Juve, approfittane: il Milan è sull’orlo di una crisi di nervi

Non sappiamo se a Barcellona apprezzeranno l’omaggio, che consapevolmente o inconsapevolmente, Galliani e Allegri stanno tributando a Pedro Almodóvar, castigliano e madrileno di adozione. Ma di certo, quello cui stiamo assistendo sembra davvero uno spettacolo diretto e sceneggiato dal …Leggi tutto

Adriano Galliani per il momento non risponde alla Juventus (Ansa)

Adriano Galliani per il momento non risponde alla Juventus (Ansa)

Bar Sport: la terza stellaNon sappiamo se a Barcellona apprezzeranno l’omaggio, che consapevolmente o inconsapevolmente, Galliani e Allegri stanno tributando a Pedro Almodóvar, castigliano e madrileno di adozione. Ma di certo, quello cui stiamo assistendo sembra davvero uno spettacolo diretto e sceneggiato dal grande regista spagnolo.

Della poetica di Almodóvar c’è la sproporzione, la provocazione realistica degli eccessi, c’è il kitsch. Ci sono fortemente rappresentati le passioni e i sentimenti, ma alterati, quasi estremizzati in un gioco sofisticato e “colorato”, in cui l’abbondanza di elementi scandalistici e provocatori è l’iconografia dominante.  Ma soprattutto c’è la trasfigurazione della realtà, come attestazione di iper-realismo.

Iper-realismo che nel regista spagnolo passa dai volti eccessivamente normali, non belli, quasi sfigurati nella loro naturale imperfezione di Carmen Maura, Rossy de Palma e Marisa Paredes; e invece nella rappresentazione allegorica del duo Galliani-Allegri passa dal sontuoso fake di Catania-Milan.

Qui un non-gol diventa gol, non nella sua valenza regolamentare, ma nella trasposizione della realtà dell’immagine. La forma che viene de-strutturata e ricomposta a uso e consumo dello scandalo, dello spettacolo della passione. E’ poetica dell’iper-realismo, o meglio dell’ipo-realismo.

In questo senso anche le proporzioni che cambiano, mutano e si ricompongono assumono un grande valore simbolico. È l’estetica della realtà che diviene immaginazione. Non importa se le proporzioni non sono rispettate, se la prospettiva inverte le sue regole e se i numeri di maglia perdono la loro naturale semantica per divenire anch’essi simboli astratti. Un 12 vale un 17 in questo nuovo gioco del simbolismo astratto.

L’allegoria milanista è un continuum che parte dalle smorfie di Galliani e dalle gocce di tranquillante prescrittegli dal medico sociale, continua con una moviola improvvisata su un cellulare (ditelo a Platini, altro che moviola in campo) e si conclude con gli sfoghi di Allegri in perfetta parlata livornese. Che riletti in questa logica sono ach’essi una magistrale interpretazione di non-sense iperrealistico.

Tutto questo non nasconde solo una nuova lettura dei fatti, più moderna, più astratta a suo modo anche più pop. Ma cela anche la paura che una stagione da triplete possa trasformarsi in breve tempo in una da zero-tituli. Qualcuno la chiama già sindrome da Photoshop. Da qui la necessità di sparagliare le carte, di guadagnare tempo proteggendo la squadra e quel vantaggio che ormai è solo numerico, algebrico, nulla di più. Nulla sul piano del gioco, dell’agonismo e ad oggi anche dei valori espressi.

Speriamo, a questo punto, che anche il finale sia degno dei capolavori di Almodovàr, quelli in cui le peggiori intenzioni svaniscono dietro la consapevolezza che alla fine niente di tutto ciò ha importanza di fronte all’evidenza dei fatti. Quei fatti che a maggio forse ci racconteranno del clamoroso harakiri (mentale ancor prima che fisico) con cui il Milan consegnò il campionato 2011-2012 alla Vecchia Signora.

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