Mick Schumacher vince in Formula 4: sarà davvero come papà Michael?
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Mick Schumacher vince in Formula 4: sarà davvero come papà Michael?

Primo successo sulle monoposto per il figlio dell'ex fuoriclasse della Ferrari. E diversi addetti ai lavori profetizzano già una carriera straordinaria

Di padre in figlio. Per manifestare come possibile che l'esistenza, pure se selvaggia e disperata, è sempre più forte del dolore. Al debutto nella Formula 4 tedesca con la Van Amersfoort Racing, la scuderia che lo scorso anno ha permesso al giovanissimo Max Verstappen di dimostrare il suo valore nella Formula 3 europea, Mick Schumacher, figlio sedicenne di Michael, ha vinto la sua prima gara della sua carriera al volante di una monoposto. E' successo sul circuito di Oschersleben, nella terza gara del primo appuntamento stagionale. Mick, protagonista di due rimonte da applausi nelle due prove precedenti, è partito davanti a tutti e non si più lasciato riprendere. Una corsa da vero guerriero, la sua, saggia e ordinata, dal primo all'ultimo giro. Fino al traguardo, che ha liberato una gioia nascosta nel profondo da mesi, contrastata e disturbata dalla sofferenza per il papà, ancora in convalescenza dopo il grave incidente sugli sci del dicembre 2013. Un altro Schumacher sul gradino più alto del podio. Non capitava dall'ottobre del 2006, quando l'ex fuoriclasse della Ferrari strapazzò la concorrenza al Gran premio della Cina. A quel tempo, Mick aveva appena sette anni.

Chissà se Michael avrà avuto modo di seguire la gara di Mick, trasmessa in diretta tv perché carica di significati e di attese, di rimandi e di ricordi. Sulle reali condizioni del pilota tedesco si sa pochissimo ormai da settimane. La famiglia ha chiesto rispetto e comprensione e la portavoce Sabine Kehm ha eseguito il compito alla lettera, tappando tutti gli spifferi che la stampa ha tentato di aprire giorno dopo giorno. C'era anche la Kehm alla “prima” del giovane Mick nella Formula 4. Per contenere l'inevitabile pressione che pesa come un macigno sul figlio del campione sfortunato. Per permettergli di divertirsi davvero, evitando i contatti non necessari con stampa e appassionati. Come avrebbe probabilmente voluto papà Michael, che il destino ha costretto a rimanere in disparte, vittima di una sorte maledetta. Come ha spiegato il suo erede designato a Maranello, Sebastian Vettel, chiamato dal cuore a badare alla crescita sportiva del figlio di colui che gli ha suggerito la via del successo. “Non ci posso credere, non ho parole. La prima vittoria al primo evento. Incredibile!”, ha esultato Mick a fine gara, snocciolando una dedica indiretta alla persona che più di altre sarebbe orgogliosa del suo trionfo. 

Sbaglia chi pensa che Mick goda di cortesie che non sarebbero riconosciute alle altre giovani promesse dell'automobilismo. Perché in pista non ci sono dinastie che governano. Vince chi fa meglio, senza riserve o compromessi. L'ha detto anche il grande capo della Van Amersfoort, Rob Niessink: “Mick fa pochi errori, ha talento, è preparato, intelligente. Siamo tutti orgogliosi che un nome così importante corra con noi. Però il nome da solo non ci porta punti”. Come dire, presto o tardi è il talento che chiede spazio e guadagna le attenzioni di chi lo può sostenere. Mick è nato il 22 maggio del 1999, ha sedici anni. Se dovesse continuare a fare bene in Formula 4 potrebbe un giorno sperare di trovare una scuderia disposta a credere in lui come ha fatto la Toro Rosso con Verstappen, che nelle prime quattro gare del campionato della Formula 1 ha fatto vedere di avere talento da vendere. Da Verstappen a Rosberg, da Villeneuve a Hill: la storia della F1 dimostra che le qualità del pilota vengono prima del nome sulla carta d'identità. Vero, Michael Schumacher è stato un fuoriclasse, tra i più forti di sempre. Ma il compito più grande per un figlio non è necessariamente ripetere o migliorare la gloria del padre. La realizzazione personale viene prima di tutto, anche prima della memoria. E se Mick troverà il modo di essere felice fuori delle piste della Formula 1, siamo certi che lo sarà anche Michael.

EPA/JENS WOLF

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Dario Pelizzari