Ippica, per scommesse e impianti un 2012 nero

Duecento spettatori scarsi a San Siro, quando ai tempi d’oro se ne contavano 6 mila. Ippodromi di mezza Italia a rischio chiusura o già finiti in procedura liquidatoria. Il futuro di difficoltà che molti teorizzavano per l’ippica italiana (soprattutto alla …Leggi tutto

(Credits: Julian Herbert/Getty Images)

(Credits: Julian Herbert/Getty Images)

Duecento spettatori scarsi a San Siro, quando ai tempi d’oro se ne contavano 6 mila. Ippodromi di mezza Italia a rischio chiusura o già finiti in procedura liquidatoria. Il futuro di difficoltà che molti teorizzavano per l’ippica italiana (soprattutto alla luce del boom di altri settori dell’azzardo che hanno messo nell’angolo la vecchia tris) è già un presente maledetto.

Colpa del taglio doloroso del montepremi, sceso dai 200 milioni del 2010 ai 115 di quest’anno,  e dei contributi affidati  dal governo all’Assi, l’ex Unire, passati da 400 a 235 milioni. In entrambi i casi, le risorse derivano per il 33% da un contributo statale e per il 66% dalle scommesse ippiche. La questione centrale sta proprio nel crollo del gettito assicurato dalle giocate sulle corse, che negli ultimi dieci anni si è più che dimezzato. Ma i problemi dell’ippica italiana, un tempo fiore all’occhiello del nostro sport anche sul versante agonistico (ricordate Varenne o le medaglie a ripetizione nel dressage?) sono diversi e più antichi, come ha ammesso pochi giorni fa nel suo bilancio di fine anno il Coordinamento Ippodromi Nazionale.

Il 2012 si è aperto con lo sciopero di gennaio e febbraio che ha portato allo stop dell’intero sistema, poi ripartito senza però che il nodo dei  corrispettivi venisse affrontato in maniera chiara e definitiva. Nel mese di agosto, come riporta l’agenzia specializzata Agipronews, c’è stata la soppressione di Assi, che oggi continua a operare in regime transitorio. Poi sono arrivati lo stop alla riforma delle scommesse e della tv ippica, il mancato pagamento dei premi vinti fin dal luglio scorso e dei corrispettivi agli ippodromi addirittura da giugno. Nella seconda parte dell’anno la situazione è leggermente migliorata, ma solo dal punto di vista delle promesse: il ministro delle Politiche Agricole Mario Catania ha confermato la tutela pubblica del settore affidandone la gestione direttamente al dicastero, e il bilancio 2013 prevede 250 milioni di contributi, di cui 115 per il montepremi e 62 per gli ippodromi, tornando così sui livelli di due anni fa.

Chiaro che non basta questo per uscirne: perciò le diverse categorie della filiera (concessionari di scommesse, società di gestione, allevatori e fantini) hanno provato a superare le tradizionali divisioni interne per elaborare una piattaforma di proposte, sostanzialmente articolata in tre punti. Il primo prevede un contributo straordinario immediato e l’innalzamento del payout (la quota di giocata restituita ai vincitori) che oggi è del 68% contro l’80% del calcio e il 77% delle slot, così da rendere più attraente la scommessa. Si tratta della stessa ricetta adottata a partire dal 2011 nei confronti del Bingo, tre anni fa in grave crisi e oggi in crescita di oltre il 20%, con ritorni più alti anche per l’erario. La seconda ipotesi è quella di dirottare sull’ippica lo 0,7% dei proventi delle più ricche slot machine. Blitz già tentato, e fallito sotto la pressione delle lobby, nel 2007 dal governo Prodi e questa estate dal ministro della Salute Renato Balduzzi: ci si riproverà.

Solo a quel punto, incamerato nuovo ossigeno, il settore è pronto a ridiscutere anche i suoi fondamentali. A partire dal numero delle corse in calendario, ormai oggettivamente troppo alto per garantire uno spettacolo di livello decente: l’intenzione è quella di procedere a un ennesimo taglio delle giornate di corse, circa il 5%, anche in virtù di una certa riduzione del parco cavalli. Con una distribuzione più omogenea durante la settimana per numero e ripartizione geografica degli ippodromi in cui svolgere la programmazione ordinaria. In pratica nel 2013 dovrebbero esserci quattro riunioni di corse  tra il lunedì e il venerdì, sei il sabato e la domenica. Il problema è a questo punto arrivare a un nuovo rapporto convenzionale: il vecchio è ormai scaduto da tempo, l’ultima proroga di fatto si esaurirà il 31 dicembre e il clima da ultimi giorni di scuola che si respira al ministero di certo non agevola decisioni definitive e vincolanti per il futuro.

Intanto però le notizie che arrivano dai vari impianti continuano ad essere tutt’altro che positive: all’alba del primo gennaio 2013, riporta ancora Agipronews, la “geografia” ippica nazionale potrebbe risultare parecchio sconvolta. Ad esempio all’inizio di dicembre Claudio Corradini, amministratore delegato di Trenno (società che gestisce San Siro e Montecatini) dopo aver di fatto chiuso i centri di allenamento all’interno degli impianti, ha inviato al ministero una nota nella quale si esprime la volontà di voler sospendere l’attività dei suoi impianti fino a quando non ci saranno certezze dal punto di vista della convenzione.

Parte delle corse di Milano, naufragato il progetto di portare il trotto a Varese, potrebbero essere spostate a Torino, ma l’opzione non è così scontata anche perchè l’amministratore delegato di Hippogroup Torinese, Guido Melzi D’Eril, proprio il 17 dicembre ha reclamato una maggior dignità per il suo sito che quest’anno in effetti si è visto tagliare il 30% delle giornate di corsa. Stesso film a Nordest. A Merano, tempio nazionale delle gare a ostacoli, la gestione sta per passare a una cordata capitanata da operatori del settore slot, che sembrano voler puntare (complice anche il divieto di nuove installazioni nei bar a Bolzano e provincia) più sulle macchinette che sui cavalli. E a Padova da quasi un anno il comune sta cercando un nuovo aggiudicatario per il suo ippodromo.

Non va meglio al Centro-Sud, dove alla tradizione borbonica di grandi corridori e allevatori non hanno fatto evidentemente da contraltare adeguate doti manageriali: In Campania Aversa vivacchia mentre Agnano ha in calendario per il 29 marzo 2013 la prima udienza presso il tribunale fallimentare e nel frattempo affonda nel degrado. A Roma Tor di Valle, che ha appena festeggiato i 53 anni di attività, si è invece rischiata la tempesta nei giorni scorsi con un duro scontro tra la società di gestione e i morosi che si erano visti chiudere l’accesso alle stalle. Per il momento si corre ancora, ma gli operai attendono il pagamento di diverse mensilità di retribuzione, pagamento peraltro parzialmente promesso proprio a Natale. Nuovi capitali, e forse in futuro anche nuovo pubblico e nuove infrastrutture, potrebbero arrivare tuttavia da un’operazione straordinaria: l’area attigua all’ippodromo è infatti una di quelle individuate dalla Roma come possibile sito dove costruire il nuovo stadio di proprietà.

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