Il segreto della Mercedes? La pazienza
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Il segreto della Mercedes? La pazienza

Per il giornalista Leo Turrini, la casa tedesca ha conquistato il titolo costruttori perché ha programmato tanto e bene: “la Ferrari prenda esempio”

Onore e gloria alla Mercedes. Il 2014 della casa tedesca nella Formula 1 è stato un assolo al limite della noia. Per la concorrenza, si intende. Sulla pista di Sochi, sede del primo Gran premio della Russia, ha preso forma l'ennesimo acuto di una stagione che per la casa tedesca profuma di dominio. Netto e assoluto, quasi imbarazzante. Lewis Hamilton e Nico Rosberg, l'alfa e l'omega della stagione in corso, duellanti in una sfida che non ha lasciato spazio ad altri pretendenti: loro e poi il nulla. Tranne rarissime eccezioni. Mercedes troppo forte per tutti. Imbattibile oggi e, chissà, forse anche domani.

“E' giusto rendere omaggio a un'azienda che ha fatto un grandissimo investimento nella Formula 1 – spiega a panorama.it il noto giornalista Leo Turrini - Un investimento iniziato nel 2010 con l'acquisto della scuderia di Ross Brawn e l'arrivo di Michael Schumacher. Fin da subito hanno lavorato per assicurarsi alcuni dei migliori ingegneri sul mercato e i risultati di questa campagna di reclutamento sono oggi sotto gli occhi di tutti. Questo successo è il frutto di una strategia a medio-lungo termine, di un progetto costruito nel tempo. Tanto di cappello, insomma, quest'anno hanno letteralmente 'abbassato' la concorrenza. Il loro è stato quasi un monologo”.

Tra i titolari del successo della scuderia tedesca c'è anche un italianissimo, l'ingegner Aldo Costa, messo da parte in tutta fretta nel maggio 2011 dalla Ferrari a causa degli scarsi risultati della monoposto di Maranello.
“Costa è uno degli uomini forti di questa Mercedes, insieme con un'altra decina di italiani che lavorano nel reparto corse della scuderia tedesca. Si parla da tempo delle cosiddette 'fughe di cervelli' dal nostro Paese. Ecco, possiamo dire che nel team che sta dominando il campionato in corso c'è anche una piccola componente di ingegno italiano, una piccola ma significativa consolazione per gli appassionati di casa nostra. A proposito di Costa, la storia dell'automobilismo è piena di ingegneri che hanno raccolto grandi soddisfazioni dopo aver cambiato team. Certo, fa pensare che in questi ultimi cinque anni, mentre la Mercedes metteva le basi per costruire una squadra capace di vincere il mondiale, la Ferrari ha fatto tabula rasa senza raggiungere lo stesso traguardo. E Costa in Ferrari occupava il posto di direttore tecnico, non era una figura marginale. Penso che questo sia un elemento che debba far riflettere chi è ancora convinto che possano essere applicate alla Formula 1 le stesse logiche che si applicano al calcio: via il tecnico e la squadra prende il volo. Lo ripeto da anni: la Formula 1 è un'altra cosa. Nell'ultimo periodo a Maranello c'è stata troppa frenesia di ottenere grandi risultati, ma non si inverte la tendenza con un colpo di bacchetta magica”.

Secondo alcuni addetti ai lavori, la lunga rincorsa al gradino più alto del podio della Mercedes è cominciata (anche) con la separazione da Michael Schumacher e da Ross Brawn?
“Non sono d'accordo. La squadra che sta vincendo adesso l'ha costruita Brawn. E' un gruppo di lavoro messo insieme da lui, non da altri. E il discorso vale anche per Schumacher, che ha guidato la Mercedes quando quest'ultima era all'inizio della sua fase di evoluzione. Fino all'anno scorso, il team tedesco non era imbattibile, tutt'altro. La svolta vera c'è stata con l'introduzione della power unit, decisa nel 2008. La Mercedes vince nel momento in cui la Formula 1 ha cambiato tecnologia e ha lasciato strada ai motori ibridi. Vincono loro che, guarda caso, sono sempre stati molto avanti nello sviluppo in questo ambito. E' evidente che ha avuto la meglio il legame diretto tra industria e competizione”.

Quanto hanno contribuito Hamilton e Rosberg al trionfo della Mercedes targata Toto Wolff e Niki Lauda? Per dirla tutta: sarebbe andata nello stesso modo se al loro posto ci fossero stati due piloti meno blasonati?
“Dico di sì, senza dubbio. E con questo non voglio togliere niente a un pilota come Hamilton, che dal 2007 considero un predestinato, un talento purissimo. Tuttavia, quando hai una macchina così, non voglio dire che possa vincere chiunque perché magari il Gutierrez del caso avrebbe fatto fatica, ma quasi. Insomma, con una tale superiorità era proprio difficile non arrivare sempre davanti agli altri. Ieri ne abbiamo avuto la controprova. Rosberg ha fatto 52 giri con le stesse gomme dopo aver ripreso la gara dalle ultime posizioni per l'errore in partenza ed è arrivato secondo dietro ad Hamilton. E non è arrivato secondo facendo sorpassi incredibili nel finale, lo era già a dieci giri dalla fine. La Mercedes è un missile, c'è poco da fare. Alonso, Vettel, Button e Raikkonen avrebbero vinto il mondiale a mani basse con questa macchina. C'è stata troppa differenza rispetto alla concorrenza”.

Alonso alla Mercedes nel 2016 al posto di Hamilton, che tornerebbe alla McLaren: scenario plausibile?
“Alonso si sta offrendo alla Mercedes da mesi e fa benissimo, non ci vedo nulla di scandaloso, perché tutti i grandi piloti cercano di arrivare alla macchina più forte in quel momento. Lo sanno tutti, i piloti per primi, che alla fine la differenza la fa la macchina. Oggi come ieri. Penso a Prost, a Senna. L'hanno fatto tutti, questa è la scelta più logica, a meno che non facciano un ragionamento come Schumacher, che a metà degli anni Novanta, dopo aver vinto due titoli con la Benetton, si rese conto che c'era solo una strada per diventare immortale, vale a dire vincere con la Ferrari, che all'epoca era a secco da anni. Una decisione simile a quella presa da Vettel, che ha scelto Maranello per le stesse ragioni. Alonso ha sperato fino all'ultimo di prendere il posto di Hamilton già nel 2015. Ma nelle ultime quattro gare le cose sono cambiate e non di poco, con il britannico che non ha sbagliato nulla e ha ribadito di voler rimanere alla Mercedes. Ora lo spagnolo non ha molte possibilità: o accetta le offerte della Honda per salire sulla McLaren, con tutti i dubbi del caso, oppure salta un giro, l'ipotesi peggiore per chi segue la Formula 1, che perderebbe un grande campione”.

Quale lezione può e deve imparare la Ferrari dal successo Mercedes?
“Il tifoso del Cavallino deve augurarsi che Sergio Marchionne (ndr, oggi ufficiale l'investitura a capo della scuderia di Maranello) riesca a ripetere i grandissimi risultati messi da parte da Luca di Montezemolo nel corso della sua gestione. Qualche numero? Il presidente uscente ha vinto 118 gran premi su 397, 8 mondiali costruttori e 6 piloti, dopo aver battuto ogni record nella storia della Formula 1. Per la serie, tanti auguri a Marchionne. Siamo all'anno zero della Ferrari. Che con Mattiacci si sta battendo per superare l'assurda regola del 'congelamento' dello sviluppo dei motori durante la stagione, il più grave errore commesso da Montezemolo da quando è arrivato a Maranello. E poi, serve una filosofia nuova nel reparto corse, sono troppi anni che la Ferrari non è più competitiva. Ai tanti difetti della macchina, si è aggiunto quest'anno il limite evidente della power unit. Non si può continuare così, serve un progetto valido e a lungo termine. L'aspetto positivo? L'arrivo di Vettel al posto di Alonso. E' il segnale che c'è ancora qualcuno al top come lui, reduce da quattro titoli mondiali, che è disposto a scommettere sul futuro della Ferrari. E il pilota tedesco può anche permettersi di avere pazienza, al contrario di Alonso, che non vince un mondiale da 8 anni”.

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Dario Pelizzari