Dalla Milano-Sanremo alla Serie A, una domenica da Polo Nord
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Dalla Milano-Sanremo alla Serie A, una domenica da Polo Nord

Nella classica di primavera, che si è tenuta in un clima invernale, la spunta a sorpresa il tedesco Ciolek. Conte sbrocca in campo a Bologna. Ma lo scudetto parla sempre più bianconero

Domenica di metà marzo con la neve e la temperatura di un freezer. Ma quando mai? Come se gli dèi che governano il tempo e quelli molto più bizzarri dello sport si fossero messi d’accordo per inchiodare l’Italia e gli italiani in casa a guardare la tv da mattina a sera. Il primo Gran Premio della stagione, prove comprese a notte alta, la più stramba Sanremo che si ricordi, non il solito sabato – quando, guarda caso, c’era il sole o quasi -, ma la domenica su strade da Polo Nord. E vince un tedesco duro Ciolek, che chissà quante volte da bambino, nella sua Colonia, sarà andato a scuola in bicicletta nella tormenta.

E mentre Alonso manda cartoline di speranza dall’Australia con la posta del mattino, il campionato di calcio aspettava, sotto sotto, due risposte. Una è arrivata da Napoli, l’altra è stata seppellita dal malo tempo a Genova, nella cornice del solito chiacchiericcio polemico, del quale Torino-Lazio, giocata “regolarmente” su un campo di hockey, ha contribuito ad alzare il volume. L’Inter è rimasta a casa sotto la coperta ad asciugare le mille camice sudate contro il Tottenham. Il resto sono stati bisticci, stelle e conferme. Sul primo fronte ci hanno dato dentro da capo a coda. Conte che sbrocca in campo, a Bologna, con una esultanza comprensibile, perché tocca lo scudetto dopo che la Juventus ha giocato da grande squadra, ma un pelo sguaiata, tanto da far saltare i nervi a Pioli, che non è esattamente uno fumantino.

A differenza del collega, che poi se ne esce con una arringa che fa il paio con quei tanti pugni al cielo: “Ho diritto di fare festa, se non posso tanto vale scappare da questo Paese”, dice in soldoni Conte, allargandosi come qualche volta gli capita. Ci si mette poi anche il presidente del Pescara, Sebastiani che lancia stracci verso l’arbitro Mazzoleni che, dopo non aver dato un rigore agli abruzzesi abbastanza chiaro, pare avrebbe detto davanti a testimoni: “Imparate a parlare bene in settimana”. Fosse vero, sarebbe grave, perché non è compito suo dare questi giudizi. Giustificata un'inchiesta, che profuma già di sapone come le bolle dei bambini.

Sotto un cielo di ghiaccio e acciaio riescono a splendere Cavani, che con una doppietta fa a pezzi il suo troppo lungo tunnel nero, nel quale già avevano cominciato ad infilarsi sinistre voci sulla sua vita privata e su una supposta “dama bianca”. Poi Mario Balotelli, sempre più leader del Milan: lo scriviamo e ci rendiamo conto che parrebbe una follìa. Ma non è così: ieri i rossoneri avevano ancora mille brutti pensieri a frullare in testa e lo cercavano come una badante. Lui ha risposto con sesto e settimo gol in sei partite. Il suo massimo in Serie A è nove. Vedete voi. E l’atteggiamento in campo non è quello che lo ha reso anche troppo noto. Pare il Balotelli sotto traccia della Nazionale.

La saracinesca sulla giornata l’ha abbassata Francesco Totti, con una notte delle sue, una di quelle in cui anche a 36 suonati riesce ad essere un giocatore che fa storia. Dimostrando quanto fosse sbagliato Zeman per questo gruppo in cui sono ancora i senatori a scrivere la legge. E Aurelio “altro-pianeta” Andreazzoli l’ha capito, mettendosi da parte e facendoli giocare. Morale, 4 vittorie, 1 pari, dopo la sconfitta iniziale a Genova. La conferma l’avete avuta sabato sera: nessuno toglierà lo scudetto alla Juventus.

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Carlo Genta