La Catalogna indipendente e la minaccia di escludere il Barcellona dalla Liga
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La Catalogna indipendente e la minaccia di escludere il Barcellona dalla Liga

Domenica le elezioni e lo sport spagnolo si divide. Ma se i blaugrana spariscono ci perdono tutti (anche il Real Madrid)

Lo spettro dell'indipendenza catalana spaventa lo sport spagnolo e il calcio in particolare. Cosa accadrebbe in caso di vittoria dei partiti indipendentisti nelle elezioni regionali in Catalogna? Davvero si andrebbe verso la scissione a livello politico con conseguenze anche sullo sport? Il caso lo ha aperto il presidente della Liga, Javier Tebas, ricordando come le regole consentano l'iscrizione al campionato nazionale solo ai club spagnoli e a quelli di Andorra. Se Barcellona diventasse Catalogna, insomma, niente più Liga.

Una minaccia considerata seria e non solo un gioco dialettico a pochi giorni dall'apertura delle urne, tanto che lo stesso club blaugrana è sceso in campo per smarcarsi da qualsiasi legame con le battaglie indipendentiste: "Non entriamo nella campagna elettorale" ha spiegato il presidente Bartomeu. Anche se il pensiero di molta parte del popolo barcellonista è chiaro da sempre, come dimostrano le bandiere catalane che affollano il Camp Nou.

Una Liga senza Barcellona?

Regolamento alla mano non ci sarebbe scelta. In attesa di varare nuove norme con la possibilità di accogliere anche i club calani (il discorso vale anche per l'Espanol), la Liga dovrebbe procedere zoppa lasciando al suo destino Messi e compagni. Uno scenario che gli stessi media di Madrid, storicamente ben poco teneri con il Barcellona, considerano una vera e propria rovina per tutto il movimento e non solo per la società che ha vinto l'ultima Champions League.

Il ragionamento è semplice: essendo la Liga un sistema in linea di massima duale che si regge sulla sfida eterna tra Real e Barca, veder sparire una delle due contendenti farebbe crollare il valore di mercato dell'intero prodotto riducendolo immediatamente a qualcosa di meno appetibile. Questione di tradizione, fascino, competititvità, spettacolo e soldi: quale tv pagherebbe la stessa cifra per un torneo deciso in partenza?

L'esempio (nefasto) di Celtic e Ajax

Perdere il Barcellona significherebbe perdere un club che nell'ultimo quindicennio ha vinto 7 Liga, 6 Supercoppe spagnole, 3 Copa del Rey, 4 Champions League, 2 Mondiali per Club e 3 Supercoppe Uefa. Il paragone che gira nelle stanze dello sport spagnolo è quello con il campionato scozzese, precipitato nell'anonimato dopo il fallimento dei Rangers Glasgow per problemi finanziari il 31 ottobre 2012.

Costretti a ripartire dai dilettanti, i Rangers hanno lasciato Glasgow e il calcio scozzese senza l'Old Firm che ne ha fatto la storia. Anche i Celtic non ne hanno beneficiato. Hanno sì dominato senza avversari in campionato (49 punti di distacco complessivi sulle seconde nelle prime tre stagioni in solitaria), ma non hanno potuto investire per rinforzarsi e gli effetti si cominciano a vedere.

Real Madrid e Barcellona sono il calcio spagnolo. Insieme si dividono quasi la metà dei diritti tv (280 milioni su 755 nel 2013-2014) in un sistema non centralizzato che sta per essere mandato in pensione per ridistribuire in maniera più equa le risorse. La fase di espansione dei proventi, però, subirebbe un duro colpo.

Una Spagna senza Piquè (e tanti altri)

A perderci sarebbe anche la nazionale che Del Bosque sta preparando per l'Europeo del 2016 e le qualificazioni verso il Mondiale 2018. E' verò che Xavi, Puyol e tanti altri catalani 'doc' che hanno innervato la selezione vincitrice di tutto non ci sono più, però l'elendo dei separatisti sarebbe lungo e doloroso: Piqué, per esempio, è catalano e con lui anche Busquets, Romeu, Fabregas, Bojan, Tello, Cuenca, Bartra, Jordi Alba, Sergi Roberto, Masip e Aleix Vidal. Non tutti sono nazionali, ma alcuni sono giovani prodotti della Masia e si stanno affacciando sulla ribalta internazionale. Tutto cancellato. Forse.

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Giovanni Capuano