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Icardi fa causa all'Inter: cosa dicono le regole sul mobbing nel calcio

Il muro contro muro, la richiesta di reintegro e indennizzo milionario e quella norma che obbliga club e calciatori nel loro rapporto

Mauro Icardi ha deciso di fare causa all'Inter. Una svolta clamorosa (anche se non del tutto inattesa) dopo sei mesi di muro contro muro dal giorno della decisione del club di togliergli la fascia da capitano, fino alla comunicazione che l'argentino non faceva parte del progetto tecnico della prossima stagione.

Una guerra senza esclusione di colpi che ha messo fine alla storia di Icardi in nerazzurro, durata sei anni e arricchita da 124 gol. Icardi ha trascorso l'estate da separato in casa, ha rifiutato tutte le proposte arrivate a lui e alla società e alla fine si è mosso per le vie legali chiedendo il reintegro e un risarcimento da un milione e mezzo di euro.

Il reintegro riguarda la parte tattica delle sedute di allenamento dalla quale l'argentino è sempre stato escluso con eccezione di un giorno a partire dalla prima fase del ritiro a Lugano e dopo il rientro dei compagni dalla tournée internazionale alla quale non ha preso parte.

La mossa di Icardi ha colto di sorpresa l'Inter che si è detta incredula, convinta di aver sempre rispettato le regole pur nell'esclusione del giocatore dal progetto tecnico. L'amministratore delegato Marotta ha lavorato per mesi cercando di creare le condizioni per la cessione dell'attaccante, ma la chiamata in causa del Collegio Arbitrale a tre giorni dalla fine del mercato alza definitivamente il livello dello scontro.

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Cosa dicono le regole sul mobbing nel calcio

Il rapporto tra diritti e doveri reciproci di calciatori e società è regolato dall'articolo 7 dell'accordo collettivo sottoscritto dall'AIC (Associazione Italiana Calciatori), la Figc e le leghe. Dieci righe che normano preparazione precampionato e allenamenti, partecipazione alle gare e trasferte nel corso della stagione, stabilendo quali sono i limiti reciproci delle due parti.

Il punto centrale è l'obbligo per un club di fornire al suo tesserato tutte le attrezzature idonee alla sua preparazione, mettendo a sua disposizione un ambiente "consono alla sua dignità professionale". Vietati, insomma, gli esodi forzati lontano dallo spogliatoio dei compagni di squadra o gli allenamenti in orari diversi e non coincidenti con quelli del gruppo. Sia nel corso del precampionato che durante l'attività agonistica.

"Il calciatore ha diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra a meno che lo stesso non sia venuto meno ai suoi obblighi contrattuali. Attenzione, però: perché possa scattare il provvedimento dell'esclusione dagli allenamenti (previsto dall'articolo 11 dello stesso accordo) ci deve essere una contestazione scritta della mancanza e un giudizio del Collegio Arbitrale, non potendo agire autonomamente.

Gli obblighi del calciatore sono così descritti: partecipare a tutti gli allenamenti nelle ore e nei luoghi fissati dalla società, oltre che a tutte le gare ufficiali o amichevoli sia in Italia che all'estero. Ha diritto a giocare? No. La scelta se utilizzarlo o meno in partita rientra nei legittimi poteri contrattuali dell'allenatore, così come quello di schierarlo in un ruolo non gradito.

Nello stesso ambito rientra anche l'iscrizione o mancata iscrizione alle liste campionato e Uefa. Se presentate come frutto di una scelta tecnica autonoma dell'allenatore possono ricadere sotto i suoi poteri legittimi. Alla controparte non resta che provarne il carattere della non giustificazione tecnica e l'esistenza dell'obiettivo di forzarlo a prendere una decisione non voluta in tema contrattuale o di trasferimenti.

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Giovanni Capuano