Caso Schwazer, le mail di Michele Ferrari a Panorama
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Caso Schwazer, le mail di Michele Ferrari a Panorama

Alcuni stralci delle mail che il medico ferrarese indagato a Padova ha inviato a Panorama per spiegare la sua posizione sul tema del doping e sul caso Schwazer

Ecco alcune parti delle email che Michele Ferrari, il medico ferrarese indagato a Padova per una serie di reati (associazione per delinquere finalizzata al traffico e all'utilizzo di sostanze dopanti, riciclaggio, evasione fiscale e contrabbando), ha inviato a Panorama per spiegare la sua esatta posizione sul tema del doping e nel caso Schwazer.

IL DOPING DAGLI ANNI SETTANTA AGLI ANNI NOVANTA
Ero presente anch’io, in un’aula dell’Università di Ferrara, nel novembre 1979, alla discussione in cui rappresentati di alcune Federazioni affiliate al Coni chiesero al prof. Francesco Conconi di far partire una sperimentazione sull’auto emotrasfusione nei loro atleti. I ripetuti clamorosi successi olimpici degli atleti finlandesi negli anni Settanta (Viren, Vasala, Vaatainen, ecc.) avevano sollecitato la necessità di andare a competere con le stesse armi.
   
Incoraggiati dai successi olimpici del 1980, il Coni ratificò una convenzione con l’Università di Ferrara: finanziamenti per apparecchiature e borse di studio in cambio di “assistenza” agli atleti delle Federazioni che culminarono nei trionfi dell’ olimpiade di Los Angeles del 1984.
La convenzione fu rinnovata fino agli anni Novanta.
Tutto questo per spiegare come in quegli anni l’utilizzo dei farmaci e del doping fosse considerato un “must”, anche e soprattutto dai dirigenti delle Federazioni, le quali si adoperavano in tal senso. In Italia, come altrove, quello che contava erano le “medaglie olimpiche”, figuriamoci nello sport professionistico.
Le cose continuarono così fino all’ inizio anni Novanta, quando Conconi, nel frattempo diventato personaggio mediatico troppo famoso,  si trovò al centro di invidie “romane” e  di  una guerra di potere all’ interno del Coni: ricordo che si parlò di una sua possibile elezione a Presidente del Coni stesso e addirittura a ministro della Sanità.
Io mi ero allontanato già nel 1988 dal gruppo di Conconi, e svolgevo un’ attività libero professionale come medico di squadre ciclistiche professionistiche (dal 1984 al 1994) e come consulente di atleti, ma ero considerato l’ex braccio destro di Conconi e dunque un bersaglio da colpire per affondare il “cattivo maestro”.

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LA  FAMOSA INTERVISTA CHE MI COSTO’ LA CARRIERA
Nel 1994, il “problema doping” nel mondo dello sport professionistico non era considerato come negli anni 2000: era una cosa “tollerata”, che faceva parte da sempre del gioco, praticata da tutti, nei limiti imposti dal regolamento del tempo, molto diverso da oggi.

Nella primavera di quell’anno i ciclisti della mia squadra (Gewiss) avevano dominato molte corse , e questo scatenò un’ondata intollerabile di sospetti che culminò con la mia famosa intervista all’Equipe con le famose dichiarazioni che, ancora oggi, dopo 18 anni, mi vengono contestate.
“Il limite tra doping e non doping è nella lista delle sostanze: tutto ciò che non è proibito è dunque consentito”.
“L’ Epo in sé non è pericolosa, lo è l’ abuso della stessa”
“Anche il succo di arancia, se se ne assumono 10 litri, ha effetti collaterali”.
Il giorno dopo vengo avvicinato da Capodacqua e Evangelisti, giornalisti romani di Repubblica e Corriere dello Sport, che ritornano sull’ argomento “limite tra doping e non doping”. Dico loro: “Ragazzi, che vi piaccia o no, è un dato di fatto, il limite è il risultato dei controlli: chi è positivo è dopato, gli altri, fino a prova contraria, no”.
Lì finì la mia carriera come medico di squadra: venni immediatamente “licenziato” dalla squadra, con la segreta raccomandazione di continuare ad assistere gli stessi atleti. La cosa non mi dispiaceva: da tempo infatti mi ero convinto che gli interessi del team (risultati, subito) non sempre coincidevano con quelli degli atleti (durare a lungo).

Continuai la mia professione esclusivamente come consulente di singoli atleti, nel loro interesse di ottenere risultati, rischiando il meno possibile e cercando di tutelare la loro salute, proponendo alternative lecite al doping: allenamenti in altitudine e strategie alimentari. Questo scatenò rancore dei team, che vedevano diminuito il loro potere sugli atleti, e le invidie di chi non mi poteva avere come consulente. Tutto ciò, assieme ai numerosi successi, alimentò la fama di mago – guru - stregone che lavorava fuori dalle (loro) regole.

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IO, CAPRO ESPIATORIO
Divenni così facile capro espiatorio, che culminò con l’ingiusto accanito processo di Bologna: ricordo che assieme a me furono indagati e rinviati a giudizio, stralciati nelle procure competenti, molte altre persone e colleghi (tuttora medici di squadra,  di federazione Coni, ecc), dei quali procedimenti nulla si è mai più saputo.

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IO E LA VICENDA DI ALEX SCHWAZER

Sono stato contattato da Alex Schwazer nel luglio 2009: ci incontrammo a St Moritz, dove mi trovavo in vacanza. Reduce dal ritiro ai campionati mondiali  di poco tempo prima, mi disse che non era soddisfatto del  rapporto con il suo allenatore Sandro Damilano (sicuramente uno dei più bravi al mondo): in particolare era convinto che non lo allenasse nel modo migliore per la 50 km.

Perplesso, conoscendo il valore del tecnico, gli chiedo di farmi avere il dettaglio di tutti i suoi allenamenti degli ultimi  2 anni:  risultava evidente che , soprattutto nel 2009, si era allenato troppo.  Semplicemente aggiungeva agli allenamenti concordati con Damilano estenuanti sedute al cicloergometro di 2-3 h  quasi tutti i pomeriggi.

Questo confermava che tra lui e il coach non c’era più quella confidenza e fiducia indispensabili per praticare sport ad alto livello.Così accettai di aiutarlo a reimpostare i programmi di preparazione per la stagione 2010, ben consapevoli entrambi che io del gesto tecnico della marcia avevo ben poca esperienza diretta , ma che la mia trentennale esperienza come allenatore di atleti di endurance poteva essere determinante.

Cominciai ad inserire frequenti (circa uno al mese) test di valutazione su strada , a Ferrara,  per adattare i ritmi di allenamento ai suoi progressi. Aumentammo gli allenamenti di “qualità”, riducendo le ore totali (quantità) ad un massimo di 18h/settimana , inserendo allenamenti specifici ad intensità “media”, quelli che incrementano la capacità di utilizzare i grassi come combustibile , cosa indispensabile nelle competizioni di fondo.
Ogni settimana mi inviava via mail i dettagli degli allenamenti affettuati , ed io gli rispondevo con il programma per la settimana successiva.

Parallelamente modificammo la alimentazione , riducendo ciclicamente la assunzione di carboidrati e aumentando quella dei lipidi, sempre per abituare il corpo ad utilizzare maggiormente questi ultimi come combustibile per i muscoli , preservando così le riserve di glicogeno , indispensabili nei finali di gara.

In una fase successiva furono inserite intensità di allenamento più elevate  (alla “soglia anaerobica” ) sempre abbinate , anche nella stessa sessione di allenamento, ai ritmi “medi”: i ritmi più veloci consumavano glicogeno , così il corpo era ulteriormente stimolato ad usare i grassi ai ritmi medi (che sono poi quelli di gara  nella 50 km di marcia).

Nella preparazione inserimmo, tra novembre 2009 e giugno 2010, sette periodi di allenamento in altitudine,  per un totale di 16 settimane: cinque in Val Senales, ad altitudini tra 2000 e 3200 metri,  uno a Tenerife a 2100-2300 metri, e uno al Passo Eire a 2250 metri di altezza.
Alex assumeva alcuni integratori di vitamine e antiossidanti:  a questi aggiungemmo alcuni aminoacidi (Hornet Juice) e Hidrox 12% (un estratto di  olive ricco di idrossitirosolo , un composto naturale utile per limitare lo stress ossidativo dell’ allenamento).
Schwazer migliorava rapidamente , gareggiò con eccellenti risultati nella primavera 2010 ,
poi , nel maggio successivo, nella trasferta in Messico per una gara di Coppa del Mondo, si ammalò di una forte gastroenterite, che lo debilitò parecchio nelle settimane successive.

Ai campionati europei di fine luglio , nonostante tutto, ottenne un secondo posto nella 20 Km, mentre nella 50 Km fu costretto al ritiro al 39° km.
Dopo una pausa agonistica riprese gli allenamenti nel mese di ottobre , per preparare la stagione 2011: ripetemmo due test di valutazione a Ferrara nel febbraio e marzo 2011. Un mese dopo , credo il 20 aprile, a seguito di alcuni articoli di stampa che mi riguardavano, mi inviò una mail in cui mi comunicava di interrompere il nostro rapporto.

Da allora non ho più avuto alcun contatto con lui. Abbiamo cercato di mantenere riservata la nostra collaborazione, ma non ci siamo mai nascosti:  i test su strada li facevamo sull’ argine destro del Po, una pista ciclabile assai frequentata da ciclisti e podisti. Vi assicuro che è molto difficile non riconoscere un “umano” che marcia a 16 km/h.

Ci siamo incontrati un paio di volte sul mio camper (a Verona Nord il 1° maggio 2010  e a Vipiteno mi sembra nell’agosto 2010) unicamente per comodità di entrambi, al fine di evitare lunghi viaggi.
Sono stato una volta a casa sua  a fine 2010 , soprattutto per parlare con sua madre, che mi aveva più volte manifestato il “disagio psicologico “ del figlio , soprattutto dopo i campionati europei , che erano stati vissuti da Alex con una grande sofferenza, apparsa ai più esagerata.
Ma di questo non voglio parlare, essendo legato al segreto professionale.

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