Roma, fallimento contro lo Spezia. Garcia a fine corsa
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Roma, fallimento contro lo Spezia. Garcia a fine corsa

Pallotta furioso si dice "disgustato". Vertice notturno per decidere il destino del tecnico: verso un Lippi traghettatore

Mai come questa volta hanno avuto ragione gli assenti, ovvero tutti gli altri rispetto ai 7.167 che si sono presentati all'Olimpico in un pomeriggio feriale per Roma-Spezia di Coppa Italia. I giallorossi sono fuori dalla coppa nazionale. Garcia ha fallito il primo obiettivo della stagione, quello cui alla vigilia aveva giurato di tenere per cercare di dare prospettiva di successo a una squadra sotto choc dopo un mese terribile. Parole vane.

Ai quarti di finale va lo Spezia di Mimmo Di Carlo e sarà una sfida storica contro l'Alessandria giustiziera del Genoa dopo aver fatto fuori anche il Palermo. Qualificazione meritate da parte degli outsider, perchè se nemmeno con la formula protetta per le big la Roma è in grado di non cadere, allora ogni ragionamento sul futuro è lecito.

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Verso Lippi traghettatore (ma il sogno è Conte)

il dopo partita è stato all'insegna del silenzio e delle telefonate. Nessun dirigente a garantire sul futuro di Garcia e Pallotta furioso che da Boston ha fatto sapere di essere "disgustato" per lo spettacolo offerto in campo dai suoi. Un tweet di scuse a nome della società, prima di mettersi in contatto con Baldissoni per decidere il futuro. Fortissima l'idea dell'esonero immediato per il francese, salvato fin qui da un contratto pesantissimo (2,7 milioni di euro) fino al 2018 e dalla voglia del club di non impegnarsi con un altro stipendio.

L'ipotesi è quella di un traghettatore per sei mesi in attesa di lanciare l'offensiva su Conte, che rimane il sogno della dirigenza romanista e che, però, non tratterà fino alla primavera. Lippi potrebbe accettare il contratto per poi avere o un'opzione automatica in caso di qualificazione alla Champions League oppure un ruolo nel club. Altrimenti i nomi sono altyri, ma costringerebbero a scelte drastiche e immediate.

Capello ha fatto sapere che non avrebbe nulla in contrario a mettersi in gioco nuovamente nella Capitale dopo la fine dell'esperienza da ct della Russia. Spalletti è praticamente libero e ha lasciato buoni ricordi all'Olimpico. Prandelli potrebbe tornare là dove è stato costretto a lasciare prima ancora di verificare la riuscita del suo lavoro. Mazzarri in passato era stato sondato ed è un profilo che potrebbe essere ideale per ottimizzare le forze a disposizione.

Ipotesi che sono sul tavolo di Sabatini e Pallotta, appena ripartito da Roma dopo la tre giorni in cui si è occupato pochissimo della parte tecnica e molto dei problemi societari. Adesso l'emergenza è diventata la panchina.

Roma, che strazio: nemmeno un filo di gioco

I 120 minuti contro lo Spezia hanno confermato quello che è chiaro da qualche settimana: la Roma non ha un filo di gioco in questa fase della stagione, si è involuta e non rende né contro le grandi né contro le piccola. Se il catenaccio del San Paolo poteva essere giustificato dalla necessità di non perdere contro una squadra superiore, le (quasi) zero occasioni create contro lo Spezia non hanno spiegazione.

E dire che Garcia non aveva esagerato con il turn over e che a gara in corso ci ha provato inserendo Florenzi, De Rossi e Digne. Tutto inutile. La reazione è stata inesistente e l'eliminazione è la conseguenza della totale assenza di idee. Preoccupante per chi ha sulla carta uno dei migliori reparti di centrocampo d'Italia e può vantare opzioni non disprezzabili in attacco.

Le colpe di Garcia

Il pomeriggio per certi versi storico dell'Olimpico segna il game over per Garcia. E' un problema di tempi e, anche se si dovesse proseguire trascinandosi fino alla fine della stagione, il destino del francese è segnato. Rudi ha sbagliato tantissimo nelle ultime due stagioni e si è mangiato tutto il credito accumulato nella prima quando, per usare parole sue, era stato capace di rimettere la chiesa al centro del villaggio.

Gioco prevedibile e senza variazioni sul tema, proclami sempre disattesi e strategia comunicativa carente: o troppo sbilanciata nell'ottimismo, oppure depressa come nella vigilia di Barcellona, con la squadra consegnata anche a parole a un avversario nettamente superiore. La Roma ha dimostrato di non essere migliorata nemmeno dopo un mercato importante, almeno per l'attacco: Dzeko, ad esempio, continua a essere un corpo estraneo rispetto al resto dei compagni.

Le colpe della società

In una stagione che a metà dicembre vede una protagonista già staccata in campionato (-7 dalla vetta), fuori dalla Coppa Italia e avanti quasi per caso in Champions League, le responsabilità non possono essere ovviamente tutte del tecnico. La società ha certamente sottovalutato il peso di iniziare l'anno con un tecnico delegittimato in panchina e di non poterlo (volerlo) esonerare perché in possesso di un contratto lunghissimo e costoso.

Poi c'è il mercato, fatto senza badare a spese in attacco e tirato al centesimo in difesa. In tre estati sono partiti Marquinhos, Benatia e Romagnoli portando nelle casse della Roma quasi 90 milioni di euro e una vagonata di plusvalenze. A fine agosto, però, quando Garcia cheideva a gran voce due centrali la risposta è stato Gyomber dal Catania, sottovalutando la difficoltà di ripresa di Castan e i limiti di Rudiger.

A centrocampo manca un vice Strootman e anche l'olandese era un profilo fisico ad altissimo rischio. Il risultato finale è una squadra assemblata male, sbilanciata in avanti e che incassa troppo: 34 gol nelle prime 23 partite stagionali. A questo ritmo non basta nemmeno avere uno dei migliori attacchi del campionato per essere competitivi.

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Giovanni Capuano