Malgioglio: "Ripartiamo dai valori per vincere in campo e fuori"
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Malgioglio: "Ripartiamo dai valori per vincere in campo e fuori"

Per l'ex "vice" di Zenga, da sempre impegnato nel sociale, lealtà e solidarietà sono oggi più indispensabili che mai

"Sono sempre Tito lo stesso". Astutillo Malgioglio, 57 anni, di Piacenza, potrebbe riadattare su si sé la famosa canzone di Luca Carboni. Personaggio anomalo per il mondo del calcio con le sue energie migliori spese al servizio degli ultimi, fondando l'associazione Era 77 per l'assistenza ai disabili. Tito era un portiere dalle grandi potenzialità (a Brescia l'hanno eletto il portiere delle "rondinelle" più forte di tutti i tempi) che ha sempre anteposto la sua scala di valori al successo. "Alla fine ho reso meno di quanto potevo, perché, sbagliando, ho dato il massimo solo dove mi sentivo a mio agio. Sono comunque felice, ringrazio Dio per quello che mi ha dato".

La prima riflessione è su Parigi. "Siamo sempre stati attraversati dai conflitti. Bianchi contro neri, bianchi contro gialli, Nord contro Sud, cattolici contro ortodossi, ora l'Islam. Spesso le descrivono come guerre di religione, ma sono guerre di potere. Nel mondo, per fortuna, ci sono tanti santi, persone che ci comunicano dei messaggi positivi. Dobbiamo saperli raccogliere e impegnarci in prima persona, sporcandoci le mani. Gli occhi per guardare li abbiamo e non possiamo restare indifferenti. Il calcio? sì può essere un bersaglio per la risonanza, ma deve tornare ad essere portatore di valori come la lealtà, la solidarietà, l'agonismo limitato ai 90 minuti. Solo così possiamo battere la paura".

Quando Tito calcava i campi di Serie A, le squadre erano quasi tutte formate da italiani, da poco erano state riaperte le frontiere. Oggi in molte formazioni, Inter in primis, si fa fatica a trovare gli italiani. "Sarebbe una bella cosa quella dello scambio di culture, del confronto con mondi diversi, in realtà però alla fine si formano dei piccoli clan, dove i giocatori stranieri si chiudono nel proprio gruppo, ma l'errore è nostro, che non riusciamo ad aiutarli, a spiegare la nostra cultura, le nostre radici". 

All'Inter Tito trascorre cinque stagioni come vice di Walter Zenga ("il più forte portiere della storia dell'Inter"), a volerlo è Giovanni Trapattoni. Malgioglio aveva annunciato di voler lasciare il calcio dopo l'orrendo episodio dell'Olimpico quando i tifosi laziali esposero lo striscione "Malgioglio tornatene dai tuoi mostri". Lui rispose sputando sulla maglia. "Fui presuntuoso, pensando di poter difendere chi non aveva voce per farlo. La contestazione che ne scaturì fu così violenta che si arrivò alla rescissione del contratto e Tito pensò, a 28 anni, di mollare tutto. Poi una telefonata. "Era Beltrami, il direttore sportivo dell'Inter che mi disse che Trapattoni voleva parlarmi. Inizialmente pensai a uno scherzo". Non lo era. Il Trap non girò intorno all'argomento e gli disse: "Tito, il calcio ha bisogno di persone come te". "Poteva dirmi, mi serve un secondo esperto per coprire le spalle a Zenga, invece no. Mi colpì tantissimo e negli anni all'Inter mi sono sempre sentito in debito con Trapattoni". 

Delle stagioni in nerazzurro Malgioglio parla volentieri. "Sono stati anni belli, ero benvoluto da tutti e tutti mi rispettavano molto, anche per il mio impegno fuori dal campo. Rappresentavo un po' un punto di riferimento. Diversi giocatori aderirono anche a iniziative sociali, in particolare Jurgen Klinsmann. "Una persona stupenda, abbiamo continuato a sentirci fino a quando è rimasto in Europa, ora che è in America non più".   

La conclusione fu un po' amara. "Avevo sempre un contratto annuale e tutte le volte Trapattoni mi rassicurava sul proseguimento per l'anno successivo. Conferma che non arrivò solo l'ultimo anno, quando cambiò proprio l'allenatore. Mi trovai così senza squadra all'improvviso. Sono certo che se fosse rimasto mi avrebbe confermato. Anche se non lo sento da tempo, il Trap avrà sempre un posto speciale nel mio cuore".

Tito, figlio di un sarto e una casalinga, aveva iniziato presto a calcare i campi di calcio importanti. A 17 anni alla Cremonese poi al Bologna. Anni di formazione importanti anche per delle figure di sostegno. "C'erano una volta delle persone di riferimento, io li chiamavo moralizzatori, nel mondo del calcio. Persone che ti seguivano negli studi, si preoccupavano del tuo inserimento nella città, cercavano di aiutarti. Ricordo con affetto il preparatore atletico Enzo Grandi a Bologna, che poi proseguì la sua carriera nella pallacanestro" A Tito non dispiacerebbe rientrare nel mondo del calcio con questo ruolo. "Se posso servire sono a disposizione, ma ormai ho sessant'anni e dubito che mi verrà qualcuno a cercare. Ad ogni modo, sono felice della mia vita e dell'impegno con la mia associazione Era 77 per le persone disabili. No, non sono io che aiuto loro, ma loro che aiutano me".

Nella carriera di Malgioglio c'è anche un piccolo aneddoto con Roberto Boninsegna, al quale è dedicato questo blog. Il 18 maggio 1980 Brescia e Verona si affrontano nella quart'ultima di campionato di serie B. Entrambi sono partiti con ambizioni di promozione, il Brescia è in piena corsa, il Verona invece è quasi fuori dai giochi. Rigore per il Verona, Bonimba, arrivato dalla Juventus in estate, va sul dischetto. Tito è un ragazzo, Bonimba è il bomber al crepuscolo. "Sogno di pararlo anche se lui è un giocatore fortissimo". Boninsegna tira fuori e la partita termina 0-0 con il Verona che entra in crisi e perde le ultime tre partite chiudendo lontano dalla vetta. Triste solitario y final per Boninsegna che lascia anche Verona per un'ultima stagione in serie D alla Viadanese. 





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Filippo Nassetti