, non tutti si sono ancora convinti dell'ineluttabilità del nuovo corso voluto da Platini.

Alla fine del 2011 comunque le perdite aggregate dei 734 clubs di prima divisione operanti nei 52 Paesi affiliati alla Uefa erano di 1,7 miliardi di euro, il triplo rispetto al 2007 quando si fermavano a circa 600 milioni di euro. Una tendenza non ancora invertita, anche se rispetto al 2010 qualche correttivo è stato portato e, ad esempio, il rapporto perdite/ricavi è sceso per la prima volta dal 12,8% al 12,7%. Ancora troppo comunque: significa che per ogni 8 euro incassati le società europee ne spendono 9. Il 38% dichiara di avere debiti superiori al valore complessivo della propria attività.

Nello stesso arco di tempo la voce costi del personale è salita del 38% e oggi incide per il 71% nel rapporto con il fatturato. Situazione insostenibile considerato che il punto di pareggio ideale è individuato intorno al 50% come da modello della Bundesliga. Nel 2007 ci si fermava al 62%. In cinque anni il monte stipendi complessivo del calcio europeo è cresciuto di 2,4 miliardi di euro.

La consolazione è che, malgrado tutto, il calcio continua a essere un'industria che tira. Basta dare un'occhiata ai ricavi per rendersi conto di come non ci sia crisi che tenga. I top club hanno messo insieme nel 2011 incassi per 13,2 miliardi di euro (16 miliardi considerando tutte le società) con una crescita media annua del 5,6% nettamente superiore rispetto alla performance dell'economia dell'area UE nello stesso periodo (+0,5%). Da dove provengono? Diritti tv (37%), sponsor (25%), stadio e merchandising (19%).

La Champions League continua a essere una macchina da soldi: nell'edizione 2011-2012 ha attirato 13,4 milioni di spettatori riempiendo per il 90% gli stadi nella fase a girone e in quella ad eliminazione diretta . Una torta ormai allargata a tutti con la riforma imposta da Platini che sta concedendo spazio anche alle rappresentanti di campionati minori. Dal 2015 la formula cambierà nuovamente.

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Giovanni Capuano