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E nel Mondiale delle stelle godono anche gli sponsor...

Messi, Neymar, Robben che trascinano le loro nazionali, Ronaldo e Honda in difficoltà. Ecco come si gioca l'altra Coppa, quella che vale centinaia di milioni di euro

Quanto vale un gol di Messi all'Iran? O le magie di Neymar contro il Camerun? Una montagna di soldi difficile da stimare, ma che nei prossimi mesi finirà nelle tasche dei protagonisti del Mondiale e che già oggi sta rendendo felice chi ha investito denaro e il proprio marchio sui fuoriclasse sbarcati in Brasile. Benvenuti all'altro Mondiale, quello che non si gioca in campo, ma che vale allo stesso modo (se non di più) della manifestazione organizzata dalla Fifa che da sola mette insieme un fatturato superiore ai 4 miliardi di euro. A Rio e dintorni sono centinaia gli uomini marketing segnalati, un po' per godersi lo spettacolo e un po' per fare due conti sui propri investimenti.

E' stato fin qui il Mondiale delle stelle, nel bene e nel male. E' vero che alla fine per vincere serve sempre la squadra, come dimostra la lunga storia del calcio e come appare anche guardando le parabole del Cile, della Colombia e di tante sorprese che stanno animando la Coppa. Però è indubbio che, mai come questa volta, le stelle stiano facendo la differenza: Messi con i suoi gioielli copre le difficoltà dell'Argentina, Neymar si sta caricando il peso di un'intera nazionale sulle spalle impreziosite dalla '10' di Pelé, Robben e Van Persie sono il volto bello dell'Olanda. A loro sta andando bene e, insieme a loro, stanno vincendo anche sponsor e marchi che si sono legati all'immagine di questi fuoriclasse planetari, in campo e nel marketing. Quanto valgano le loro prodezze lo scopriremo poi, ma si tratta di cifre a sei zeri se è vero che - solo restando al 2013 - parliamo di sportivi che ormai incassano molto più dai rapporti commerciali personali che con l'ingaggio dei rispettivi club.

Gli oltre 20 milioni di euro all'anno che Messi riceve dai proprio sponsor (una dozzina in tutto il mondo) o i circa 15 che arricchiscono Cristiano Ronaldo e Neymar non sono regali a fondo perduto. L'immagine della Pulce che schianta l'Iran giustifica qualsiasi investimento pubblicitario perché non c'è nulla come il Mondiale che abbia una cassa di risonanza planetaria. Il paradosso, però, è che un Mondiale vissuto da spettatore, come Ibrahimovic e Bale, oppure giocato al di sotto delle attese, come quello di CR7, non indebolisce in maniera significativa il 'brand' dei campioni. "Il valore commerciale dei campioni è intrinseco e dipende da molti fattori di cui quello tecnico è solo una componente - spiega il professore Dino Ruta, docente Sda Bocconi -. L'esempio è proprio Ronaldo che ha un suo valore a prescindere dai risultati del Portogallo, oppure Ibrahimovic che è uno dei tre-quattro marchi più diffusi a livello mondiale anche se con la sua Svezia non è nemmeno presente in Brasile".

Comunque vada sarà un successo, insomma. Discorso che si può allargare ad altri potenziali fallimento della Coppa 2014 come Rooney, che è uomo simbolo della Nike, oppure Honda. Il giapponese è un caso scuola di come l'immagine conti a volte più del risultato sul campo: nel 2013 ha guadagnato circa 10 milioni di euro di cui solo il 25% da ingaggio. Il resto sono sponsor e attività commerciali proseguite malgrado le difficoltà degli ultimi mesi prima a Mosca e poi nel Milan, dove ha fatto tanta panchina. Il Mondiale non l'ha certo rilanciato, ma rimane uno dei veicoli pubblicitari più ricercati ed apprezzati per il made in Japan. L'ultima considerazione è sui talenti emergenti. Davvero il Mondiale può cambiare la vita di qualche aspirante campione? "E' una vetrina tecnica eccezionale e dà visibilità a livello planetario - spiega il professor Ruta -, ma che una buona prestazione si trasformi subito in brand spendibile dal punto di vista commerciale non è detto. Perché accada serve continuità e, soprattutto, c'è bisogno che il calciatore in questione abbia una sua personalità spendibile sul mercato". Segnare il gol della vita non basta, insomma. L'altro Mondiale ha logiche spesso differenti da quelle calcistiche.

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Giovanni Capuano