Ma la super Juve di Champions non è una bella notizia per la serie A
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Ma la super Juve di Champions non è una bella notizia per la serie A

Il club di Agnelli sbanca l'Uefa: record di ricavi mentre le altre arrancano. E con i limiti del fair play finanziario colmare il gap sarà difficilissimo

L'esplosione della Juventus in Champions League è certamente una buona notizia per il calcio italiano, perchè restituisce una nostra squadra al massimo livello europeo come non accadeva da un lustro ed è accompagnata da una egualmente importante crescita economica. Quello del club di Agnelli non è l'exploit estemporaneo di chi azzecca una stagione sopra le righe e nemmeno il canto del cigno di un gruppo che non ha un domani. La Juve lavora da un triennio alla costruzione del progetto e la curva sarà in crescita anche a partire dalla prossima stagione, sia dal punto di vista sportivo che da quello delle dimensioni della società.

Al 30 giugno si chiuderà, ad esempio, un bilancio che per la prima volta nella storia segnerà fatturati al netto delle plusvalenze superiori ai 300 milioni di euro; siamo ancora lontani dalle dimensioni delle big europee, che corteggiano il mezzo miliardo, ma la strada intrapresa è virtuosa e alcuni contratti commerciali già firmati e in partenza dal mese di luglio garantiscono un ulteriore salto di qualità anche nel caso non dovesse ripetersi una stagione così fruttuosa in Europa, dove conta la bravura ma anche la fortuna sotto forma di eliminazioni precoci degli altri club del tuo paese così da lasciare sul tavolo una fetta sempre più grande del market pool.

Juve, boom di ricavi: oltre 300 milioni grazie alla Champions League

Fin qui le belle notizie. Poi, però, arrivano quelle negative perché la crescita della Juventus non si accompagna a quella del sistema italiano. Conte prima e Allegri poi hanno creato una macchina capace di dominare gli ultimi tre campionati (il primo dell'era Conte è arrivato quasi di sorpresa) infliggendo distacchi abissali alle avversarie. La crisi di Milano non pare vicina a una soluzione e il combinato della riccchezza quasi esagerata che distribuisce la Champions League con i divieti di investimento del fair play finanziario limita di molto le possibilità di risalire a breve.

Nelle ultime tre stagioni la Juventus ha incassato dall'Uefa 188 milioni di euro tra premi e market pool che possono arrivare a 200 e che sono almeno una trentina di più considerando il botteghino. Nello stesso periodo il Milan si è fermato a 88, le altre ne hanno presi meno e l'Inter una manciata da questa Europa League. Un tesoro che Agnelli investirà per rendere ancora più forte la sua Juve mentre le altre dovranno correre con il freno a mano tirato. Anche volessero buttare sul tavolo una valanga di milioni, ad esempio, gli eventuali nuovi proprietari del Milan non potrebbero farlo.

Il rischio concreto è una dittatura che nel medio periodo uccida la serie A, almeno al vertice. Non è colpa della Juve - che per tornare grande ha stanziato grandi somme tanto da aver chiuso gli ultimi quattro bilanci con un rosso complessivo di 166 milioni -, ma il risultato delle politiche di Platini. Il divario non è solo tra le big d'Europa e le altre, ma anche dentro i singoli tornei nazionali.

Non è un caso che l'albo d'oro della serie A dell'ultimo decennio sia strutturato con due grandi cicli: Inter post Calciopoli e adesso la Juventus con in mezzo un cameo del Milan. Nel decennio precedente (1994-2004) la situazione era molto più fluida: Juventus, Milan, Roma e Lazio tricolori con al massimo due successi di fila. Dunque applausi alla Juve, ma la serie A ha bisogno anche di altro per non rassegnarsi a lunghe corse solitarie dei bianconeri in testa alla classifica. Platini rifletta: il suo sistema ha bisogno di una riforma.

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Giovanni Capuano