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Juventus, le domande per Sarri dopo la sconfitta in Supercoppa

Difesa che subisce troppo, tridente, motivazioni e altri temi lasciati in eredità dal doppio ko contro la Lazio

La sconfitta nella Supercoppa di Riad contro la Lazio, secondo ko nell'arco di meno di un mese, rischia di minare alle radici le certezze accumulate dalla Juventus in un autunno senza cadute. Non è tempo di processi e già altre volte era successo di lasciare la Supercoppa all'avversario di turno, però il dato di fatto è che Sarri ha mancato il primo vero obiettivo di una stagione in cui i riflettori sono puntati su di lui e sulla rivoluzione che deve portare i campioni d'Italia a restare vincenti cambiando pelle e filosofia di gioco.

Ecco perché la doppia caduta contro la Lazio di Inzaghi, parsa complessivamente superiore ai bianconeri in questo momento (lo ha ammesso lo stesso Sarri) va interpretata come un piccolo campanello d'allarme. Dalla Befana in poi ci sarà sempre meno spazio per il rodaggio, soprattutto con l'avvicinarsi della seconda fase della Champions League con il suo carico di attese e pressioni.

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Le domande a Sarri dopo la Supercoppa

La sosta natalizia è, dunque, il momento propizio per cercare di trovare risposta a qualche dubbio sorto in questi mesi. Partendo dalla considerazione che il bilancio juventino non può che essere positivo, con il primo posto in campionato a quote alte (42 punti significano una proiezione finale di 94), il girone di Champions dominato con grande personalità e una generale sensazione di opulenza tecnica.

Qui cominciano, però, le difficoltà e le questioni aperte. Ad esempio riguardo il gioco che Sarri deve portare alla Juventus e che fin qui si è visto pochissimo. Il tecnico, alla vigilia della Supercoppa, si è sbilanciato dicendo di essersi finalmente divertito, ma il campo lo ha smentito. In generale la Juventus rimane più legata alle individualità che alla coralità della manovra vista nel Napoli costruito dal toscano; è fisiologico e non è detto che sia un male, però il nodo va sciolto.

Lo stesso vale per gli equilibri della fase difensiva. Non è abitudine dei bianconeri incassare 24 gol nelle prime 24 partite stagionali. L'ultimo Allegri, ad esempio, era esattamente alla metà (12). Preoccupa la maggiore facilità con cui gli avversari arrivano al tiro, la difficoltà a trovare filtro ed equilibri che spesso si trasforma nell'esigenza di costruire un centrocampo di mediani sacrificando uomini di maggior tasso tecnico.

Soprattutto se si sceglie di schierare il tridente Ronaldo-Higuain-Dybala che è stato centellinato all'inizio e sdoganato poi. Sarri è partito sostenendo che si potesse usare solo in alcune fasi delle partite o contro avversari dallo scarso palleggio, quindi ha provato a forzarlo vista la condizione dei suoi tre tenori. L'esperimento non è riuscito ma non può essere accantonato anche perché in Europa serve tutta la classe possibile per cercare di arrivare fino in fondo.

Ultimo tema, quello delle motivazioni che troppo spesso vengono meno se non in Champions League. Ne ha parlato il tecnico dopo alcune frenate di campionato e in parte anche per spiegare la sconfitta di Supercoppa contro la Lazio. E' un paradosso difficilmente accettabile, considerato che buona parte della rosa è stata rinnovata e lo stesso Sarri, ad esempio, non ha mai vinto un campionato. Fare il minimo sindacale in Italia pensando di tenere il meglio per l'Europa è una scelta pericolosa, oltretutto in una stagione in cui c'è un avevrsario come l'Inter di Conte che gioca con gli occhi iniettati di sangue (sportivo).

Il mercato di gennaio potrà aiutare soprattutto alla voce uscite, togliendo alcuni degli imbarazzi ereditati dall'estate delle mancate cessioni. Certo, Emre Can sarebbe servito in condizioni psicologiche sufficienti e anche Mandzukic ai margini è stato uno spreco. Il prodotto dell'opulenza che garantisce alla Juventus una posizione dominante da fortificare con una crescita netta delle prestazioni.

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Giovanni Capuano