La maglia del Monza contro il razzismo
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La maglia del Monza contro il razzismo

"Stop Racism" al posto dello sponsor: idea di marketing ma non solo per il club del presidente Armstrong-Emery. Che spiega qui la sua "filosofia di gioco"

Diffidenti di natura, tanti brianzoli non sanno ancora se considerare Mr. Anthony Armstrong-Emery l'uomo della provvidenza, arrivato nel maggio scorso a salvare e rilanciare l'ormai asfittico Monza, oppure etichettarlo come l'ennesimo "esotico" personaggio approdato alla guida di un club storico ma dal burrascoso recente passato che nel 2012 ha portato la squadra alla retrocessione in Lega Pro Seconda Divisione proprio nell'anno del centenario.

Da parte sua, l'imprenditore anglo-brasiliano (è presidente dell'EcoHouse Group, specializzato nella realizzazione di case low-cost) va però avanti imperterrito per la sua strada. E oltre a metterci letteralmente la faccia per la campagna abbonamenti (in cui compare nei panni dello Zio Sam con il celebre richiamo "I want you"), approfitta della conferenza-stampa di Playing for children - partita di beneficenza tra Nazionale piloti e Team Sky in programma mercoledì 4 settembre a margine del GP di F1 - per annunciare che il suo Monza rinuncerà per tutta la stagione al primo sponsor sulla maglia per ospitare lo slogan "Stop Racism". 

Mossa strategica di comunicazione, alla quale però non si può non applaudire. Con la voglia di saperne di più sul modo di approcciarsi al calcio del presidente del Monza...

Mr. Armstrong-Emery, a quanti soldi rinunciate per ospitare la scritta "Stop Racism" sulla maglia?

"Diciamo 800 mila euro l'anno, ma credo che l'investimento ci tornerà indietro in un altro modo. E in ogni caso questa decisione è diretta conseguenza del mio modo di vedere le cose: una squadra di calcio deve essere parte attiva della sua comunità e giocare ogni volta non solo per il risultato. Così, ogni volta che scenderemo in campo quella scritta sarà sotto gli occhi di tutti, calciatori e in campo e tifosi sugli spalti, e mi auguro che contribuisca in modo determinante a combattere il razzismo non solo all'interno degli stadi".

Perché ha scelto di investire proprio nel Monza e non magari in una squadra di categoria superiore?

"Perché non ho acquistato un club per soddisfare il mio ego, ma per sviluppare un progetto negli anni. E in questo senso credo che Monza, intesa come città e territorio, offra le migliori possibilità: ha il giusto contesto economico, è conosciuta nel mondo per via della F1 e lo stesso club ha una tradizione calcistica importante. Credo insomma ci siano tutte le condizioni per un futuro di successi".

Hanno scritto che Lei vuole trasformare il Monza in un "piccolo Chelsea": conferma?

"No, non è proprio così (ride, ndr). Credo l'abbiano scritto perché sono inglese e perché in Premier League faccio appunto il tifo per il Chelsea, ma penso che il Monza debba essere il Monza e basta. Con un progetto però che lo faccia crescere e soprattutto lo riporti all'interno della comunità di cui fa parte".

Cosa intendete fare in questo senso?

"La mia idea è che lo stadio debba essere un luogo dove le famiglie vanno a divertirsi e che la partita debba ogni volta essere soprattutto un 'family day'. Ritengo che anche in questo senso Monza sia il posto giusto per provarci: abbiamo già iniziato a rendere più accogliente il nostro 'Brianteo' e ci proponiamo di sviluppare tutta una serie di iniziative - anche nelle scuole - per portare sempre più genitori e figli allo stadio. L'ho detto anche ai nostri ultras quando li ho incontrati: il tifo della curva è fondamentale, ma dev'essere positivo, fatto di cori e non di insulti per coinvolgere anche tutti gli altri spettatori".

In tutto questo c'è spazio anche per le ambizioni agonistiche? In altre parole, dove pensa di poter arrivare?

"Come no! Il fatto di pensare al contesto sociale non esclude l'agonismo: nessuno segue una squadra solo perché è simpatica, nel calcio - come nello sport in generale - vincere è fondamentale per avere seguito. Bisogna però fare un passo alla volta: ogni stagione ha il suo obiettivo e il nostro attuale è quello di salire in Lega Pro Prima Divisione. Dopo di che penseremo alla B e poi chissà... perché mai porsi dei limiti?".

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Paolo Corio