Catania e Pulvirenti: cosa dicono gli atti del Tribunale Figc
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Catania e Pulvirenti: cosa dicono gli atti del Tribunale Figc

Le pagine del dispositivo lasciano interdetti: "Nessuno strumento dell'ordinamento sportivo adeguato a reprimere comportamenti criminali"

C'è un passaggio del dispositivo con cui il Tribunale Nazionale Figc ha condannato il Catania e Pulvirenti che rappresenta bene l'abisso in cui è precipitato il calcio italiano.

Si trova a pagina 8 al termine della puntuale ricostruzione dei fatti dell'inchiesta 'Treni del gol' che ha portato alla retrocessione in Lega Pro del club etneo, salvato dall'ergastolo sportivo dei Dilettanti grazie alla collaborazione del suo presidente Pulvirenti. L'avvocato Artico, presidente del Collegio e uomo che da una vita pratica le aule dei tribunali, si lascia andare a un'osservazione amara che sfocia in un atto d'accusa durissimo nei confronti del sistema "apparso mai così tanto vulnerabile" nonostante "il ripetersi ciclico di fatti di illecito sportivo". 

Una situazione di debolezza che fa scrivere che "senza l'intervento del magistrato penale nessuno strumento dell'Ordinamento sportivo sarebbe risultato adeguato a reprimere" questi comportamenti "né tantomeno a prevenirli". E cita l'intercettazione telefonica in cui Pulvirenti si vanta di aver capito adesso come funziona la serie B e di poter, dunque, vincere il campionato della stagione successiva. Parole pesanti come pietro sulla credibilità del sistema.

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Più che uno sfogo suona come un duro richiamo al tentativo del calcio italiano di superare gli scandali che negli ultimi anni ne hanno minato alla radice la tenuta. Non ci sono oggi strumenti in grado di evitare corruzione, combine e commistione con il mondo delle scommesse (legali e illegali): un richiamo anche a chi ha provato a dotarsi di sistemi di controllo e prevenzione rivelatisi, però, inadeguati nel momento della prova, tra denunce lasciate cadere nel vuoto e altre evidentemente non partite. Si può fare qualcosa di più e di diverso? Sul piano della punzione degli illeciti, ad esempio, la battaglia della Lega di Serie B per la confisca dei beni dei condannati va nella direzione giusta. Ma per la prevenzione?

C'è poi la questione-Pulvirenti, ovvero la mancata radiazione di un presidente reo confesso di aver comprato sei partite decisive per la salvezza della sua squadra. Il procuratore federale Palazzi ha voluto premiare la collaborazione piena e fattiva che rappresenta un unicum nel mondo del calcio, abituato all'omertà. L'applicazione dell'articolo 24 del Codice di Giustizia Sportiva ha, di fatto, sdoganato la figura del pentito nei processi di pallone e il Tribunale non ha sconfessato l'impostazione della Procura, che spera di aver aperto così un varco a futura memoria. Chi d'ora in poi si presenterà da Palazzi preferirà collaborare o fare ostruzione andando incontro a una stangata?

Però ha riservato una bacchettata anche alla volgia di premiare la confessione di Pulvirenti: "Derubricare il disegno criminoso" del presidente del Catania e dei suoi sodali "al gesto di un presidente disperato", scrive Artico, "equivarrebbe a concepire anche solo a livello patologico un doppio sistema, lecito e illecito, dove quello illecito garantirebbe di più e meglio risultati sportivi ed economici". Da qui l'appesantimento della pena per il Catania (-12 al posto di -5 di penalizzazione) e la sanzione economica per Pulvirenti da accompagnare all'inibizione per 5 anni.

Chi aveva espresso perplessità sulla mano leggera nei confronti degli etnei, dunque, non aveva torto. Il Tribunale della Figc lo riconosce, ma vista l'emergenza dei tempi pare sottoscrivere la resa. Non esitono strumenti per garantire un calcio pulito e quei pochi che ci sono, pentiti compresi, vanno coltivati anche a costo di andare contro il buonsenso comune.

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Giovanni Capuano