Manchester City, la scommessa finanziaria è copiare i cugini

I risultati sportivi? Sono fondamentali, ma per trasformarsi in un top team di livello internazionale sicuramente non bastano. Devono pensarla così anche al City, la seconda squadra di Manchester controllata dal munifico sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyān, …Leggi tutto

I risultati sportivi? Sono fondamentali, ma per trasformarsi in un top team di livello internazionale sicuramente non bastano. Devono pensarla così anche al City, la seconda squadra di Manchester controllata dal munifico sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyān, che da qualche mese ha messo in mostra una giravolta a 360 gradi per quanto riguarda le sue strategie di business.

Stop alle spese folli, investimenti sul vivaio e gestione attenta del rapporto costi/ricavi in vista dell’introduzione del fair play finanziario, ma soprattutto nuove partnership e operazioni di marketing e immagine oltreconfine: questi, in sintesi, gli ingredienti del nuovo Manchester City, illustrati anche in una lunga inchiesta del quotidiano Irish Independent di oggi.

I primi segnali del downshiftingsi erano colti anche dall’Italia durante il calciomercato di gennaio, con la scelta di liberare in direzione Milan Mario Balotelli nonostante le rassicurazioni di segno opposto, e di non reinvestire immediatamente le somme incassate ma di aspettare la sessione di trasferimenti estiva. Il che, per una proprietà che dal 2007 a oggi ha investito nel rafforzamento della squadra poco meno di un miliardo di euro, appariva come una nota stonata.

Giocatori del City festeggiano durante l'ultimo incontro con il Newcastle (credits: Laurence Griffiths/Getty Images)

In realtà bastava osservare cos’era accaduto poco meno di un mese prima. Il 14 dicembre dell’anno scorso, infatti, il Manchester City aveva pubblicato il proprio bilancio 2011/2012 chiuso con una perdita di 97 milioni di sterline (circa 120 milioni di euro). Per i Citizens si trattava del quarto “rosso” consecutivo”. E Daniel Geey, seguitissimo analista inglese, aveva condiviso sul suo blog alcune riflessioni sull’impatto che tale risultato avrebbe potuto avere sui nuovi criteri contabili: non eccessivo dal punto di vista delle sanzioni Uefa, più marcato per quanto riguarda la Premier League (dove i vincoli sono quasi ineludibili e viene imposta immediatamente una ricapitalizzazione pari a quasi la metà delle perdite). Ma il risultato principale, concludeva Geey, sarebbe stato sulla gestione di lungo periodo delle finanze del team, che avrebbe dovuto tenerne conto cambiando strategia.

Così siamo arrivati ai giorni nostri e alla necessità di aumentare e diversificare i ricavi. Il management del City punta ancora sull’aumento delle entrate commerciali, nonostante il contratto decennale di partnership tra il club ed Etihad Airways, del luglio 2011, che già ha avuto un forte impatto positivo sui conti dell’ultima stagione. Il valore dell’accordo decennale, secondo il Guardian, si aggirerebbe intorno ai 400 milioni di sterline, ma è finito nel mirino delle autorità inglesi perché, essendo lo sceicco Mansour azionista di maggioranza della compagnia, potrebbero esserci gli estremi per cogliere una ricapitalizzazione occulta in violazione delle norme.

Via dunque alla massimizzazione di tutte le voci accessorie, esplorate o ancora da percorrere. La parte del leone la faranno fornitura tecnica e diritti tv: per gli esercizi successivi in casa City si potrà contare anche sul nuovo contratto con la Nike (dal 2013/14) e sull’aumento degli importi versati da Sky (già dal 2012/13). Il resto lo dovranno fare le partnership estere, che come detto l’azienda mira a stipulare sul modello di quanto già fatto dagli odiati cugini dello United per incrementare i ricavi in quei Paesi dove il calcio inglese è seguitissimo e il brand può avere un grande appeal commerciale. I primi della lista? Cina, Messico, Stati Uniti e ovviamente il Medio Oriente.

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