Zanardi: “La F1 cambia, ma non convince”

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Zanardi: “La F1 cambia, ma non convince”

Per il popolare pilota automobilistico, oggi presentatore tv, le ultime novità introdotte dalla Fia serviranno a fare cassa e poco altro. La delusione: “Al volante vorrei vedere artisti, non manager”

Cambiare, cambiare e cambiare ancora. Per alzare l'asticella dello spettacolo e regalare emozioni che altrimenti sarebbero destinate a spegnersi nel tempo. La Federazione internazionale dell'automobile (Fia), il fortino inespugnabile della Formula 1 presieduto dall'ex ferrarista Jean Todt, ha deciso ieri che dal 2014 sarà rivoluzione vera. Fuori e dentro la pista. Già archiviate le modifiche al regolamento per il ritorno al turbocompressore, ecco le novità che hanno già fatto storcere il naso a numerosi addetti ai lavori. Due su tutte: la personalizzazione dei numeri dei piloti in stile MotoGp e soprattutto il punteggio doppio all'ultima gara, in modo da consentire sorpassi in classifica dell'ultima ora. “La F1 ha deciso di imitare il mondo dei motori americano che considera da sempre inferiore per diverse ragioni”, spiega a panorama.it Alex Zanardi, due volte campione del mondo Cart e protagonista di stagioni indimenticabili per l'automobilismo tricolore. A lui, il compito di fare luce su scelte che sorprendono tanti e convincono pochi.

Numeri liberi per tutti, dal 2 al 99, da conservare con cura per tutta la carriera in F1. Viva il marketing?

“Non si tratta di una novità assoluta. Se n'era già parlato tempo fa, anche se poi l'idea non è stata portata avanti. Cosa dire, gli appassionati, quelli veri, quelli che seguono le gare sul divano anche se la stagione è già decisa e che amano respirare l'odore degli scarichi attraverso la televisione non credo che si sentiranno toccati più di tanto da questa notizia. Tuttavia, non nego che sia una trovata carina, che tende a rendere più personale uno sport che per i piloti è stato sempre da tutto o niente. Se eri un grande campione e guidavi una macchina competitiva, eri riconosciuto da tutti. Altrimenti, rimanevi nell'anonimato. Per intendersi, se mi chiedesse che faccia ha Max Chilton (ndr, nel 2013 alla Marussia), non saprei cosa dirle. Immagino già la richiesta che farà Vettel...”.

Ovvero?

“Be', per quel poco che lo conosco credo che chiederà alla Fia di cambiare numero ogni settimana, per abbinarlo meglio ai colori del casco che lui è solito cambiare a ogni gara. Sta a vedere che lo fa sul serio”.

Lei che numero avrebbe scelto?

“Avessi potuto scegliere, avrei preso il 4, ma io in Formula 1 non ho lasciato una grande traccia e quindi dubito che sarei arrivato a dire la mia prima che fosse troppo tardi. Con il 4 ho debuttato in America e ho vinto il mio primo titolo mondiale. Chissà, magari sarei andato più veloce”.

Lascia o raddoppia. Dal prossimo anno, nell'ultimo gran premio della stagione (nel 2014 sarà Abu Dhabi) i punti guadagnati sul traguardo varranno doppio. A chi vince andranno 50 punti anziché 25 e via di questo passo fino al decimo classificato. Come se un gol segnato negli ultimi cinque minuti di una partita di calcio valesse due punti e non uno. Ce n'era proprio bisogno?

“Come l'idea dei numeri, anche questa mi pare una trovata molto americana. Incuriosisce che la F1, da sempre distante dalle logiche d'Oltreoceano per spavalderia e supponenza, decida ora di imitare una tradizione che fa parte della cultura statunitense. Da quelle parti, una simile iniziativa è stata introdotta nei campionati minori, per incentivare i piloti a investire denaro ed energie anche nell'ultima gara della stagione. Perché tutto ritornava in gioco fino all'ultima curva. E credo che le ragioni dell'introduzione di questa norma nella F1 vadano nella stessa direzione. Per tenere alta l'attenzione del pubblico fino all'ultimo gran premio e creare i presupposti per il colpo di scena che cambia tutto. Peccato che sia una novità che a mio parere con lo sport abbia poco da spartire, ma capisco i motivi che hanno spinto la Fia a inserirla dal 2014. Vogliono rilanciare l'interesse per la F1, è evidente”.

Lo spettacolo, prima di tutto.

“La F1 è un business che genera numeri da capogiro. E la Federazione mondiale non può far altro che seguire le indicazioni che arrivano dal mercato e che garantiscono l'interesse degli sponsor. E non possiamo non riconoscere che in passato numerose modifiche al regolamento siano state presentate proprio con il fine ultimo di fare cassa. Certo, non dimentico che probabilmente devo la vita ai tecnici che hanno investito del tempo per migliorare la sicurezza in pista, ma questo è un altro discorso”.

C'erano altre priorità in F1?

“Non sono assolutamente d'accordo sulla scelta di ridurre drasticamente la potenza dei motori, che obbligherà i costruttori a fare una ricerca disperata per tirare fuori anche soltanto un cavallo in più. Oggi si assiste a differenze di due decimi tra un pilota e l'altro, che per il pubblico non sono così affascinanti. Io sarei andato nella direzione opposta. Avrei alzato il peso della macchina, per consentire sorpassi non solo sui rettilinei. La gente vuole vedere sorpassi in staccata con le ruote fumanti e per questo bisogna allungare gli spazi di frenata. La Fia è voluta andare su motori molto più piccoli ed evoluti. Per carità, affascinanti e tecnologicamente avanzati, ma così si penalizza il divertimento. Non si torna indietro nel tempo, non si può riportare le auto a sbandare o a scivolare come succedeva una volta, ma alcune cose potrebbero aiutare anche a cambiare l'immagine e il ruolo del pilota, che da manager al volante tornerebbe a fare il guidatore in tutto e per tutto. Quando guardo la F1 voglio vedere artisti, non esecutori. La classe e il talento stanno nelle scelte del momento, non nei pulsanti da premere al momento giusto”.

Twitter: @dario_pelizzari

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Dario Pelizzari