Non è un paese per top player
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Non è un paese per top player

Le dichiarazioni di Mino Raiola riassumono la situazione del calcio italiano. E' la svolta epocale per un campionato che si ridimensiona

La serie A saluta Ibrahimovic e Thiago Silva e si ritrova con un campionato privo di top player. Parola di Mino Raiola, l'agente che può permettersi di dire ciò che i dirigenti pensano ma non possono esternare. Il cambio epocale nelle gerarchie del calcio europeo passa dal potere economico degli investitori arabi, mai affascinati dal business delle nostre società. La crisi economica è riassunta dalla scelta del Milan, pronto ad impacchettare i suoi fuoriclasse per cifre obiettivamente irrinunciabili. La serie A è diventata un supermarket, nessuno è incedibile. L'esempio lampante di quanto la liquidità sia una priorità arriva dalla Fiorentina, pronta a puntare su Behrami come uomo immagine della nuova stagione per poi cederlo senza remore all'offerta di De Laurentiis. Ma anche il Napoli è un club che non può resistere alle cifre con sei zeri e dopo Lavezzi anche Hamsik è nel mirino dei grandi club.

"Ribadisco, in Italia non arriveranno top player, ancora più difficilmente a Napoli. Il sud d'Italia in Europa fa paura, fa paura non la conoscono bene, ci sono preconcetti. Facciamo un esempio clamoroso: oggi, un Messi o un Ronaldo non verrebbero mai a Napoli. Il mondo è cambiato, in Italia non ce ne siamo accorti. Il Brasile non è più paese di terzo mondo, gli Arabi non vivono più nelle tende, in India non ci sono solo i poveri ed i Cina non ci sono solo i comunisti. La Ligue 1 sta investendo, la Premier League è un marchio assoluto con club di certo valore e grandi giocatori. Poi, oggi, non si guarda più al campionato dove giochi, ma al singolo club. Ed il PSG ed il Manchester City oggi sono quelli più interessanti. Poi ci sono Real Madrid e Barcellona che si dovranno mettere in riga, non avranno più il predominio fiscale e finanziario e dovranno affrontare la concorrenza di questi grandi gruppi arabi che vogliono vincere tutto" ha spiegato Raiola.

È la diaspora dei fuoriclasse, un lusso che il calcio italiano non si può più permettere. Più che fair play economico si deve parlare di crisi economica, epurazione di spese eccessive e giudicate superflue, in linea con la situazione politica del governo Monti. Sorprende anche l'insostenibilità degli ingaggi siglati solo pochi mesi prima. Da Ibra a Thiago Silva passando per Julio Cesar, Maicon, Thiago Motta e diversi altri l'obiettivo delle grandi società è quello di liberarsi il più possibile dai giocatori con ingaggi da record. Il periodo della vacche grasse è finito e il futuro sembra destinato a vedere la serie A come serbatoio dei principali campionati europei. E non crediamo alla storia del "gran giocatore" in arrivo a Torino. Nelle ultime ore si parla di un'offerta dei bianconeri di 7  milioni di euro all'anno. Ridicolo, irreale. Forse arriverà Jovetic, se il Chelsea non arriverà prima. In poco tempo hanno salutato il campionato giocatori come Ibra, Thiago Silva, Eto'o, Thiago Motta e giovani come Balotelli e Verratti. Resta poca roba, Hamsik, Jovetic, Sneijder, Boateng. Tutto in saldo, nessuno incedibile. La nuova serie A riparte da un governo tecnico che vuole limitare le spese. La verità non passa però per voce di un presidente come Monti bensì per Mino Raiola, killer che uccide con la schietta verità in pieno stile "Non è un paese per vecchi", il film del 2007 dei fratelli Coen.

"Negli anni d'oro in Italia non abbiamo costruito niente. Né stadi, né centri sportivi, non abbiamo approntato le misure prese in Germania ed Inghilterra. La FIGC non è neppure riuscita a prendere un Campionato Europeo per intenderci. Da italiani dobbiamo avere il coraggio di criticarla per migliorarla. Lo dico da emigrato. Se oggi propongo a un top player di venire a Napoli, lui cambia procuratore. A Napoli, ma non solo a Napoli: in Italia in generale non viene. Il PSG ha un progetto, un sogno ed un grande progetto per combattere contro le grandi realtà, con una grande città alle spalle".

Parole dure ma vere. E' finita l'epoca della Serie A e dell'Italia come terra dei sogni, ora tutti emigrano, calciatori e non.

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Matteo Politanò