C'era una volta la Spagna: fuori dal Mondiale
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C'era una volta la Spagna: fuori dal Mondiale

Campioni in carica battuti al Maracanà dal Cile ed eliminati subito. Tradiscono i grandi vecchi di Del Bosque: disastro Casillas - Allarme sicurezza: tifosi invadono sala stampa - Olanda, avanti a fatica - Lo speciale Brasile 2014

Erano campioni di tutto, adesso sono fantasmi. Simulacri di se stessi che si trascinano per il campo e che al Maracanà salutano il Mondiale nel modo più inglorioso possibile, cedendo senza lottare davanti a un Cile straordinario per qualità e intensità agonistica, trascinato da Vargas che in Italia ha fallito senza avere chance e che or è uno degli uomini nuovi della Coppa. Addio Spagna. E' stato bello finché è durato, ma adesso è davvero finito tutto. Il ciclo più vincente della storia (Europeo 2008, Mondiale 2010 ed Europeo 2012), l'epopea del tiki-taka e la storia di un gruppo cresciuto insieme e capace di superare, in nome dell'amore per la Spagna, anche le feroci divisioni tra madridisti e barcelonisti. L'impero è caduto e le scosse si sentiranno a lungo. Prepariamoci a una feroce resa dei conti che non salverà nessuno e che dividerà la nazione in partiti contrapposti. Lo stesso Del Bosque sembra aver fatto le sue scelte, togliendo Piqué e Xavi dopo il disastro contro l'Olanda e confermando gli altrettanto criticati Casillas e Diego Costa. Non ha pagato e il portiere lo ha nuovamente tradito con una prestazione insufficiente. Il viale del tramonto è stato imboccato anche da Iker.

Che i campioni del Mondo in carica escano al primo turno non è una novità assoluta. Senza andare troppo indietro nel tempo, è già capitato alla Francia nel 2002 e all'Italia nel 2010 e anche il Brasile che aveva trionfato in Giappone e Corea del Sud non seppe brillare in Germania quattro anni più tardi. Un calo è fisiologico e l'errore fatto da Lippi in Sudafrica (puntare sugli uomini che l'avevano portato sul tetto del mondo lasciando a casa gli emergenti) è stato ripetuto anche da Del Bosque, convinto che bastasse inserire un centravanti acquisito come Diego Costa per cambiare fisionomia e destino della sua nazionale. In Brasile sono volati 16 dei 23 eroi del Sudafrica. Il ricambio è stato minimo e, ad esempio, della straordinaria Under 21 campione d'Europa nel 2013, solo de Gea (terzo portiere) e Koke (in campo a eliminazione virtuale acquisita) sono stati convocati. Sarebbe successo anche a Thiago Alcantara senza l'infortunio. Ma l'elenco finisce lì: 3 su 23 e a far da spettatori al crollo dei miti del calcio spagnolo. Prandelli, per tentare un paragone, dall'Under di Mangia distrutta dai pari età spagnola ha preso e lanciato Verratti, Immobile e Insigne.

La sfida contro il Cile è stato un calvario ingeneroso per gli spagnoli, paralizzati dalla paura di uscire e in balìa della furia agonistica della Roja che festeggia la qualificazione agli ottavi di finale e la storica prima vittoria contro gli spagnoli. Tutto è stato chiaro nei primi 75 secondi: quasi gol di Vargas con rimpallo in corner e, sugli sviluppi del calcio d'angolo, occasionissima per Jara. Spagnoli a guardare, copione ripetuto alla perfezione in occasione delle reti di Edu Vargas (20') e Aranguiz (43') cui il pallone è stato recapitato sul piede da una goffa respinta a pugni chiusi della controfigura di Casillas, minato nel fisico e nell'autostima. Un fantasma al pari dei compagni della difesa che in 180 minuti hanno incassato 7 gol, quasi tutti originati da errori e distrazioni. Film da horror ripetuto anche senza Piqué che non era più colpevole degli altri.

Capitolo a parte merita Diego Costa, chiamato per essere il tassello che mancava e l'uomo nuovo. Ha fallito con l'alibi di una condizione fisica approssimati causa il logorante finale di stagione me gli infortuni ripetuti. Al di là dell'aspetto fisico, però, la sensazione è stata quella di un trapianto non riuscito per rigetto. La Spagna del tiki-taka è diventata grande senza un vero 'nueve' e ha tollerato la presenza di Torres. Diego Costa (insultato e fischiato dai brasiliani che lo considerano un traditore) non ha scaldato gli animi del blocco del Barcellona e non ha fatto breccia in quello del Real Madrid. Anche lui è uno dei simboli del fallimento di una nazionale che ha stabilito un record poco invidiabile, essendo la prima campione in carica a perdere le due gare iniziali nel Mondiale successivo. Il paradosso è che succede nella stagione in cui il calcio spagnolo ha dominato, celebrando una finale tutta madrilena a Lisbona e conquistando l'Europa League. I segnali del cedimento delle colonne erano, però, evidenti da mesi. Averli ignorati è stato l'errore che ha condannato gli ex campioni di tutto.

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Giovanni Capuano