Capello convocato dalla Duma (e il silenzio di Prandelli)
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Capello convocato dalla Duma (e il silenzio di Prandelli)

I parlamentari russi vogliono spiegazioni dal ct sul fallimento in Brasile, mentre da noi ci accontentiamo delle dimissioni con scuse in silenzio

I parlamentari della Duma sono degli uomini fortunati e avranno qualche risposta da Capello. Beati loro, anche se per riuscire a colmare le proprie curiosità, che poi sono anche quelle di decine di milioni di tifosi, sono dovuti ricorrere alle maniere forti e hanno convocato direttamente il ct davanti al Parlamento per fornire spiegazioni. Accadrà il prossimo 3 ottobre e, se il clima non si sarà svelenito, non sarà una passeggiata per don Fabio che si sentirà chiedere conto in maniera anche un po' brutale del fallimento della Russia in Brasile. Zero vittorie, due pareggi e una sconfitta rimediati in un girone con Belgio, Algeria e Corea del Sud sono parsi un po' pochino ai politici locali. Poco soprattutto considerando lo stipendio monstre del pluridecorato ct che ha appena rinnovato fino al 2018 alla modica cifra di 8 milioni di euro (netti) a stagione dopo averne incassati oltre 10 nel biennio 2012-2014 per presentare al meglio la Russia al cospetto del resto del mondo.

I parlamentari della Duma faranno domande e Fabio Capello risponderà. Dietro c'è anche molta speculazione politica e sicuramente l'allenatore italiano non è un "ladro", come lo ha bollato il leader del partito liberaldemocratico Vladimir Zhirinovsky, chiedendogli di "restituire se non tutti, almeno metà dei soldi incassati dalla federazione". Difficile che Capello se la possa cavare, però, dando tutta la colpa all'arbitro - come fatto al termine del pareggio contro l'Algeria costato l'eliminazione - o spiegando di aver portato in Brasile un portiere che si è rivelato nei fatti una specie di citofono. Loro chiederanno e lui risponderà. Beati loro.

Agli italiani fin qui è andata peggio. Siamo fermi alla dichiarazione dettata dal duo Abete-Prandelli mezz'ora dopo la disfatta di Natal. Una cosa che sintetizzata suona così: "Abbiamo sbagliato, diamo le dimissioni, ma la colpa non è tutta nostra". Grazie e arrivederci. Ecco, bene le dimissioni (che erano un passo obbligato ma in Italia non si sa mai...), meno l'eclissi che ha accompagnato il ritorno di Prandelli in Italia. L'ultima immagine che abbiamo di lui è la fuga su un van con i vetri oscurati dall'aeroporto della Malpensa. C'è chi l'ha chiamata "scelta di basso profilo" o "mossa dettata da questioni di sicurezza". Siccome ad accogliere la nazionale in aeroporto, giornalisti a parte, non c'era nessuno, meglio definirla col termine più appropriato e cioè "fuga". 

Da allora silenzio totale e inusuale per un ct che ha riempito le settimane della vigilia di interviste e paginate per spiegare le sue convinzioni e raccontare di avere preparato un gruppo "pronto ad arrivare fino in fondo". Si può sbagliare, chiaro, e quindi nessuna forca. Però sarebbe bello, anzi doveroso, che Prandelli, autodefinitosi responsabile del progetto andato male, prima di tuffarsi in nuove esperienze professionali ci spiegasse cosa è successo davvero, dove sono stati gli errori e cosa sarebbe bene prendere (e cosa gettare) del suo biennio post-Europeo. Giusto per evitare il rischio di buttare via il buono che c'è o di ricominciare da zero sperando che il suo successore non cammini sulla stessa strada. E' evidente che si tratta, per Cesare Prandelli, di un passaggio delicato e che - al pari di Capello - difficilmente potrebbe cavarsela semplicemente accusando il "clima intorno alla nazionale cambiato misteriosamente" o "i limiti strutturali del calcio italiano".

Per intenderci, tra le prime otto del Mondiale c'è solo la Germania come movimento ricco e che non ha problemi. Inghilterra (Premier League) e Spagna (Liga) sono a casa come noi, la Francia (Ligue1) è un gigante coi piedi d'argilla ed è quasi impossibile sostenere che Colombia, Brasile, Argentina, Olanda, Belgio e persino la Costa Rica abbiano alle spalle situazioni migliori della nostra. Dunque servirebbe entrare nel merito delle scelte di ct e Federazione, spiegare perché il progetto tecnico e tattico è fallito, fare un bilancio crudo di quanto abbia giovato l'operazione-etica alla nazionale (all'immagine del ct è andata benissimo, ma quelli sono affari suoi), motivare perché i giovani espressione del campionato siano diventati buoni solo da aprile in poi negando loro la possibilità di accumulare quel minimo di esperienza che sarebbe servita. Bisognerebbe provare a ricostruire come si è arrivati in Brasile con un gruppo in pezzi con responsabilità del solo ct come del ct erano in pieni poteri. O, ancora, farsi spiegare a futura memoria cosa sono servite le spese (non basse) per rendere Coverciano una specie di laboratorio tecnico-scientifico salvo partorire una nazionale arrivata al Mondiale in evidente calo di condizione. Se poi è vero che abbiamo perso perché correvamo meglio degli altri, visto che le statistiche ufficiali Fifa ci attestano una media di 107,1 km percorsi a partita superiore a quella di Colombia (104,5), Uruguay (104,9), Messico (106,3) e Francia (107) a conferma che il calcio non si misura con i metri percorsi come una gara di mezzofondo qualsiasi.

Tutti passaggi che agli italiani sono stati negati, a meno che il Parlamento non decida domani di convocare Prandelli e, magari, anche Abete per chiedere al responsabile della Figc se tra le ammissioni di colpa ci sia anche quella di aver avallato una spedizione faraonica da quasi 5 milioni di euro, portandosi in Brasile la solita delegazioni record per numeri. Soldi pubblici eh... Perché se è vero che alla fine i contributi incassati dalla Fifa saranno superiori ai soldi spesi, è anche vero che si poteva essere più sobri e quei soldi destinarli ad altro prima di ingaggiare l'ennesima furiosa battaglia per evitare il taglio dei contributi statali attraverso la camera compensativa del Coni. Siccome, però, noi siamo convinti che un Parlamento abbia altro di più serio di cui occuparsi che non siano le ragioni di un fallimento sportivo, meglio da noi che alla Duma. Prandelli riposi sereno nella sua Orzinuovi ("Coccolato dagli affetti più intimi... aveva messo in agenda un sereno periodo di elaborazione del trauma, ma il Galatasaray pressa" come ci ha informato una velina della Gazzetta dello Sport) in attesa di firmare un contratto multimilionario. Nessuno lo disturberà. Gli hanno dato carta bianca, ha fatto (male) il suo compito e lasciato a terra tutti i cocci. Che, come spesso accade in Italia, per qualche motivo non sono suoi ma di chi verrà dopo. Buone vacanze.

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Giovanni Capuano