I piani d'attacco della Corea del Nord
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I piani d'attacco della Corea del Nord

Le scarse possibilità di successo impongono una guerra lampo ma gli interventi stranieri segnerebbero la fine del regime di Kim Jung-Un - il ritratto del dittatore -

(Per LookOut News )

L’escalation in Corea del Nord non giustifica, per il momento, i timori crescenti in Corea del Sud e non provoca particolari allarmi da parte del Pentagono. Se dunque non si avvicina la guerra in Asia, ciò nonostante non è detto che la situazione non degeneri improvvisamente. Per il semplice motivo che un casus belli lo si trova sempre, soprattutto quando due parti in causa si confrontano su un terreno scivoloso come quello delle armi nucleari, e sono separati da un esile confine che pullula di soldati col dito sul grilletto.

La dottrina strategica globale degli Stati Uniti non prevede la libera proliferazione del nucleare e non permetterà mai che uno Stato, classificato come “rogue” ossia “canaglia”, si discosti da questo comandamento. Eppure, la Corea del Nord persevera nel gioco al rialzo.

La Guerra Possibile

Scartando l’ipotesi nucleare, che nessuno oserebbe mai utilizzare, è opportuno concentrarsi invece sulla guerra convenzionale. Se dovessero iniziare le ostilità, il calcio d’inizio lo darebbe certamente il Nord, il quale non avrebbe altra soluzione se non quella di tentare una guerra lampo, lanciando un attacco missilistico e aereo verso Seoul, allo scopo di raderla al suolo. Contemporaneamente, l’esercito attraverserebbe in massa il 38esimo parallelo - il confine tra le due coree, il quale disegna una frontiera lunga 241 km e larga 4, che si estende dal Mare dell’Est al Mar Giallo - grazie ai numerosi tunnel scavati sottoterra, per bypassare la DMZ (la zona demilitarizzata dove, contrariamente al nome, si ha la maggior concentrazione di militari al mondo) e impedire lo stallo di una guerra di trincea al confine.

Negli anni, infatti, il genio militare di Pyongyang ha insistito per trivellare senza sosta il sottosuolo e realizzare dei tunnel considerevoli (si ha conoscenza certa di almeno quattro, ma si suppone siano molti di più), alcuni dei quali sarebbero capaci già oggi di far passare diecimila soldati all’ora e persino carri armati che, in questo modo, sbucherebbero dietro le linee nemiche e potrebbero raggiungere la capitale in un giorno soltanto, permettendo dunque un’invasione in piena regola.

Le Forze in Campo

La Corea del Nord dispone di un esercito di oltre 1 milione di soldati, la maggior parte dei quali già di stanza al confine, 1.600 aerei di fabbricazione sovietica, una marina non particolarmente efficace e 5.000 carri armati. I riservisti, ovvero i contadini che verrebbero obbligati a combattere manu militari, corrispondono ad altre 3 milioni e mezzo di anime, che ingrosserebbero le fila dell’esercito per un totale di quasi 5 milioni di soldati della Corea del Nord.

La Corea del Sud, invece, dispone di circa 560.000 soldati già mobilitati, 3.000 carri armati e altri 3.000 veicoli corazzati, circa 400 aerei di difesa e 170 navi. Ma, a differenza del Nord, il Sud è più popoloso e ha un patto sin dal 1953 con gli Stati Uniti, le cui forze (USFK, United States Force Korea) sono distribuite in 85 diverse località del Paese e corrispondono a 35.000 soldati (di cui 15mila marines), 170 carri armati e 170 veicoli corazzati, 100 aerei d’attacco e 70 elicotteri. Inutile dire che sono ben armati.

I Piani d'Attacco

Con questi numeri, si capisce come un attacco lampo permetterebbe alla Corea del Nord di raggiungere rapidamente Seoul (come, del resto, accadde nell’estate del ’50) e portare la guerra fin dentro la Corea del Sud, grazie all’avanzata da terra. Mentre è difficile che la marina e l’aviazione possano offrire risultati altrettanto efficaci.

Il problema, semmai, è il dopo. Una volta presa la capitale, l’esercito nordcoreano si troverebbe scoperto: difficilmente Pyongyang potrebbe mantenere il proprio Paese al sicuro, giacché la task force americana annienterebbe le contraeree di Pyongyang in poco più di un pomeriggio, mettendo al buio tutta la Corea del Nord in una sola settimana e martellando di bombardamenti tutti i siti dove sono i missili balistici (al confine con la Cina), gli impianti nucleari e le miniere di uranio (soprattutto a ovest, non lontano dalla capitale). Probabilmente, nei piani degli Stati Uniti-Corea del Sud ci sarebbe anche quello di tagliare il Nord in due e dividere i fronti di guerra, al fine di impedire i rifornimenti a un esercito già malnutrito, che non potrebbe sopportare una guerra di logoramento e che, senza approvvigionamenti verrebbe messo in ginocchio in meno di tre mesi. Ciò sarebbe possibile con una mossa a tenaglia: penetrando sia attraverso il 38esimo parallelo sia attaccando dal Mar Giallo, per poi puntare direttamente a Pyongyang.

Gli Interventi Stranieri

Nel modo sopra descritto, tutto potrebbe finire in pochi mesi. Assediare e forse conquistare Seoul sarebbe dunque possibile mentre la guerra non potrebbe proseguire senza un intervento esterno. Il Nord, infatti, ha una sola possibilità (molto evanescente): che Cina e Russia offrano rifornimenti o decidano che è giunta l’ora di cambiare gli equilibri in Asia. Difficilmente, però, le grandi potenze verrebbero a contatto per difendere le Coree, tutto sommato di scarso interesse geostrategico.

In caso di guerra improvvisa, semmai, il risultato più probabile potrebbe portare a uno smembramento della stessa Corea del Nord e alla fine del governo di Kim Jong Un, con un lembo di terra che finirebbe in mano russa (nel confine, intorno al mar del Giappone), e una porzione più considerevole di territorio che andrebbe alla Cina, Pyongyang compresa. Il resto cadrebbe in mano al Sud, che guadagnerebbe forse qualche chilometro sopra il 38esimo parallelo. L’unica incognita in questo grande gioco è il Giappone.

Ma Russia e Cina, a differenza di quanto accadde nella guerra del ‘50/’53, molto difficilmente metteranno a rischio le loro economie e l’equilibrio dell’Asia per sostenere un alleato, Kim Jong Un, sempre più scomodo e imbarazzante. E gli Stati Uniti questo lo sanno.

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Luciano Tirinnanzi