Londra fuori dalla recessione: merito delle Olimpiadi?

Londra fuori dalla recessione: merito delle Olimpiadi?

Il dibattito, nato da alcune dichiarazioni del sindaco di Londra Boris Johnson e del ministro dello Sport britannico Hugh Robertson, tiene banco da un paio di giorni sulla stampa inglese: è merito delle Olimpiadi di questa estate se il Regno …Leggi tutto

La cerimonia di chiusura di Londra 2012 (credits: Daniele Badolato/LaPresse)

Il dibattito, nato da alcune dichiarazioni del sindaco di Londra Boris Johnson e del ministro dello Sport britannico Hugh Robertson, tiene banco da un paio di giorni sulla stampa inglese: è merito delle Olimpiadi di questa estate se il Regno unito sta uscendo dalla recessione?

I dati macroeconomicipubblicati ieri dal governo fanno propendere per il sì: il prodotto interno lordo del terzo trimestre 2012 ha mostrato un incremento dell’1 per cento dopo la contrazione dello 0,4 per cento nel secondo trimestre. Si tratta della crescita più alta registrata nell’area Ue e della miglior performance messa a segno da Londra dal 2007 a oggi. Ma soprattutto la cifra supera di gran lunga le stime pur ottimistiche degli analisti, che per il periodo luglio-settembre si aspettavano al massimo un +0,6 per cento.

Il rapporto causa-effetto pare esserci tutto, insomma, visto che quel punto in più di Pil vale almeno 16 miliardi sterline, ossia più di quanto speso per l’intera organizzazione dei Giochi londinesi. Tanto che anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha colto la palla al balzo per lamentarsi della rinuncia della capitale a ospitare i Giochi del 2020. Subito rintuzzato, peraltro, da uno studio di Francesco Daveri apparso sul sito Lavoce.info. La materia, in effetti, è delicata e incognite e distinguo vanno sempre tenuti a mente.

Primo punto: la coincidenza temporale tra il boom economico e lo svolgimento delle Olimpiadi appare troppo stretta perché gli effetti siano del tutto attribuibili all’evento. Tutti gli studi che si sono occupati della cosiddetta “five star legacy” (l’eredità dei cinque cerchi), concordano nel ritenere che gli effetti dell’organizzazione di un evento del genere  sui conti pubblici del Paese che l’ha ospitato siano visibili solo, o soprattutto, sul medio-lungo periodo.

Da questo punto di vista le cronache passate forniscono esempi in grado di assecondare sia i catastrofisti che gli ottimisti. Le Olimpiadi di Montreal del 1976 furono una vera tragedia dal punto di vista economico, con debiti saldati dalla municipalità soltanto dopo trent’anni dalla cerimonia di chiusura, a suon di emissioni obbligazionarie straordinarie e subaffitto ai privati di alcune delle strutture che avrebbero dovuto entrare a far parte del demanio. Los Angeles 1984 , al contrario fu un trionfo e chiuse con un utile di 250 milioni di dollari. Il segreto del successo, in quel caso, furono i finanziamenti privati, che a Londra hanno latitato più del dovuto. Accadde così anche in Grecia nel 2004, quando il governo di Atene tirò fuori di tasca propria oltre 10 miliardi. E non è un caso se oggi molti economisti individuano in quell’organizzazione l’inizio della spirale recessiva che ha travolto il Paese portandolo alle conseguenze drammatiche di oggi.

Non sempre, comunque, gli effetti post-olimpici si dimostrano univoci. Se la Spagna oggi non sfugge alla recessione, a Barcellona resta la riqualificazione del lungomare e della zona portuale operata per i Giochi del 1992, che ha migliorato le condizioni di vita degli abitanti e gli introiti turistici. Così Londra ha puntato sulla bonifica (ancora in corso) del malfamato quartiere di Stratford dove sorge il villaggio olimpico che è già stato rivenduto: a fine gare ospiterà un complesso residenziale da 3.500 appartamenti. Come rimarranno la Thames Gateway Cable, funivia sopra il Tamigi che porta 2.500 passeggeri in un’ora, le nuove linee metropolitane e la ferrovia di superficie ad alta firmata Hitachi, mentre lo stadio olimpico verrà ereditato dalla squadra del West Ham. Anche l’ultima competizione italiana, l’Olimpiade invernale di Torino 2006 , mancò di poco l’obiettivo del pareggio di bilancio (il rosso finale fu di circa 24 milioni), ma contribuì in maniera decisiva al rilancio della città.

Tornando a Londra 2012, ecco il secondo punto chiave: a parte il fatto che le Olimpiadi sono state solo uno dei due eventi significativi ospitati dalla città nel trimestre della crescita (l’altro è il Diamond Jubilee della Regina, che un mese prima dell’accensione del braciere già valeva un +15 per cento di presenze turistiche nella capitale), i sintomi di positività potevano essere colti anche prima.

È infatti dal terzo trimestre del 2010, ovvero da quando il governo Cameron è salito al potere, che il Pil mostra segnali in controtendenza rispetto a buona parte del resto dell’area Ue, continuando a crescere (anche se lentamente). Ed è altrettanto vero che a metà 2012, cioè ben prima della cerimonia inaugurale, l’inflazione era ai minimi da tre anni, che nel primo semestre di quest’anno le vendite al dettaglio (un dato non “drogato” dagli investimenti olimpici in infrastrutture e servizi) sono aumentate più del previsto e che la disoccupazione è scesa in un anno dall’8,1 al 7,9% del totale.

A caval donato non si dovrebbe comunque guardare in bocca? Vero. Ma c’è un terzo e ultimo punto fondamentale da chiarire: se davvero l’effetto Olimpiadi ha messo il turbo all’economia locale, non è detto che questo basti per uscire davvero dalla spirale recessiva. “È difficile che cifre come queste si mantengano anche nel prossimo trimestre» ha spiegato proprio ieri Azad Zangana, economista di Schroders «I segnali che cogliamo, anche per via dell’aumento di prezzi energetici e alimentari, potrebbero tornare a stringere sui redditi delle famiglie, il che danneggerà i retailers soprattutto in vista del periodo di shopping natalizio”.

In sostanza, secondo l´economista di Schroders, il progresso del Pil depurato da tutte queste componenti si potrebbe ridurre a fine anno a percentuali molto più infime, con il rischio concreto che la Gran Bretagna si ritrovi, a inizio 2013, di nuovo in recessione. Ecco perchè, Olimpiadi o no, l’appuntamento decisivo è quello fissato a metà novembre, quando la Banca centrale comunicherà se intende interrompere o prorogare il suo programma di stimolo da 375 miliardi di sterline.

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