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Juventus: tutti i 32 scudetti dal 1905 al 2016 - fotostory

Dal primo Campionato vinto alla doppietta firmata Allegri: il racconto, tricolore dopo tricolore, dell'epopea bianconera

"Puoi imparare una riga dalla vittoria e un libro dalla sconfitta". Pare lo ripetesse spesso Paul Brown, pluridecorato allenatore di football americano negli anni Cinquanta. E' la sintesi più intensa di quanto è capitato alla Juventus di Max Allegri nella stagione del suo 32° scudetto. La squadra bianconera, reduce da un filotto di quattro titoli, si è presentata al via del campionato scarica di motivazioni e di entusiasmo.

Via Tevez, Vidal e Pirlo, era necessario rivedere le teorie tattiche che tanto bene avevano funzionato negli anni precedenti. Ma il percorso non è stato facile, tutt'altro, e il campo, come prevedibile, ha presentato il conto: quattro sconfitte, tre pareggi e tre vittorie nelle prime dieci giornate. Un mezzo fallimento, forse di più. Poi, qualcosa è cambiato. La vecchia guardia, guidata da Gigi Buffon, ha richiamato all'ordine i nuovi arrivati, chiedendo loro di dimostrare le ragioni del loro valore. Messaggio ricevuto e applicato. Da quel momento, la Juve torna a ruggire e non si ferma più, mentre il Napoli perde terreno e alza le mani in segno di resa. Sembrava impossibile, e invece è successo.

Partita dopo partita, vittoria dopo vittoria, "il gruppo è diventato squadra" (Allegri) e il tricolore una piacevolissima realtà. Come nelle 31 occasioni precedenti, di cui vi diamo conto nelle schede che seguono. 

1905 - Il numero uno

Foto di squadra della Juventus 1905

Il primo tricolore non si scorda mai. La Juventus sale sul trono della Serie A nell'edizione numero 8 del campionato. Siamo all'abc del torneo. Partecipano 6 squadre, divise in tre gruppi: Liguria, Piemonte e Lombardia. Le migliori tre passano al girone cosiddetto nazionale. Partite di andata e ritorno, vince chi fa più punti. I bianconeri battono due volte l'Unione sportiva Milanese e pareggiano due volte con il Genoa. Sei punti contro i cinque raccolti dai rossoblù. Nella squadra campione d'Italia giocano, tra gli altri, l'attaccante-avvocato Domenico Donna, il socio-fondatore del club Luigi Forlano e l'ingegnere Carlo Vittorio Varetti.

1925-26 - Hirzer, dall'Ungheria per il tricolore

Juventus 1925-26

Proprio così. Per tagliare il traguardo del secondo scudetto la Juve deve aspettare vent'anni. Vi riesce al termine di un percorso infinito che prevede leghe (due, Nord e Sud), gironi e sezioni. Due i passaggi-chiave. La vittoria sul Bologna campione uscente al terzo tentativo, perché i primi due si erano conclusi con un pareggio. Quindi, il trionfo decisivo sull'Alba Roma nella doppia sfida che vale il titolo. Si gioca in piena estate. Andata a Torino l'otto agosto: 7-1 Juve. Ritorno a Roma il 22 agosto: 5-0 Juve. Il bomber della squadra campione d'Italia (35 reti) è un ungherese, si chiama Ferenc Hirzer. 

1930-35 - I cinque scudetti di fila

Juventus 1931-32

Ovvero, la meraviglia confezionata da Carlo Carcano, ex mediano al servizio dell'Alessandria, poi tecnico settebellezze fedele al "metodo" del fu Vittorio Pozzo al timone dell'incrociatore bianconero. Cinque anni, cinque scudetti. I numeri complessivi dell'impresa, che spettacolo: 115 vittorie, 30 pareggi, 21 sconfitte, 384 reti fatti, 151 reti subite. Juve straripante, avversari (leggi Roma, Bologna, Inter su tutti) colpiti e affondati. Protagonisti della cavalcata da primato, campioni senza tempo come Raimundo Orsi, Virginio Rosetta, Luis Monti, Gianpiero Combi, Renato Cesarini, Umberto Caligaris, Giovanni Ferrari, Felice Borel II. Carcano nella storia, pure se tradito da uno scandalo a sfondo sessuale che lo costrinse a lasciare la panchina nel mezzo della quinta stagione. 

1949-50 - Carver vara la zona in bianconero

Jesse Carver

Chiusa tra le lacrime dello sport internazionale la lunga e gloriosa avventura del Grande Torino, si (ri)fanno avanti le due milanesi e la Juve, che vuole fortissimamente tornare sul tetto d'Italia dopo 15 anni. A dettare le regole del gioco ai bianconeri, l'inglese Jesse Carver, primo teorico della zona. La squadra piemontese si aggrappa al primo posto al termine della giornata numero 3 e non lo molla più. Anche se il Milan del trio di supereroi svedesi Gren-Nordahl-Liedholm è un rullo compressore. La conferma arriva il 5 febbraio, al Comunale, in occasione della prima partita del calcio italiano trasmessa in televisione. Finisce 7-1 per i rossoneri: crollo, non sconfitta. Che viene però chiusa in un cassetto nelle otto gare successive, vinte tutte, vinte bene. E' la Juve, tra gli altri, di John Hansen e Giampiero Boniperti. 

1951-52 - Hansen e Boniperti, la soluzione

Muccinelli, Boniperti e Hansen

Edizione numero 50 del campionato italiano e scudetto numero 9 per la Torino in bianconero. Inizio in salita per la Juve. Carver viene allontanato in pieno ritiro perché opposto e contrario al mercato della società e pallino che passa tra le mani prima della coppia Combi-Bertolini, quindi dell'ungherese György Sárosi, bomber da applausi dei tempi che furono. Il Milan corre, la Juve di più. Il sorpasso che segna il ribaltone in classifica e determina il tricolore arriva alla giornata 14. La Juve vince in casa contro il Palermo, il Milan perde a Bergamo con l'Atalanta. Hansen trionfa (prima e unica volta) nella graduatoria dei marcatori con 30 reti. Boniperti si ripete, incanta e seduce. E vince il secondo dei suoi cinque scudetti zebrati.

1957-58 - La prima stella

Omar Sivori

Per fare dieci, la Juve si affida all'allenatore serbo Ljubiša Brocic, ex condottiero di Stella Rossa e PSV Eindhoven, e alla coppia di attaccanti tutta da scoprire John Charles-Omar Sivori. Ed è subito furore. I bianconeri vincono le prime sei partite e non si fermano più. Dietro, scalpitano la Fiorentina di Fulvio Bernardini e il Padova del Paròn Rocco, ma la differenza c'è, si vede e diventa poesia. Charles è un gladiatore: in area è inarrestabile, dove passa lui non cresce più l'erba. Sivori brilla di luce propria. Ogni movimento, una magia. Ogni gol, una mirabilia. La Juve incassa la prima stella della sua storia e guarda al cielo con la consapevolezza di avere gli uomini per andare lontano. 

1959-61 - Parola fa la doppietta

Carlo Parola e la sua rovesciata

L'uomo della rovesciata indica la strada, la Juve prende nota e vince. Carlo Parola, assiduo frequentatore della chilena in salsa italiana, torna in bianconero per guidare la banda di fuoriclasse che prende le mosse (e i numeri) dal talento e dalla voracità offensiva del trio Boniperti-Charles-Sivori. Lo scudetto numero 11 non è mai in discussione. Sei vittorie nelle prime sette gare, chi segue, vedi Fiorentina e Milan, non regge il ritmo e alza bandiera bianca. Quello successivo è un'insalata di emozioni e tormenti. Sesta al giro di boa di fine anno e distante punti e sudore dall'Inter di Helenio Herrera, riparte di slancio ai primi di febbraio, quando sulla panchina bianconera inizia il sodalizio tra Parola e lo svedese Gunnar Gren. Il 16 aprile, il terremoto. Al Comunale di Torino si gioca Juve-Inter, poi sospesa per l'ingresso in campo di tifosi entrati senza biglietto: è 2-0 Inter a tavolino. Anzi, no. La CAF cambia idea e decide di fare il bis: gara da ripetere. I neroazzurri non ci stanno e per protesta schierano in campo la Primavera. Finisce 9-1 per Sivori (6 gol in quella partita) e compagni. E' aggancio e sorpasso. E scudetto. 

1966-67 - Heriberto batte Helenio

Heriberto Herrera

Due Herrera due: Helenio (HH) il neroazzurro contro Heriberto (HH2) il bianconero, una sfida lunga un campionato. Sulla panchina dell'Inter siede ancora il notissimo Helenio, detto "Il mago", un motivatore da far scuola, il teorico del pressing asfissiante, argentino per natali, francese per passaporto: tre scudetti e due Coppe dei Campioni alla guida dell'Inter. Alla Juve era sbarcato nel '64 il paraguaiano Heriberto, arcigno e severo come il suo credo calcistico, titolare della Coppa America del '53 e di una Coppa Italia con i piemontesi. E' un testa a testa che inizia a settembre e finisce il primo di giugno. L'epilogo si consuma all'ultima giornata ed è da brividi. L'Inter, reduce dal k.o. nella finale della Coppa dei Campioni con il Celtic, perde a Mantova, mentre la Juve, sotto di un punto prima degli ultimi 90 minuti, batte (e fa retrocedere) la Lazio. Heriberto in trionfo, Helenio in ginocchio. 

1971-73 - Vycpálek, da Praga per la Signora

Cestmír Vycpálek

Dalla Juve alla Juve dopo cinque anni di attesa. Nel mezzo, Milan, Fiorentina, Cagliari e Inter. La doppietta che vale i titoli 14 e 15 porta la firma di un ex di ritorno, il ceco Cestmír Vycpálek, centrocampista in bianconero nella stagione 1946-47. Il confronto per il tricolore è serratissimo e carico di sfumature e imprevisti in entrambe le stagioni. Nella prima, bianconeri costretti al confronto continuo e pressante con il Milan di Rivera, il Torino di Bui e il Cagliari di Riva. A fine marzo, giornata numero 23, uno dei passaggi-chiave. Il Torino vince il derby, ma i rossoneri non vanno oltre il pari a Mantova, poi retrocesso. La classifica finale dice Juve 43, Milan e Torino 42. Bettega è fermo ai box per la pleurite, mentre Anastasi gioca e segna. La stagione successiva è un altro ballo a tre: ancora Milan, ma non c'è il Torino. Al suo posto, la Lazio. A una giornata dal rompete le righe, Juve e Lazio dietro al Milan di un punto. Chi vince, va in paradiso. Il vento tira a favore dei bianconeri, che battono la Roma all'Olimpico 2-1. Cadono male la Lazio, sconfitta a Napoli, e il Milan, superato dal Verona. José Altafini, anni 33, fa il giustiziere. Presenze poche, gol tanti. E decisivi. 

1974-75 - Altafini, l'uomo in più

José Altafini con Pelè

La Juventus dice sedici sotto il segno di Carlo Parola, al ritorno sulla panchina bianconera dopo la doppietta tricolore completata tredici anni prima, e di Gaetano Scirea, l'acquisto estivo che farà la storia del club piemontese. La Lazio campione uscente prova a confermarsi, ma si perde partita dopo partita. Al contrario del Napoli di Luis Vinicio, che si fa sotto e soffia sul collo della Juve fino allo scontro diretto del 6 aprile. Nell'occasione, è l'ex senza tempo José Altafini a chiudere partita e campionato. Perché da allora i bianconeri non si guarderanno più indietro. A Dino Zoff il record di presenze, a Oscar Damiani, quello delle reti (9) in salsa juventina. 

1976-78 - Arriva Trapattoni ed è subito festa

Giovanni Trapattoni

Sotto il segno del Trap. Giovanni Trapattoni, ex stella del Milan, sbarca a Torino come tecnico dopo un breve tirocinio in rossonero ed entra nel mito. Il primo scudetto dell'allenatore di Cusano Milanino, il 17° per la Juve, è tra i più emozionanti ed avvincenti della storia del calcio italiano. Il confronto senza sosta si consuma sotto la Mole Antonelliana: Torino contro Juventus, chi si ferma prima è perduto. Il passo falso decisivo lo compie la squadra granata, che a quattro giornate dal termine non va oltre il pari con la Lazio all'Olimpico. I bianconeri avanzano e non si fermano più. Cinquantuno punto a 50, sono i dettagli che fanno la storia. L'anno successivo la storia non si ripete. Perché la Juve sale in groppa al campionato al turno 13, spodestando il Milan, e non arriva mai a farsi mettere il sale sulla coda. Sorprende e conquista il Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, capocannoniere del torneo con 24 reti e futuro bianconero. Il verdetto finale non lascia spazio all'appello: Juve punti 44, Vicenza e Torino punti 39.

1980-82 - Roma e Fiorentina, non saranno più sorrisi

Il gol annullato al difensore romanista Turone in un Juventus-Roma del 10 maggio 1981, a TorinoANSA

La doppietta che conduce alla seconda stella bianconera nasce ancora sotto le direttive di Trapattoni, sempre più trascinatore e protagonista. La soluzione dello scudetto 1980-81 prende forma a cinque giornate dal traguardo. Tre squadre in vetta alla classifica, Juve, Roma e Napoli: tutto aperto, tutto possibile. Ma il clima è rovente. I bianconeri lamentano la squalifica di Bettega, mentre i giallorossi non trovano pace per la rete annullata a Maurizio Turone nello scontro diretto che metteva in palio il tricolore. Il capitolo finale si consuma al San Paolo di Napoli. La Juve vince 1-0 e comincia a far festa. La Roma chiuderà due punti dietro, tra mugugni che faranno giurisprudenza. Nel campionato seguente, è la Fiorentina a fare la voce grossa. La formazione viola impegna i bianconeri in un duello senza soluzione di continuità che si conclude negli ultimi novanta minuti di gioco. Il calendario manda il club toscano a fare visita al Cagliari e invita quello piemontese a fare gli onori di casa al Catanzaro. L'inizio di una tempesta senza fine. In Sardegna la gara non va oltre il pareggio (annullato un gol al viola Graziani per fallo precedente di Bertoni), in Piemonte vince la Juve su rigore realizzato da Liam Brady a 15 minuti dal 90'. Sulla tratta Firenze-Torino è odio vero. 

1983-84 - Platini batte Falcão

Platini anticipato da Matteoli e Piraccini durante l'incontro Inter-Juventus del 15 marzo 1987 ANSA ARCHIVIO

C'è sempre il Trap che dirige, non c'è più Zoff tra i pali. Il portierone friulano saluta il calcio giocato in estate e dice arrivederci ai colori bianconeri dopo 11 anni di fedelissima militanza. Al suo posto, il baffo che non perdona: Stefano Tacconi, provenienza Avellino. Il campionato è senza padroni fino all'inizio della primavera, quando Fiorentina e Torino perdono terreno, mentre Juve e Roma creano il vuoto. All'Olimpico di Roma, giornata numero 26, va in scena il confronto che decide la stagione. I giallorossi ci provano, i bianconeri resistono: finisce 0-0. Tre turni dopo la Juve festeggia lo scudetto numero 21 con una settimana di anticipo. Vince Michel Platini, capocannoniere con 20 reti, non perde Paulo Roberto Falcão, magnifico e immenso al servizio della Lupa. 

1985-86 - Il crollo giallorosso, la gloria bianconera

La formazione della Juventus nella stagione 1985-1986ANSA/ARCHIVIO

Otto vittorie nelle prime otto partite. La Juve ingrana la marcia e lascia le avversarie in preda a dubbi e rimorsi. Ma non sarà una passeggiata, tutt'altro. Al San Paolo di Napoli la prima doccia fredda: segna Diego Armando Maradona su punizione, bianconeri k.o. Al via del girone di ritorno, le battute d'arresto diventano un filotto e fanno tremare i polsi al Trap e al suo spogliatoio. La Roma torna prepotentemente in corsa e aggancia Platini e soci a due turni dalla conclusione del torneo. Poi, l'inspiegabile. I giallorossi crollano in casa (2-3) sotto i colpi di un Lecce già retrocesso, mentre i bianconeri, dati per prossimi alla resa, superano in casa il Milan. Fine dei giochi. Negli ultimi 90', Juve corsara a Lecce e Roma nel pallone a Como. E' lo scudetto numero 22, uno dei più travagliati di sempre per la Vecchia Signora. 

1994-95 - Vialli e Ravanelli, che coppia

Gianluca VialliAnsa

Nove anni nove. Tanto deve attendere la Juve prima di tornare sul tetto d'Italia. Nei bianconeri, cambia molto, moltissimo, fuori e dentro il campo. Gianni Agnelli passa i titoli del comando al fratello Umberto, Boniperti cede il timone della direzione sportiva alla triade Moggi-Giraudo-Bettega, mentre in panchina arriva dal Napoli il promettente Marcello Lippi, toscano dal sigaro facile. Bisogna tornare a vincere, il motto che si ascolta nello spogliatoio. E finisce proprio così, con i bianconeri che passano al comando della classifica alla 15a giornata e prendono il largo grazie all'esplosione carica di significati di tal Alessandro Del Piero, sostituto con grazia e meraviglia di Roberto Baggio, infortunatosi gravemente a fine novembre. La Juve vince lo scudetto 23 con dieci lunghezze di vantaggio sulla Lazio (Vialli e Ravanelli, la coppia del gol che vince e convince) e dà ufficialmente il via al confronto serrato con il Milan negli anni successivi. 

1996-98 - Zidane e quel gol negato a Ronaldo

Zinedine ZidaneClaudio Villa /Allsport

Ancora Juve, ancora Lippi, ancora Del Piero. Il 24° titolo prende la strada per Torino con un Zinedine Zidane in più nel motore. Il fantasista francese non incanta subito, ma quando comincia, grosso modo in direzione del girone di ritorno, la Vecchia Signora stacca il tagliando per l'ennesimo successo. A contendere la gloria ai bianconeri, il bellissimo Parma di Carlo Ancelotti, capace di una rincorsa entusiasmante che si spegne però in vista del traguardo. La classifica dice Juve 65, Parma 63, Inter 59. La squadra di Lippi sbaraglia la concorrenza senza avere un goleador: Del Piero, Vieri e Padovano si fermano infatti a quota 8 reti.
Il vento cambia l'anno dopo. Perché sale in cattedra a suon di gol (ben 21, il suo primato personale in campionato) il numero dieci che l'Avvocato battezzò Pinturicchio, che in coppia con il nuovo arrivato Filippo Inzaghi mette l'ancora al cammino vorticoso dell'Inter al giro di boa del torneo. Il 26 aprile, la rivoluzione. A Torino arrivano i neroazzurri che seguono di un punto in graduatoria. E' la partita che segna il campionato. Arbitra Piero Ceccarini di Livorno, finisce malissimo. L'Inter di Gigi Simoni invoca un rigore per l'intervento in area di Iuliano su Ronaldo, ma il direttore di gara nega e negherà. Vince la Juve, segna Del Piero. Fine delle trasmissioni.

2001-03 - Lippi ci riprova. E rivince con Del Piero

Alessandro Del PieroPATRICK HERTZOG/AFP/Getty Images

La seconda Juve di Marcello Lippi, che torna e vince, come in passato. L'estate 2001 definisce i contorni del nuovo fantamercato. Via Zidane al Real per 150 miliardi di lire e Inzaghi al Milan per 70, il club bianconero si rifà il look. Conferma Trezeguet e compra Buffon, Thuram, Nedved, Zenoni, Salas e sistema la squadra per gli anni a venire. La lotta per il vertice è serratissima. Sorprende il Chievo di Del Neri, ma sono la Roma e l'Inter gli avversari da battere per il tricolore. Per la Juve, è subito rincorsa. Dopo dieci giornate, il distacco dalla vetta (Chievo) è di otto punti. Dopo venti, si riduce a tre (Roma). L'epilogo, poi, pare un film di fantascienza. Alla vigilia dell'ultimo turno, la classifica vede al comando l'Inter con 69 punti. Seguono la Juve a 68 e la Roma a 67. Sono novanta minuti di paura per chi tifa neroazzurro. Perché succede l'irreparabile. L'Inter crolla contro la Lazio in trasferta (2-4), mentre la Juve raccoglie tre punti a Udine: è scudetto!
L'anno seguente il confronto tra i due club si rinnova, ma a tinte più sfumate, perché i bianconeri, pure se colpiti per la scomparsa dello storico presidente Gianni Agnelli, mettono il turbo nello scontro diretto del ritorno (3-0 a Torino), volano in testa alla classifica e non la lasciano più. Chiuderanno la stagione a più 7 sull'Inter e a più 11 sul Milan. Lippi firma il numero 27 e Del Piero continua a segnare (16 reti) e a far sognare.

2010-13 - Conte, allenatore da primato

Antonio ConteGIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images

V come vendetta. Per strappare la corona del campionato dalla testa delle due milanesi e per lavare, almeno in parte, l'onta della retrocessione forzata del 2006, il club bianconero, guidato dall'anno precedente da Andrea Agnelli, si affida in panchina all'ex capitano di lungo corso Antonio Conte, reduce dall'esperienza a Siena. Arrivano dal mercato Vidal, Pirlo, Vucinic, Lichtsteiner e Giaccherini, comincia il triennio d'oro. Prima stagione e primo scudetto da urlo: 84 punti sui 114 disponibili, frutto di 23 vittorie e 8 pareggi. La casella delle sconfitte dice zero. Soltanto il Milan regge l'urto fino alla fine, anche se nulla può contro il cammino straripante dei bianconeri. Capocannoniere Juve, Alessandro Matri: 10 gol, contro i 28 del rossonero Zlatan Ibrahimovic.
Qualche mese di pausa, poi si riparte. A Torino piangono ancora l'addio di Del Piero mentre si registra l'arrivo di tal Paul Pogba, talento tutto da scoprire. Il tempo di prendere le misure al nuovo torneo e la Juve torna più in alto di tutti. La giornata è la numero 8. I bianconeri piegano il Napoli 2-0 allo Stadium e non si fermano più. Saranno nove a fine campionato i punti di distacco dalla squadra partenopea, seconda classificata; il Milan è terzo a meno 15. La Juve vince ancora pur non avendo un bomber: Vucinic si ferma a 11 reti.
Lo scudetto della terza stella segna la definitiva consacrazione di Conte nel cuore dei tifosi juventini. E' la stagione, tra l'altro, dell'avvento di Carlos Tevez nel calcio italiano, della striscia da incanto di 12 vittorie consecutive, della tripla cifra a fine campionato e di tanti altri primati che sarà difficile eguagliare. La Roma prova a tenere il passo, ma non è possibile. Conte fa la tripletta, cuce la terza stella sul petto e poi toglie il disturbo per ragioni mai chiarite fino in fondo.

2014-15 - Allegri non sbaglia, Tevez si esalta

Massimiliano Allegri e Carlos TevezJONATHAN NACKSTRAND/AFP/Getty Images

Fuori Conte, dentro Allegri e la festa continua. Cambiando tanto e in tutte le zone del campo. Partono Peluso, Isla, Quagliarella, Giovinco (sessione invernale) e Vucinic; arrivano Evra, Coman, Isla, Pereyra, Romulo, Sturaro e Morata. Il regno bianconero in Italia è destinato al tramonto, dicono in molti a inizio stagione. E invece no, tutt'altro. Carlos Tevez risponde presente alle disposizioni del nuovo tecnico, segnando fiumi di reti (20 in campionato, 29 contanto anche le coppe), e i nuovi si integrano alla perfezione in un meccanismo perfetto che Allegri non cambia di un millimetro per buona parte della stagione. Sei vittorie nelle prime sei partite, la Juve si porta avanti da subito e non si fa più riprendere. Lo scudetto 31, lo dicono i numeri, non è mai in discussione. La classifica finale: Juve 87 punti, Roma 70, Lazio 69. Per i bianconeri, ventisei vittorie, nove pareggi, tre sconfitte, 72 reti fatte, 24 quelle subite. Un trionfo. Che vale il quarto titolo di fila. 

2015-16 - Dybala e la meravigliosa rincorsa

Paulo DybalaMARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images

Il quinto no, non si può fare. La sconfitta con l'Udinese, quindi il pari con il Chievo e quello con il Frosinone. Da fortezza inviolabile, lo Stadium diventa terreno di conquista per avversarie modeste. Allegri striglia la squadra, ma la classifica piange. Non ci sono più campioni del calibro come Tevez, Pirlo, Vidal, sostituiti da giocatori (vedi tra gli altri Dybala, Alex Sandro, Cuadrado, Khedira e Mandzukic) certamente bravi, ma tutti da interpretare a spasso con la Signora. Al termine dell'ottava giornata, Juve a meno nove da Fiorentina e Napoli, meno otto da Inter e Roma. Insomma, non va, non funziona, addio scudetto, addio primato. Il 28 ottobre, il k.o. che potrebbe/dovrebbe chiudere la pratica: Sassuolo-Juve 1-0, quarta sconfitta in dieci giornate. Lo spogliatoio si guarda allo specchio e Buffon non accetta il tracollo. Da quel momento, è rivoluzione. Meglio, restaurazione. La squadra bianconera non sbaglia più una partita. Vince, vince, vince. Quindici partite consecutive. Proprio allo Stadium, data 13 febbraio, la Juve supera il Napoli nella gara che vale la testa della classifica. Il quinto scudetto di fila sì, si può fare.

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Dario Pelizzari