Il Settebello contro Rudic, l'uomo che l'ha inventato
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Il Settebello contro Rudic, l'uomo che l'ha inventato

Tra noi e la vittoria a Londra il tecnico che ci ha trascinati negli anni Novanta. Nella Hall of Fame, chiuse con l'Italia dopo una memorabile rissa

Guascone, duro, perfezionista e irascibile. Ma anche bravo. Incredibilmente bravo. Il migliore di tutti a bordo vasca e un pezzo così importante della storia dello sport italiano che è impossibile far finta di niente ora che con la sua Croazia si gioca la medaglia più importante proprio contro il Settebello. Ratko Rudic e l'Italia della pallanuoto: nulla può essere meno banale di un incrocio che riporta indietro con la memoria a pagine straordinarie di una nazionale abituata a regalarci emozioni, ma che si sublimò proprio grazie alla guida carismatica del baffone croato.

Ci ha dato tanto, Rudic. E ha preso molto anche da noi perché il filotto di successi messi insieme dal suo Settebello negli anni Novanta rappresentano il meglio di una carriera straordinaria, arricchita da 3 ori olimpici e altrettanti mondiali, 2 coppe del Mondo e 3 Europei e dalla iscrizione nella Hall of Fame come miglior tecnico di tutti i tempi. Ha vinto con Jugoslavia, Stati Uniti e Croazia, ma per tutti Ratko è l'uomo che ha reso il Settebello una leggenda.

C'è una data che lega indissolublmente il nostro e il suo destino: 10 agosto 1992. E un luogo come la piscina di Barcellona dove tredici ragazzi più Rudic compiono la più grande impresa a squadre dello sport italiano. Un giorno caldo e con Re Juan Carlos in tribuna per festeggiare un'oro destinato alla Spagna di Estiarte. E arbitri senza pudore e solo poche bandiere tricolori. Una maratona lunga quattro tempi regolamentari e sei supplementari e alla fine la frustata di Gandolfi e il tuffo pazzo di gioia in acqua.

Impossibile dimenticare quel giorno e anche gli altri di un rapporto durato quasi un decennio durante il quale il Settebello divenne bellissimo: campione del mondo nel '94 a Roma, europeo due volte, vincitore della Coppa del Mondo nel '93, bronzo olimpico ad Atlanta nel '96. Il Settebello esisteva da prima e sarebbe esistito anche dopo, ma quegli anni furono davvero meravigliosi. L'apice di una storia sportiva e professionale divenuta amore e che, come tutti gli amori, si chiuse male.

C'è una foto che racconta molto del personaggio Rudic. Lui furioso e un poliziotto che cerca di bloccarlo a bordo vasca. E' stata scattata il 29 settembre 2000 a Sidney. L'Italia è appena stata eliminata dai Giochi. Ha perso contro l'Ungheria in un clima di veleni, errori arbitrali e polemiche. I ragazzi perdono la testa e scatenano una rissa gigantesca che costerà una montagna di squalifiche. Ratko sbotta: "Volevano farci fuori, ci deve essere stata una riunione segreta, un piano per eliminarci. Ci deve essere qualcosa sotto".

La federazione mondiale lo ferma per un anno. "Meglio un anno dell'ergastolo" prova a scherzare lui, ma l'aria intorno si è fatta pesante. Nessuno lo difende. Il Coni si scusa per la figuraccia e il nuovo presidente della Fin Barelli lo caccia. "Non me l'aspettavo, io sarei rimasto" dice Ratko con gli occhi bassi. Forse era diventato troppo ingombrante e autonomo. Forse aveva vinto troppo. Oppure semplicemente era finito il suo tempo.

Di sicuro noi e lui non ci siamo mai lasciati veramente ed è suggestivo che oggi sia proprio a Rudic che chiediamo di tornare sul gradino più alto del podio. Ci guida Sandro Campagna,suo assistente e uomo che ne raccolse l'eredità. Sono passati vent'anni dalla finale di Barcellona; battere Ratko sarebbe un po' come superare l'esame di maturità, forse anche staccare il cordone ombelicale che ci separa da lui. Un po' come quando un figlio diventa grande ed esce di casa. Per Rudic resta per molti il padre della pallanuoto italiana e quel tuffo di Barcellona un pezzo di storia che è impossibile cancellare.

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Giovanni Capuano