Giacomo Agostini compie 70 anni
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Giacomo Agostini compie 70 anni

"...e pensare che dovevo fare il ragioniere..."

Domani, 16 giugno 2012, è un giorno speciale per tutti gli sportivi di casa nostra. Poco importa che voi siate appassionati di pallacanestro, piuttosto che di calcio o di qualsiasi altro sport. Domani compie 70 anni Giacomo Agostini, uno dei grandissimi della moto di tutti i tempi. Uno dei migliori piloti di sempre, altro che storie. Uno che quando entrava in pista erano guai per tutti. Perché Agostini sapeva vincere e infatti vinceva tantissimo. Spesso e volentieri.

In pista dal 1963 al 1977, ha disputato 190 gran premi, vincendone 123 (percentuale disarmante), e salendo 162 volte sul podio. Per un bilancio complessivo che sfiora il mito: 15 mondiali vinti, 7 in classe 350, 8 in 500. In sella alla MV Agusta, quindi alla Yamaha. Un fenomeno, un fuoriclasse, un numero uno. Che per anni ha rappresentato il metro di paragone per definire i contorni dei nuovi campioni, Valentino Rossi compreso. Suo amico da tempo.

Panorama.it l'ha intervistato poco prima che prendesse l'aereo per Silverstone. Nessuno si è dimenticato di lui e in uno dei giorni più importanti della sua vita gli amici hanno deciso di stargli vicino. A bordo pista, alla vigilia del gran premio che si correrà il giorno successivo. Come dire, Agostini, ancora grande tra i grandi.

E' pronto a partire per festeggiare il compleanno a Silverstone. Sa cosa l'aspetta da quelle parti?

Sì, la Yamaha sta preparando una festa in mio onore, coinvolgendo anche la Federazione, la Dorna (ndr, la società che cura l'organizzazione del Motomondiale), Dainese e Agv. Si terrà domani sera. Se non festeggi con il tuo mondo, con chi dovresti farlo? Ho accettato con grande gioia, felice e onorato del fatto che mi vogliano così bene.

Ha già ricevuto qualche regalo? Lei desidera qualcosa?

Credo che mi farà un grandissimo regalo la Yamaha, ma ho promesso di non dire di più. Penso sarà una cosa molto bella e importante. Sarà fotografata domani sera (ndr, una moto?), ma per il momento devo mantenere il segreto. Se c'è qualcosa che vorrei? No, ho tutto, sono contento, indipendentemente dal fatto che gli anni pesano per tutti. Da una parte, vorresti non arrivare mai a festeggiarne così tanti, dall'altra sei felice di esserci arrivato.

E' vero che suo padre voleva che diventasse ragioniere?

Mio padre aveva paura che mi facessi male ed è per questo che non voleva corressi in moto. Ho ricevuto il suo ok grazie a un equivoco che è nato con il notaio che si è presentato in casa per fargli firmare il contratto. 'Ma sì, giusto firmare, è bene che i ragazzi pensino allo sport, piuttosto che andare in giro per la strada a fare gli stupidotti', ha detto il notaio a mio padre. Che era convinto si trattasse di corse in bici, non in moto. Sempre di due ruote si trattava, ma una aveva il motore, l'altra no...

E quando l'ha scoperto...

Beh, ha capito che a me interessava soltanto andare in moto e basta. E' il mio chiodo fisso da quando sono nato. Non c'è stato modo di distogliermi da questa idea.

Se le dico 19 luglio 1961, cosa ricorda?

La 'Trento-Bondone', la prima gara ufficiale con la Settebello (ndr, una Morini). Un'emozione incredibile. Sono partito con due amici e una moto comprata a rate. Può immaginare la preoccupazione, l'agitazione. Dovevo confrontarmi con i campioni di allora. Cosa farò, come mi muoverò, continuavo a pensare a cosa sarebbe successo. Capirà, era la mia prima gara importante. Sono arrivato secondo, tutti sorpresi, io anche. Volevo provare a combattere con i grandi delle moto e finalmente c'ero riuscito e con risultati piuttosto buoni.

E il papà era a bordo pista?

No, credo in quella gara non ci fosse. Credo sapesse, ma ha preferito stare alla larga...

Bene, allora provo con un'altra data: 11 settembre 1966...

Monza, primo titolo mondiale in 500 con la MV Agusta. Diventavo campione del mondo. Mi sono detto 'proprio io?', che mio padre diceva che sarebbe stato meglio stare a casa piuttosto che andare a fare figure contro i grandi campioni. All'arrivo, c'è stata un'invasione di pista di 150 mila persone. Mi hanno preso in braccio e mi davano delle manate sul corpo per farmi i complimenti che il giorno dopo ero pieno di lividi dappertutto. Presi dall'entusiasmo, non capivano che mi stavano dando dei pugni.

E cosa mi dice del 29 agosto 1976?

Credo sia stata la mia ultima vittoria in gare del campionato del mondo. Pista di Nurburgring, sulla quale avevo vinto la mia prima gara nel 1965, 11 anni prima. Un cerchio che si chiude. Sapevo che non avrei avuto davanti a me ancora molte stagioni per correre. Anche se quando sei sul podio ti sembra tutto possibile e non fai certi pensieri...

Che mondo era quello delle corse degli anni Sessanta e Settanta? Molto diverso da quello di oggi?

Chiaro, il mondo è andati avanti. Ma era molto bello anche ai miei tempi, ecco. Non avevamo tutte queste attenzioni da parte degli addetti ai lavori. Non c'erano motorhome, ma era forse molto più umano rispetto ad oggi. Ai miei tempi, quando avevi 5 meccanici era già un lusso. Ora è tutto diverso. Certo, oggi i piloti stanno senza dubbio meglio, sono più riveriti e serviti. E poi, allora, i circuiti erano pericolosi, da lasciarci la pelle. Insomma, un'altra storia...

Ieri la moto, oggi anche. A cosa ha dovuto rinunciare per seguire la passione di una vita?

A nulla. Era la cosa che amavo più di tutte. Sono riuscito a fare quello che volevo e a vincere tanto. Più di così, cosa avrei potuto chiedere? Avevo un dono, che altri miei colleghi non avevano. Sapevo andare forte in moto. Sarei vigliacco a lamentarmi per quanto ho avuto.  

Stoner, Lorenzo e Rossi, chi le somiglia di più? Per Valentino, lei è il migliore di sempre...

E' una domanda che mi hanno già fatto in diversi. Dico sempre che quando uno è bravo e vince ha tanto dell'altro che ha vinto prima di lui. Per poter vincere, dobbiamo avere qualcosa in comune, per forza. Gli stili possono essere diversi, ma per arrivare ad alti livelli ci dobbiamo assomigliare un po', è questione di logica. Devi avere il dono di natura, la testa per poterlo sfruttare, la volontà per prepararti a dovere, perché non basta essere bravi, bisogna dedicarsi anima e corpo a quello che si fa per ottenere risultati importanti.

Domani il Dottore viene da lei per farle gli auguri. Poi le chiede un consiglio su cosa fare da grande: ancora Ducati per un'altra stagione, oppure Yamaha? Cosa gli risponde?

E' sempre difficile dare consigli, perché per non dire inesattezze sarebbe opportuno conoscere da vicino tutti i dettagli della questione. E poi, Valentino non è più un ragazzino. Sa cosa fare, sa il fatto suo. Decisione non facile, senz'altro. E' abbastanza sveglio e in gamba per capire quale sia la scelta da fare.

E lei, cosa farà da grande?

Beh, da domani metto via la speranza di ritornare a correre. Non riuscirò a stare con le mani in mano. Continuerò a fare le cose che faccio oggi. Ecco, starò più vicino alla mia famiglia.

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Dario Pelizzari