Italia-Spagna e la notte dei pensieri
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Italia-Spagna e la notte dei pensieri

Dal "biscotto" mancato al futuro di Prandelli, il tutto a poche ore dalla finale

Scritto su queste pagine il 18 giugno, dopo che la Spagna con la schiena dritta aveva fatto il suo dovere con la Croazia e noi,  zoppicando un po’ contro l’Irlanda, avevamo scavallato il primo turno. “E adesso avanti fino alla finale. Contro la Spagna”.

Del  risultato (scritto anche quello) riparliamone domani sera tardi: ci  teniamo il pronostico fatto. Voi, se ne avete voglia, trovate lo spazio  per i
commenti qui sotto, che magari ci divertiamo un po’.

Sia chiaro, nessuno vuol fare la ruota del pavone: il discorso è un altro. Quello relativo alle parole di Del Bosque venerdì mattina presto. Mani avanti: “Siamo contenti di non aver  “biscottato” la partita con la Croazia e lo faremmo di nuovo”. Applausi.

Di  sicuro lo pensa, dato che è un raro galantuomo. Dovesse però perdere  l’Europeo, più di uno spagnolo ci rifletterebbe sopra: i regolamenti non  li fanno né la Spagna, né l’Italia, né tutti quelli che si  scandalizzano come un branco di vergini. Vale davvero la pena in tornei  compressi, aleatori e
meravigliosamente anacronistici come questi  buttare alle ortiche una posizione di vantaggio, rimettendo in gioco un  avversario diretto?

Il discorso è una pianta piena di spine e  nessuno oggi ha voglia di pungersi, aspettando la finale. Facciamo solo  notare che  la Fivb, Federazione internazionale di pallavolo, ha  cambiato i regolamenti dopo i mondiali romani e dopo un Brasile-Bulgaria  scandalosamente giocato al contrario.

Lasciamo stare che è  meglio. Portiamo ancora sulla pelle il profumo dolcissimo della notte di  Varsavia, nella quale abbiamo visto e sentito per le vie del centro,  centinaia di persone che sventolavano bandiere italiane e cantavano i  nostri cori ed erano tutti stranieri, polacchi per lo più, certamente  infiltrati del tifo, imbucati alla festa. O meglio conquistati, sarebbe  bello dire rapiti, dalla nostra Nazionale, facendo finta che il malumore  strisciante nei confronti della Germania e il peso della Storia  (maiuscolo) c’entrino nulla.

Il sabato del villaggio, specie  quando è vigilia di una finale così, non ha nulla di poetico. E’ sempre  acido di tensione e caldo di concentrazione.

Per come la vediamo  noi, la Spagna che troveremo a Kiev per la seconda volta in venti  giorni, non sembra poi così lontana. Anzi, a occhio e croce siamo  cresciuti più noi di loro, che restano comunque i favoriti e si tengano  pure questo peso addosso. Noi andiamo con qualche altro pensiero: quelli  che riguardano Cesare Prandelli ad esempio, che cammina coi suoi sassi,  diversi da quelli di Buffon sempre più sguaiato nella sua rabbia contro
il  mondo: l’altra sera correndo subito negli spogliatoi con la faccia da  temporale, senza onorare la pubblica festa di campo e pigliando pure a  manate la mascotte che gli ostruiva il passaggio, beh non ci ha fatto  una gran figura.

Tornando a Prandelli, Abete l’ha già  confermato una mezza dozzina di volte ma bisogna essere d’accordo in due  e non è detto che il ct lo sia del tutto. Dopo l’Europeo ne parlerà,  comunque vada da una posizione di forza: quello che ha fatto in due anni  lo stiamo realizzando ora fino in fondo,  ma abbiamo imparato ad  apprezzarlo da subito.

Non dovrà essere un ricatto, ma una giusta  trattativa, non solo economica, par di capire. Perché arrivare alla  finale di un Europeo (nella peggiore delle ipotesi) e dirsi addio a metà  strada verso i mondiali, sarebbe una insopportabile storia troppo  italiana.

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Carlo Genta