F1, le pagelle di fine stagione
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F1, le pagelle di fine stagione

A Vettel e Alonso onori e applausi per aver dato vita a un duello straordinario. A Massa il merito di un finale ad alto livello

10 - SEBASTIAN VETTEL. Bene, bravo, bis. Anzi, tris. Il pilota tedesco della Red Bull, 25 anni e un talento grande così quando si tratta di spingere il cuore oltre all'ostacolo alla guida di un bolide da F1, ha concluso la stagione come meglio non avrebbe potuto. Sì, perché a Interlagos tutto sembrava gli girasse contro, pure il destino. Prima lo scontro con Bruno Senna ("la tomba di Ayrton è qui a San Paolo e bisognerebbe andarci e raccontargli quello che ha combinato suo nipote", l'amaro commento rivolto al collega della Williams nel fine gara), poi il valzer del cambio gomme su una pista fradicia di acqua e di resti di macchine incidentate, quindi il guasto alla radio e quel pit-stop improvvisato che è durato un'eternità. Vettel voleva fortemente questo Mondiale e ha lottato contro tutto e tutti per farlo suo. Sfoderando una prestazione da standing ovation, sia per le 14 posizioni recuperate in 9 giri dopo la collisione con Senna, ma soprattutto per la determinazione e la saggezza dimostrata a 10 passaggi dalla bandiera a scacchi.

Bastava un nulla per mandare all'aria una stagione e allora, sangue freddo e calma. Vettel aveva il titolo in tasca e ha fatto il possibile e pure di più per non perderlo per strada. Semplicemente, strepitoso. Sotto questo aspetto, il Gran premio del Brasile ha rappresentato una sintesi perfetta di un campionato mondiale condotto in maniera magistrale, cominciato così così per via di una Red Bull che pareva avesse smarrito il senso del dominio che ne aveva caratterizzato le due stagioni precedenti, poi preso per la coda e mai più mollato. Fino al traguardo finale di Interlagos, che ha consegnato al tedesco il terzo titolo iridato consecutivo.

Ora Vettel, il più giovane pilota di sempre ad aver raccolto questo risultato, è in compagnia dei miti della Formula 1 di ogni tempo, da Piquet a Senna, da Lauda a Brabham. Campione tra i campioni. Giù il cappello per un fuoriclasse che ha meritato ampiamente di salire ancora sul carro dei vincitori. Se fino a qualche mese fa, in molti (noi compresi) erano convinti che i suoi numeri fossero una gentile concessione della buona sorte e di una macchina stellare, ora non si può far altro che tributare i giusti onori a un pilota che è rimasto in corsa anche quando la Red Bull pareva una monoposto tra le tante. Insomma, bene, bravo, tris.

10 meno - FERNANDO ALONSO. Se i tifosi della Ferrari hanno sognato di agguantare il titolo mondiale fino all'ultima corsa in calendario, il merito è in gran parte suo. Alonso è probabilmente il miglior pilota della Formula 1 degli ultimi anni. Migliore anche di Vettel, evidentemente, per esperienza, classe e capacità di leggere le gare. Nel 2012 ha messo in fila una prestazione con i fiocchi dietro l'altra, tanto che si pensava che fosse arrivato finalmente il momento di raccogliere i frutti di un triennio di duro lavoro passato a guardare la Red Bull che raccoglieva titoli e trionfi con una facilità disarmante.

Di più. Si può dire che quella conclusasi ieri a Interlagos sia stata senza dubbio una delle sue stagioni più convincenti. Per forma e sostanza. Intensità e coraggio. Tuttavia, tutto questo non è stato sufficiente per strappare al suo diretto concorrente il Mondiale che a Monza cominciava a prendere i contorni della Ferrari numero 5. Vero, nel bilancio finale il peso di quelle due gare a 0 punti (Belgio e Giappone) pesano come un macigno sulla classifica generale. Epperò, va anche detto che dall'altra parte del campo c'era un certo Vettel che si divertiva a fare il fenomeno. Impietoso il resoconto delle ultime 7 gare: Vettel 4 volte primo, 6 sul podio, per un totale di 141 punti messi a registro; Alonso 0 volte primo, 6 sul podio, per un totale di 99 punti. Altro che storie.

Quando la Red Bull ha messo le ali, non ce n'è stata più per nessuno. Difficile pensare che lo spagnolo avrebbe potuto fare di più. C'è già chi dice che se avesse avuto tra le mani una McLaren (o ieri la Force India di Hulkenberg, per diversi giri al comando della corsa) ora il titolo sarebbe suo, senza però contare che Maranello ha consegnato ai suoi piloti una macchina super affidabile, in grado di finire sempre le gare, al contrario del team di Woking, che diverse ragioni ha fatto meno di quanto fosse lecito attendersi a inizio stagione. "Dobbiamo essere fieri. E' stato un sogno durato mesi, resterà un anno da ricordare", le ultime parole di Alonso prima della chiusura del sipario. Proprio vero.

9 - KIMI RAIKKONEN. Non si diventa campioni del mondo per caso. Il finlandese più vincente (e scontroso) che abbia mai messo piede su una pista di F1 tornava su una monoposto dopo l'esperienza nel lontanissimo mondo del rally. E se qualcuno pensava che fosse un fuoco di paglia, un rientrè per onore di firma e di portafogli, beh, si è dovuto ricredere dopo pochi gran premi. Il pilota della Lotus è stato l'unico a completare tutte le gare e già questo è un merito da conservare con cura e rispetto. In più, Cina a parte dove è arrivato 14°, ha sempre portato a casa dei punti. E guidava una Lotus, non una Ferrari, una Red Bull o una McLaren. Un grandissimo, uno dei migliori.

8 - LEWIS HAMILTON. "Lascio la squadra avendo dato tutto quello che potevo per provare a portarla al successo. Qui in Brasile avrei voluto essere anche io a festeggiare sul podio, ma siamo stati un pochino sfortunati. La vita purtroppo è così". Ha ragione il pilota inglese. Nella F1, come nella vita, è anche questione di fortuna. Fortuna che quest'anno non ha certo premiato la prima guida della McLaren, protagonista suo malgrado di una serie di capitomboli che non gli hanno permesso di arrivare a lottare fino alla fine per il titolo iridato. Di questa stagione, l'ultima prima del passaggio alla Mercedes, restano in tasca ad Hamilton le 4 vittorie e le tante battaglie condotte con il coraggio del guerriero. Se nel 2012 il tasso di sbadigli per gara è diminuito considerevolmente, il merito è anche suo.

7 meno - JENSON BUTTON. Un tris di acuti, poi tanto anonimato. L'altro inglese della McLaren, primo rivale di Hamilton fuori e dentro la pista, ha iniziato il Mondiale con una vittoria sul circuito australiano di Melbourne. Ferrari distanti e Red Bull a portata di mano. Le condizioni per firmare una stagione da superstar pareva ci fossero tutte. E invece, no. Button si è perso nelle nebbie del paddock e per la prima parte dell'anno ha giocato di rimessa, deludendo per via dei risultati e dell'atteggiamento in pista. Mentre Hamilton riusciva a portare a casa traguardi importanti, lui, Button, a stento completava le gare. Pilota finito, si diceva, da "rottamare". E' andata meglio, molto meglio, la seconda parte della stagione. Tanto che, per poco, Button non è riuscito a stravolgere le gerarchie della McLaren. Si può fare di più.

6,5 - FELIPE MASSA. Da gettare al macero i primi tre quarti  della stagione. Roba che i tifosi della Ferrari erano pronti a mettere  in piedi una raccolta firme per spedire il brasiliano a raccogliere mais  in Patagonia. Poi, la firma per il rinnovo del contratto (tra le perplessità di moltissimi). Un altro anno  a Maranello, pure se a stipendio praticamente dimezzato. Perché va bene  tutto, ma se i conti non tornano da qualche parte bisogna intervenire. E  dal Gp del Belgio in avanti, è stato un continuo miglioramento di  prestazioni e di risultati. Massa ritrovato. Felice e finalmente  competitivo. Fino alla fine. In Brasile, la ciliegina sulla torta. Se  Alonso fosse riuscito a mettere le mani sul Mondiale, il merito sarebbe  stato anche e soprattutto suo. Da "rottamato" a indispensabile.

6 meno meno - MARK WEBBER. Il Sancho Panza di Vettel in Red Bull non è mai stato un missile. Nemmeno quando la premiata ditta Horner-Newey ha trasformato una macchina così così in un'astronave in stile Star Trek. Eppure, si pensava che col tempo riuscisse a colmare il gap con il compagno di squadra, temuto e tenuto a distanza per questione di orgoglio. Purtroppo per lui, però, le cose sono andate diversamente. Tanto che nella fase finale della stagione, proprio quando c'era bisogno di lui per arginare il ritorno della Ferrari di Alonso, Webber si è dimostrato pilota fragile e sfortunato. Per carità, se si rompe l'alternatore durante la corsa, le colpe del pilota stanno a zero. Epperò, con la stessa macchina che Vettel ha portato al trionfo, era legittimo attendersi risultati migliori. Decisamente migliori.

Gli altri

Molto bene ha fatto Nico Hulkenberg. Sufficienza stiracchiata per Sergio Perez, Kamui Kobayashi e Paul Di Resta.  Insufficienza piena invece per Nico Rosberg, Michael Schumacher, Pastor Maldonado

3 - Roman Grosjean Non ci sono dubbi. Il premio "Uomo con il cappello" per il guidatore più pericoloso dell'anno va al francesino della Lotus che deve aver preso la licenza per correre "all'Autoscontro: da Gigi!". In ogni incidente alla partenza (che rabbia per quello di Spa) della stagione c'è, statene tranquilli, il suo zampino, anzi il suo "musetto". Rischia il posto (e ci mancherebbe altro...)

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Dario Pelizzari