Figc-Antimafia, duello sul caso Juve: "Processo mediatico" "Problema esiste"
ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
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Figc-Antimafia, duello sul caso Juve: "Processo mediatico" "Problema esiste"

Botta e risposta tra Federcalcio e Rosy Bindi dopo il giallo dell'intercettazione fantasma. Con la posizione scomoda di Pecoraro...

L'indagine dell'Antimafia sui rapporti tra i club calcistici e i gruppi ultras con le presunte intromissioni della malavita organizzata, legate alla Juventus e alle risultanze dell'inchiesta Alto Piemonte sui contatti con i clan della 'ndrangheta, diventano ora terreno di scontro violento tra Antimafia e Figc. Con in mezzo la figura del procuratore federale Pecoraro, colui che in audizione (secretata) ha parlato esplicitamenente dei rapporti di Agnelli con un presunto boss mafioso e che poi ha firmato il deferimento davanti alla giustizia sportiva.

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Un passaggio duramente contestato dalla Juventus e dal presidente Agnelli e che si è tinto di giallo quando è stata messa in dubbio l'esistenza stessa dello stralcio di intercettazione portato in Commissione. Un giallo durato una giornata e concluso con il chiarimento: le parole incriminate esistono agli atti ma non sono state pronunciate da Agnelli bensì da due suoi dipendenti. Senza la presenza dello stesso Agnelli che, dunque, non le avrebbe nemmeno ascoltate.

La Figc: "Processo mediatico". Ma l'Antimafia non ci sta...

Scontro nato dalle parole del direttore generale della Figc, Michele Uva: "Sulla vicenda biglietti che coinvolge la Juve non siamo preoccupati, noi dobbiamo occuparci della giustizia sportiva - ha detto -. Mi sembra che si stia facendo un processo mediatico". "Non facciamo processi, men che meno mediatici. Di questo si cerchino le responsabilità altrove" ha risposto Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia che ha sentito la Juventus e attende di chiamare a rispondere direttamente Andrea Agnelli.

Le parole della Figc non sono piaciute perché sono state ritenute un tentativo di minimizzare quanto emerso sugli intrecci con le curve: "Preoccupa che si ritenga quanto stiamo facendo una cosa non seria. Ciò che fa male all'Italia sono le mafie, anche quando si inflitrano nello sport, e la sottovalutazione di questo fenomeno".

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Il ruolo scomodo di Pecoraro

Dialettica che si potrà presto ricomporre, mentre è più profondo il giudizione dato dal numero due della Figc sull'intera vicenda della gestione dei biglietti delle curve. Se, infatti, l'accostamento con la 'ndrangheta rischia di cadere con il chiarimento della natura dell'intercettazione incriminata, non si può non sottolineare come i vertici della Federcalcio abbiano definito "una vicenda banale" tutto il contesto emerso dalle carte della magistratura e poi girate alla Procura federale.

Un messaggio diretto più internamente che esternamente. E' il procuratore della Figc Pecoraro, appena nominato proprio da Tavecchio, ad aver imbastito il processo sportivo puntando dritto alla presunta collaborazione consapevole di Agnelli e della Juventus con la malavita organizzata. Ha alzato il tiro suscitando la dura reazione di Agnelli e ora la stessa Figc prova a smorzare i toni. C'è quanto meno una contraddizione e sarà curioso verificare come sarà risolta nei passaggi formali da qui al momento del verdetto. Che sarà quasi certamente di colpevolezza per le violazioni alla normativa sulla vendita dei tagliandi - e la Juve accetterebbe anche un patteggiamento -, ma molto più delicata sulla questione della consapevolezza di avere a che fare con un presunto boss mafioso.

Visione che né Agnelli né il club accetterà mai, pronto ad andare allo scontro a qualsiasi livello. Sapendo adesso che anche i vertici della Figc ritengono la vicenda poco più di una tempesta in un bicchier d'acqua.

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Giovanni Capuano