F1, Gp Germania: il pagellone
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F1, Gp Germania: il pagellone

Vettel bello e impossibile, Lotus da applausi e Alonso che vorrebbe ma non può. Dopo Silverstone, le gomme non scoppiano più. Ma cosa dire dell'incidente al box Red Bull?

9 - Sebastian Vettel. Quarta vittoria nei primi nove gran premi. Costruita curva dopo curva sulla pista che non gli aveva mai regalato particolari soddisfazioni. E in un mese, luglio, che l'aveva spesso lasciato all'asciutto di trionfi. Se a tutto questo aggiungiamo anche che la Red Bull vista ieri in Germania non è ancora il missile terra-aria che non abbiamo potuto fare altro che ammirare nella seconda parte della scorsa stagione, be', ecco spiegato perché chi tifa Ferrari dovrebbe seriamente cominciare a preoccuparsi. Vettel guida da fenomeno. Non sbaglia una virgola e ora è davvero in una forma smagliante. Alla partenza, ha fatto lo sgambetto ad Hamilton, soffiandogli la testa della corsa. Non si perde d'animo con l'ingresso della safety car, che rimescola le carte e gli impedisce di prendere il largo, e tiene testa a fine gara agli assalti della Lotus, che aveva tutti i numeri per fargli paura davvero. I punti di vantaggio su Alonso sono diventati 34. E l'entusiasmo tocca ormai picchi di assoluto splendore. 

8,5 - Kimi Raikkonen. Alla fine, lui, il finlandese dagli occhi di ghiaccio e dal sorriso a singhiozzo, c'è sempre. Pioggia, neve, sabbia o solleone. Kimi il magnifico al traguardo ci arriva. E spesso tra i primi dieci. Lo dicono i numeri. Con il secondo posto di ieri, il pilota della Lotus ha toccato quota 26 gran premi consecutivi a punti.  E basterebbe questo dato per spiegare le logiche e le possibilità di un fuoriclasse che governa le gomme come pochi altri in F1 perché ha uno stile di guida limpido e morbido. Gli altri saltano e improvvisano. Lui no, lui è un calcolatore. Non avesse scelto di dedicarsi alle macchine, Kimi avrebbe potuto scalare i vertici del gioco degli scacchi. Se al Nurburgring non si fosse fermato per l'ultimo pit stop, forse avrebbe potuto scavalcare Vettel. Ma la Lotus non se l'è sentita di correre il rischio di ripetere l'errore della corsa in Cina nel 2012. Kimi non ha gradito. Un motivo in più per continuare a fare gli occhi dolci alla Red Bull. 

8,5 - Romain Grosjean. Per il francese, non ci sono mezze misure. O finisce gambe all'aria nel tentativo di completare sorpassi da leggenda delle quattro ruote, oppure arriva fino in fondo tra gli applausi. Ieri non ha sbagliato alcunché. Tanto che non si sapeva nemmeno fosse ancora in gara. Possibile? E' proprio lui, Grosjean? Il pilota che sulla griglia di partenza nessuno vorrebbe avere al suo fianco? Romantica la reazione del numero due della Lotus alla richiesta della scuderia di lasciar passare il compagno di squadra a meno di dieci giri dalla conclusione della corsa. E' un ordine, obbedisco, avrà pensato Romain. Ma non prima di dare battaglia a Raikkonen per qualche minuto. Così, giusto per far capire a tutti che si tratta di una cortesia, non di una necessità. Terzo al traguardo, come in Bahrein. Giovani promesse crescono. 

7 - Fernando Alonso. La strategia di attacco era nota. Si va piano nelle qualifiche per tentare il colpaccio in gara partendo con le gomme medie. Poi, il caldo. Tanto caldo, più del previsto. E la strategia che va a carte quarantotto. Perché dopo dodici giri è già ora di tornare ai box per cambiare i pnemautici. Gara finita? Manco per sogno. Alonso il samurai ruggisce come da copione e spera nella buona sorte per non farsi prendere dallo sconforto. Gli va bene, un'altra volta. Come a Silverstone. Sì, perché al giro 23 entra la safety car e la corsa ricomincia. Alonso attacca, raggiunge il quarto posto e poi si difende. Perché altro non potrebbe fare con Vettel e le due Lotus che girano a mille. "Per recuperare il distacco con Vettel (34 punti) bisogna vincere due o tre gare di fila", ha detto lo spagnolo a fine gara. Come se fosse facile trovare il modo di mettere le ali alla Ferrari. 

7 - Lewis Hamilton. Quasi quasi, meglio partire dietro, avrà pensato il pilota britannico dopo aver preso atto che la pole position a lui non porta bene. Per la sesta gara consecutiva, Lewis parte davanti a tutti e non riesce a sfruttare il vantaggio. Che anche ieri non si è concretizzato secondo le aspettative della vigilia. Vettel lo passa alla partenza e bye bye leadership della corsa. Hamilton fa del suo meglio per far girare la Mercedes al meglio delle sue possibilità, ma il tentativo riesce a metà. Perché la macchina soffre ancora dei problemi alle posteriori, che perdono aderenza e sostanza troppo in fretta. Soprattutto quando la pista va i fiamme per il caldo. Alla fine, il quinto posto è un mezzo miracolo. Anche se la distanza da Vettel all'arrivo fa venire i brividi: 27 secondi. 

7 - Jenson Button. Con la McLaren che gli passa il convento, impossibile chiedergli di meglio. Spinge la sua monoposto per 21 giri con le medie, riuscendo a tenere il passo di Vettel e Grosjean. Poi, si deve arrendere al ritorno delle monoposto più veloci. Il sesto posto, tanta roba. 

7 - Mark Webber. Facciano attenzione i compagni di oroscopo (Vergine) del pilota australiano. Una sfiga, la sua, da fare attenzione a scendere dal letto la mattina. In Germania, i meccanici della Red Bull montano male la posteriore destra che finisce per fare danni sulla schiena di un operatore televisivo. Webber costretto a tornare al box a forza di braccia. Tutto da rifare. Corsa finita, si dirà. Proprio no. Perché il pilota separato in casa mette la firma su un gran premio spettacolare. Era ultimo, finisce settimo. Tutto grasso che cola, direbbe l'uomo della domenica. 

5 - Felipe Massa. Partenza bruciante, da standing ovation. Come a Silverstone. Poi, il solito viaggio fuori pista a raccogliere margherite. Il brasiliano dice che la colpa è della macchina. Pat Fry, il direttore tecnico della Rossa, non esattamente l'ultimo arrivato, ha fatto capire invece che si tratta di un errore del pilota. Certo, la sfortuna aiuta. Ma possibile che sia sempre e soltanto jella?

4 - Federazione internazionale. Sicurezza, prima di tutto. Ecco quale dovrebbe essere il must di un organismo sportivo. Che si tratti di pesca con il cucchiaino o di tiro al piattello. La sicurezza degli atleti in gara dovrebbe venire prima di tutto. Anche prima dello spettacolo. E dei soldoni degli sponsor, evidentemente. A Silverstone, le gomme che esplodono come fossero petardi. Al Nurburgring, la gomma di Webber che finisce sulla schiena di un malcapitato. Colpa della caccia a prestazioni sempre migliori. Che arrivano, certo, ma con i limiti di cui sopra. Siamo davvero convinti che non ci piacerebbe una F1 un po' più lenta ma allo stesso tempo più sicura? Gli incidenti fanno cassetta, è vero, ma soltanto sulla pelle degli altri. La folle corsa della Marussia di Bianchi senza controllo, la prova senza appello della confusione che regna nelle stanze segrete della Fia. 

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Dario Pelizzari