Spa-Francorchamps, le ragioni di un mito
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Spa-Francorchamps, le ragioni di un mito

La storia e i protagonisti di mezzo secolo di gare su una delle piste più prestigiose della F1

Ci sono piste in cui l’elettronica la fa da padrone. Premi un pulsante e tutto diventa relativamente più semplice, anche pilotare un bolide su quattro ruote che sfreccia a 300 km/h. Ci sono invece altre piste in cui c’è bisogno di qualcosa di più. Certo, premere il pulsante aiuta sempre, ma se non hai il talento necessario, la classe per gestire al meglio una monoposto di Formula 1, sei fuori dai giochi. Senza scampo. Della seconda categoria fa parte il circuito di Spa-Francorchamps, bellissimo esempio di ingegneria declinata ai motori, un groviglio organizzato e assolutamente affascinante di rettilinei e curve mozzafiato immerso nel verde delle Ardenne.

Alcuni dicono che sia la prova più bella del mondiale, altri si accontentano di fare i conti con la storia; dici Spa e pensi alle magie dei tanti protagonisti che si sono dati battaglia sul tracciato che ospita il carrozzone della Formula1 praticamente da sempre. Di certo, la pista belga è la più lunga del campionato: 7004 metri di saliscendi con la bellezza di 20 curve e alcuni tratti in cui trattieni il respiro e speri che tutto vada bene. Perché sbagliare da quelle parti è questione di un attimo. Basta una distrazione e la macchina ti accompagna a raccogliere margherite.

Eau Rouge, l’ottovolante da affrontare a bordo di una monoposto. Una sequenza di curve destra-sinistra in salita, da aggredire con il pedale dell’acceleratore premuto fino in fondo. Fin quando fa male, fin quando ce n’è. E poi, si decolla. Perché in 240 metri si registra un dislivello di 24 metri, più o meno come un edificio di 7-8 piani. Appunto, come le montagne russe. Tanto che sono in molti i piloti che ammettono di provare un’emozione particolare a sfidare l’ “Acqua rossa” (dal nome del fiume che scorre sotto la curva). “Prima la affrontavi al massimo solo con le gomme nuove e in qualifica. Adesso, con le nuove regole e le macchine meno veloci, si percorre sempre senza togliere il piede dal gas”, ha detto Fernando Alonso alla vigilia del gran premio. Spa è anche e soprattutto l’Eau Rouge. Passi bene quel tratto e sei pronto a dire la tua sul traguardo. Oggi come ieri.

Schumacher, il migliore di sempre. Almeno sulla pista che dal 1985 ha messo definitivamente a riposo il circuito di Zolder, che era stato temporaneamente scelto dagli organizzatori per rispondere alle pressanti richieste del sindacato piloti di rendere più sicuro il tracciato di Spa. Il fuoriclasse tedesco, che ieri ha ricevuto la cittadinanza onoraria per via dei suoi tanti successi da quelle parti (ben 6, più di ogni altro, l’ultimo nel 2002 al volante della Ferrari), ma pure per celebrare il gran premio numero 300 della carriera, ha esordito in F1 proprio sulla pista di Francorchamps. Tanto per capirci, come se un giovane calciatore della Primavera venisse schierato tra i titolari in una finale di Champions. Coraggio o incoscienza spesso viaggiano a braccetto quando scrivono la storia.  

Era il 25 agosto del 1991. Michael Schumacher viene chiamato da Eddie Jordan, titolare dell’omonima scuderia, per sostituire Bertrand Gachot, nei guai per aver aggredito un tassista a Londra. Pronti e via e nasce il mito. Il 22enne di Hermulheim sorprende tutti con un ottimo settimo posto in qualifica. A uno sbuffo da Piquet su Benetton e da Alesi su Ferrari. In gara, capita il patatrac. La Jordan di Schumacher è costretta al ritiro a causa della rottura della frizione poco dopo il semaforo verde. Poco male, quanto visto è più che sufficiente per convincere Flavio Briatore, allora numero 1 della Benetton, a tentare il colpaccio. Schumacher cambia maglia. E comincia a mettere tutti in fila.  

Il pilota tedesco vince l’anno successivo. Poi, per due volte consecutive è costretto a lasciare strada e trofeo a Damon Hill, allora leader della Williams. Anche se nel 1994 è lui a tagliare per primo il traguardo. A motori spenti, i giudici di gara contestano però alla Benetton di Schumacher un fondo eccessivamente usurato. Non va bene, parte la squalifica. Che premia Hill e lascia di sasso Schumacher.

Il 7 volte campione del mondo si rifà nelle edizioni successive. Dal 1995 al 2002 fa sua la gara in 5 occasioni. Con prestazioni al limite dell’impossibile, come quella del 1995 in cui compie il miracolo partendo dalla sedicesima posizione. Schumacher fenomeno, come si diceva, una forza della natura, quasi una leggenda, forse, più.

Finito il dominio del tedesco, comincia quello, certo meno evidente, del finlandese Raikkonen, che vince 4 delle ultime 6 edizioni (nel 2003 e nel 2006 la F1 non ha corso a Spa). Doppietta con la McLaren, quindi doppietta con la Ferrari. Che fa festa anche per la vittoria di Massa nel 2008. Proprio così, non è uno scherzo. C’era un tempo in cui il brasiliano andava forte e raccoglieva applausi e trofei. L’anno scorso Francorchamps è stata terra di conquista di Sebastian Vettel, imbattibile e irragiungibile per tutta la stagione. Alonso? Avete letto bene, qui non ha mai vinto.

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Dario Pelizzari