Inter: il casting per l'allenatore novità dalla Cina. Ma vincente?
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Inter: il casting per l'allenatore novità dalla Cina. Ma vincente?

Il gruppo Suning cerca il successore di De Boer come avviene per i top-manager: pro e contro di una scelta inedita per il nostro calcio

Leonardo ha già detto no, Capello pare che si sia detto indisponibile e Villas Boas ha firmato un contratto da 12 milioni a stagione in Cina. Nomi in meno da mettere nell'agenda del casting per il nuovo allenatore dell'Inter, nuova versione della ricerca sul calciomercato di un profilo giusto per un posto di alta responsabilità nel club.

I cinesi hanno deciso di non fidarsi a scatola chiusa del parere della parte sportiva della società. Magari alla fine sarà Pioli, come indicato da Ausilio. Oppure no. Di sicuro il metodo indicato da Suning per scegliere il tecnico dopo De Boer è insolito per il calcio occidentale (non solo italiano) e non è detto che sia anche il metodo giusto.

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L'allenatore come un manager d'alto livello
Fare una serie di colloqui prima di assumere una persona nello staff assomiglia più alle pratiche del mondo aziendale che di quello sportivo, abituato a vivere di ritmi e riti propri. In linea di massima si tratta semplicemente di applicare regole comuni: qualsiasi azienda debba legarsi a un manager da milioni di euro di retribuzione all'anno in posizioni apicali, lo fa attraverso un'attenta selezione.

Di solito funziona nell'economia reale. Ma nel calcio - per la precisione nell'Inter - ha prodotto il paradosso di un club bloccato, con in panchina l'allenatore della Primavera a 72 ore dall'esonero di De Boer e con dirigenti che hanno dovuto riprendere l'aereo e tornare indietro dalla Cina per mettere appunto in piedi il casting. Sempre con il pensiero che alle spalle - ad agire da consigliere - ci sia qualcuno che del club non fa parte come Kia Joorabchian, potente intermediario cui Suning si affida per conoscere e scandagliare il mercato mondiale.

Il ruolo dei mediatori
Nell'ultima estate la Juventus ha versato a Mino Raiola un assegno da 27 milioni di euro nell'ambito dell'affare Pogba. Soldi dovuti per un accordo precedente su una percentuale da riconoscere in base alla cifra della futura cessione. In serie A nel 2015 alla voce "oneri per intermediari" i club hanno speso 84,4 milioni di euro, 122 in Premier League e diverse centinaia in tutto il mondo. Lo scouting dipende anche da loro, altro tassello di un calcio che sta cambiando.

Se ancora oggi è impensabile scegliere un allenatore come se fosse un dipendente qualsiasi, infatti, pure l'idea che i club siano affiancati da vere e proprie multinazionali che offrono servizi è un'evoluzione del calcio moderno. I dirigenti lo sanno e stanno provando a combatterlo come fosse un piaga. I fondi sono stati ufficialmente banditi dalla Fifa e il lavoro degli intermediari viene considerato spesso alla stregua di un'ingerenza. C'è chi, come Guardiola, è andato allo scontro aperto con un procuratore (quello di Yaya Tourè). Altri abbozzano, qualcuno è ormai organico al sistema. Ora i cinesi importano i loro metodi. Vincenti? Si vedrà.

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Giovanni Capuano