A. Merzario: così era la F1 di Lauda e Hunt
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A. Merzario: così era la F1 di Lauda e Hunt

In attesa di "Rush", il film dedicato ai due campioni del volante, riviviamo quell'epoca con il pilota che salvò il ferrarista dalle fiamme del Nürburgring

Niki Lauda contro James Hunt. Austriaco il primo, di nobili origini, meticoloso e preciso nella vita di tutti i giorni e pure in pista, dove era capace di compiere imprese da copertina con la freddezza di un serpente. Inglese il secondo, capellone ed edonista per piacere e per difetto, ascoltava musica rock e in macchina dava precedenza all'istinto, la sua vera e grande forza, per certi versi, il suo unico e grande limite. Una pantera. Contro un serpente. Impegnati in una battaglia senza esclusione di colpi a 300 km/h. La sfida tra due modi diversissimi di intendere la Formula 1 degli anni Settanta è diventata un film, "Rush", diretto dal pluripremiato Ron Howard ("Codice Da Vinci", "A Beautiful Mind", "Cinderella Man") e interpretato Chris Hemsworth (Hunt) e Daniel Brühl (Lauda). La pellicola sarà in programmazione nelle sale della Penisola dal 19 settembre. Per parlare di quegli anni e di quella Formula 1 abbiamo coinvolto Arturo Merzario, classe '43, una decina di gran premi disputati sulla Ferrari tra il 1972 e il 1973. Un pilota, spesso scomodo perché vero, anzi, verissimo, che ha scritto il proprio nome nella storia dei motori. Per ragioni sportive, certo, ma anche di cuore.

Merzario, ci sarà anche lei all'anteprima del film che si terrà a Monza in occasione del Gran premio d'Italia (8 settembre)?

"Non lo so, mi aspetto l'invito ufficiale. Anche perché, in un modo o nell'altro sono un protagonista di quegli anni. No, non mi ha ancora contattato nessuno. Sento Lauda quasi tutte le settimane. Ma non è lui che dovrebbe invitarmi. E poi, devo dire la verità. Anche lo facessero, sarebbe ormai già troppo tardi. Sì, sono un po' deluso, lo ammetto. Però va bene così. In fondo, sul grande schermo ci sono già stato...". 

"Le 24 Ore di Le Mans", 1971.

"Sì, c'ero anch'io nel film che ha visto protagonista Steve McQueen. La macchina che si vede all'inizio era la mia, la numero 8. Una pellicola che ha messo insieme immagini di repertorio con le scene girate sul posto. Insomma, un'altra storia rispetto a "Rush". E dire che su Lauda potevo raccontare tante cose. In fondo, se è ancora vivo, il merito è anche un po' mio". 

Primo agosto del 1976. La Ferrari di Lauda prende fuoco sulla pista del Nürburgring, in Germania. Tra i primi soccorritori, c'è anche lei.

"E' un episodio di vita che può capitare a chiunque. Roba di secondi, devi decidere in fretta cosa fare. E io in quell'occasione scelsi di dare retta al cuore. Decisi di fermarmi. Potrei anche dirlo. Se non ci fossi stato io, Niki sarebbe sepolto sotto un metro abbondante di terra da almeno quarant'anni".

Da quel momento, tra lei e Lauda nasce un'amicizia che dura ancora oggi. 

"Il rapporto che ho con Niki è di amico-nemico. Sono un suo amico nella vita di tutti i giorni. Ma sono anche un suo nemico per il rapporto di lavoro che ci ha legato per tanto tempo. Niki per me continua a essere un avversario. A cui voglio bene, certo, ma è pur sempre un avversario. Oggi le cose vanno diversamente...".

Cosa intende?

"Nello sport di alto livello, e parlo in generale di tutti gli sport, manca quel rapporto che avevamo noi all'epoca. Non vedo oggi quella capacità di essere amici e nemici allo stesso tempo. Spesso si è nemici fuori e dentro il campo, fuori e dentro la pista. Con la cattiveria addosso, insomma. Fino agli anni Ottanta, finito il lavoro, si era amici e si andava al bar a bere insieme. Anche allora girava il denaro, ma non girava tutto intorno ai soldi. C'era di più. C'era più cuore. E l'invidia rappresentava uno stimolo, non un sentimento da trasformare in qualcosa di brutto. E poi, diciamola tutti. Nella mia Formula 1 correvano i più bravi, quelli che avevano dimostrato di saperci fare. Oggi corrono soltanto i piloti che portano in dote un bel po' di quattrini. Tutta colpa di Ecclestone. Da quando c'è lui, è cambiato tutto". 

A proposito di talento. Lauda contro Hunt, una sfida che ha fatto la storia.

"Ok, ora ne hanno fatto un film e sono diventati due miti, ma allora le sfide erano all'ordine del giorno tra tutti i piloti in pista. Tutti volevano fare bene".

Vero. Tuttavia, Lauda e Hunt rappresentavano per certi versi l'alfa e l'omega della Formula 1 degli anni Settanta. Erano diversissimi, per carattere, stile di guida e ambizioni. 

"Esatto. Ognuno di noi era un personaggio. L'Hunt dei miei tempi, tanto per capirsi, è il Raikkonen dell'ultima generazione. La sera in discoteca, il bicchierino, le feste, le donne. Ma noi al mattino ci dovevamo svegliare prestissimo perché nessuno veniva a prenderci. E in pista dovevamo arrivarci con le nostre macchine, imbottigliati nel traffico cittadino. In coda, come tutti gli altri. Tornando ad Hunt, era un pilota che definirei scanzonato. La sua idea fissa era di guadagnare tanto per aprire un pub a Ibiza. C'è riuscito. Lauda aveva invece in mente gli aerei. Provava i modellini sul circuito di Fiorano. Credo che sia nato lì il suo desiderio di fondare una compagnia aerea. Anche per lui, obiettivo raggiunto". 

Lei da che parte stava? Dalla parte di Lauda il perfezionista, oppure da quella di Hunt l'istintivo?

"Io ero Arturo. Non ho mai copiato nessuno, avevo il mio personaggio. Come tutti. Jack Brabham era quello che arraffava tutto a fine pranzo. Era un tirchio. Di Graham Hill si diceva che avesse la macchina più larga che lunga, perché era difficilissimo sorpassarlo. Lauda e Hunt erano i nuovi ragazzini, gli ultimi arrivati. Esasperati, per ragioni diverse. Lauda era il ragioniere computerizzato, mentre Hunt era l'hippie del momento, un figlio dei fiori. Io, Mario Andretti e Clay Ragazzoni eravamo una via di mezzo tra loro". 

Nel trailer del film, Hunt dice: "Più sei vicino alla morte e più ti senti vivo". Nei Settanta, la Formula 1 era ancora una partita a scacchi contro il destino. 

"Salivi in macchina per la partenza e non sapevi se dopo tre giri ti saresti dovuto fermare. Ai box oppure a bordo pista. Ma non era colpa degli ingegneri, che erano bravissimi. Era il materiale che non offriva grandi garanzie. E non c'erano prove di laboratorio. La paura? Era un sentimento che non volevo nemmeno prendere in considerazione. Era talmente 'normale", che se ci avessi riflettuto sul serio, avrei lasciato perdere". 

Se l'Hunt di ieri è il Raikkonen di oggi, cosa si può dire di Lauda? Chi è il pilota nella Formula 1 che più gli somiglia?

"Sebastian Vettel. E' un tipo come lui. Ragionatore e pensatore. Un computer".

Si dice che Raikkonen possa tornare in Ferrari il prossimo anno.

"Ma no, non ci credo assolutamente. E' impossibile. Perché quando finisce il rapporto con la Ferrari, finisce per sempre. Non ce n'è uno che è ritornato. Per mille motivi. Per Raikkonen andrà nello stesso modo. A meno che non abbia come l'obiettivo di 'vendicare' il divorzio subito. Prendere tanti soldi e stare lì a cincischiare. Di queste cose ne abbiamo viste e fatte tantissime".  

Qualche giorno fa, ha fatto rumore lo sfogo di Fernando Alonso, che ha criticato a mezzo stampa la Ferrari per avergli consegnato una monoposto poco competitiva. Reazioni del genere si sentivano anche ai suoi tempi?

"Ai miei tempi, sarebbe stato licenziato il giorno dopo. Adesso ci sono contratti che non permettono grandi movimenti. All'epoca, c'era una stretta di mano e tre righe poco vincolanti. Alonso è responsabile di aver perso il Mondiale negli ultimi due anni. E' stata colpa sua, non della Ferrari. Lo spagnolo non può permettersi di fare e dire ciò che crede". 

Ecco, allora quale sarebbe la coppia di piloti che sceglierebbe Merzario per la Ferrari del prossimo anno?

"Senza dubbio Grosjean, che non guarda in faccia nessuno. E poi un giovane che abbia voglia di fare la scalata e che abbia una grande fame. Il nome? Ce ne sono tanti. Purtroppo, però, nessun italiano. Filippi e Valsecchi potevano andare bene qualche anno fa, ormai sono vecchi per fare il salto. Cosa dire, nei Settanta c'era una voglia diversa di arrivare che adesso non vedo più. Sono cambiati i tempi. E' cambiata, e tantissimo, la Formula 1". 

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Dario Pelizzari