Inzaghi e Mancini senza bacchetta magica. Juve, fuga decisiva?
tratto da Mediaset Premium
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Inzaghi e Mancini senza bacchetta magica. Juve, fuga decisiva?

Milan e Inter crollano ancora mentre la Roma perde di vista lo scudetto. Storie e personaggi della domenica di Eto'o, Mazzoleni e Pogba

Come previsto da pochi (non da tutti) il doppio impegno in trasferta a Palermo e Firenze mentre in contemporanea la Juventus ospitava allo Stadium le due Verona, rischia di aver dato una svolta al campionato. I bianconeri sono entrati nella doppia curva del calendario a +3 e ne sono usciti con il vantaggio più che raddoppiato e la sensazione di avere lo scudetto più che mai in mano. Non è nemmeno una questione numerica, essendoci in palio ancora 54 punti. E' che la Roma dell'ultimo mese e mezzo ha perso quasi tutte le sue certezze mentre la Juventus ha dimostrato di funzionare anche andando col pilota automatico. Un anno fa di questi tempi le lunghezze erano 8 e Garcia non si sarebbe mai più nemmeno avvicinato alla corazzata di Conte. Spiace dirlo, ma rischiamo di mandare in soffitta la lotta per il tricolore con quattro mesi d'anticipo. Non è un bene per nessuno, tifosi della Juventus esclusi ovviamente.

Il valore di Pogba

Probabilmente la Juventus vincerebbe anche senza Pogba, avendo la rosa più forte e una certa attitudine al successo. Però è indubbio che avere il francese in campo consente di vivere anche pomeriggi di diffusa mediocrità e poi festeggiare comunque i tre punti, potendoti presentare ai microfoni bacchettando i tuoi col cuore leggero di chi ha vinto. Allegri è un uomo fortunato, perché Pogba lui ce l'ha e gli altri no. Contro il Chievo è stata una delle Juve peggiori della stagione, ma alla fine rimane il successo con vista sulla fuga scudetto. Quello rifilato all'incolpevole Bizzarri è stato il gol numero 6 del giovane Paul, il quarto consecutivo. Poi c'è stato l'assist e tutto il resto, compresa la quotazione che cresce ogni volta che mette piede in campo. Tenerlo a giugno sarà sempre più difficile, ma non è questo il punto; la Juve saprà ricostruirsi anche senza di lui non essendo Allegri così rigido come Conte. L'importante è avere voglia di investire e idee sui come farlo, qualità che non sembrano mancare ad Agnelli e Marotta.

La pareggite di Garcia

La Roma non perde da una vita: 10 giornate. Bisogna tornare al 1° novembre (2-0 a Napoli) per trovare l'ultimo k.o. dei giallorossi che, però, da lì in poi sono andati con l'andatura a singhiozzo che nell'era dei tre punti equivale a stare quasi fermi. Quello di Firenze è stato il quinto pareggio nelle ultime 7 partite, il terzo consecutivo e, senza il gol di Astori e le polemiche intorno a Guida, sarebbe infilata in un tunnel di risultati negativi da far suonare quasi il campanello d'allarme. Garcia fa bene a non alzare bandiera bianca, però la verità numerica è sotto gli occhi di tutti e da domenica prossima la Roma comincia un nuovo torneo, con gli occhi anche rivolti indietro per evitare la beffa di una rimonta di Napoli, Lazio, Fiorentina o Sampdoria. Non è il caso di parlare di delusione, considerato che si tratta comunque di un campionato di altissimo livello, ma sarà il caso di chiedersi se sia stato fatto tutto perché ciò non accadesse. Ad esempio la gestione del mercato di gennaio, scivolato via senza rinforzi malgrado le richieste di Garcia. La società per prima ci ha creduto poco?

Milano, crollo senza fine

La fotografia del crollo del calcio milanese è nella testa bassa di Mancini e Inzaghi al termine delle partite di Inter e Milan. Oppure negli sguardi delusi colti nelle rispettive tribune, prima Galliani e poi Thohir. O, ancora, nei fischi che hanno accompagnato l'uscita dal campo dei nerazzurri e negli inviti a tirare fuori gli attributi riservati ai rossoneri. Copioni simili per una classifica identica: 26 punti e addio zona Champions League. Impossibile trovare chi dei due stia peggio. Lo scollamento con la propria storia è così profondo da consigliare solo riflessioni amare che portano alla vera immagine della crisi e, cioé, alla disaffezione del pubblico milanese. Ieri a San Siro c'erano 34.209 spettatori per Inter-Torino, in piena media Mancini e Mazzarri. Da inizio anno l'Inter ha smarrito per strada 94.487 presenze: un abisso. Altro che effetto-acquisti o altre cose da marketing. Siccome anche il Milan è sui minimi storici, viene da concludere che oggi il passato è così lontano da essere quasi perso nella memoria. Un giorno qualcuno potrà legittimamente chiedersi cosa mai sia servito alle due milanesi un impianto come il Meazza. Eppure c'è stato un tempo in cui si riempiva, anche in serie B...

La bacchetta magica di Pippo

Può darsi che Inzaghi riesca a salvare la panchina contro la Lazio in Coppa Italia. O che non sopravviva alla gelata di gennaio che l'ha bruciato, certamente non solo per colpe sue. Di sicuro la crisi del Milan si misura anche nell'incapacità di proteggere un tecnico giovane e promettente, sulle spalle del quale sono stati scaricati i problemi della (legittima) austerity in campagna acquisti salvo poi annunciare urbi et orbi che si giocava per il terzo posto. Una polpetta avvelenata simile a quella servita ad Allegri a fine agosto 2012 ("Adesso si deve preoccupare perché si deve giocare per lo scudetto") dopo aver salutato Ibra e Thiago Silva e imbarcato in extremis De Jong, Pazzini e Bojan. Questo Milan era fragile quasi quanto il suo allenatore e i discorsi motivazionali dei venerdì di Berlusconi invece che esaltarlo ne hanno intossicato i pensieri. Anche la gestione buonista dopo gli sfoghi di Muntari, El Shaarawy e la signora Pazzini, in attesa di capire che ne sarà di Mexes, non hanno rinforzato la posizione di Pippo. L'unico allenatore che ha letto su un giornale il suo capitano criticarne apertamente la conduzione senza che succedesse nulla.

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Mancini amato a prescindere

Anche Mancini sta attraversando il momento più buio da quando ha rimesso piede ad Appiano Gentile. I numeri sono impietosi e raccontano di una media peggiore rispetto a Mazzarri (1,11 contro 1,45 a partita), meno gol segnati e la stessa quantità di occasioni gettate al vento. Perdere in casa contro il Torino dopo aver pareggiato soffrendo ad Empoli è un peccato mortale, se hai la necessità vitale di rimontare sul terzo posto. Il buon Walter sarebbe stato sommerso di fischi, invece Roby può andare avanti così, spiegando di aver visto un'ottima Inter e di aver perso perché "il calcio è crudele". Lettura tutta sua: oltre a uno sterile e noioso possesso palla non si è ammirato molto, se non l'ammassare punte e mezze punte alla ricerca di un colpo risolutivo che non è arrivato. "Non so come, ma andremo in Champions" ha detto alla fine il Mancio. Al di là della professione di fede sarebbe interessante proprio capire il come: se lo chiede anche Thohir cui non porta bene la gita a San Siro. Intanto la Champions si allonata irrimediabilmente: Lazio, Samp (visti Eto'o e Muriel), Napoli e Fiorentina hanno le carte in tavola per continuare la corsa.

I danni del guardiolismo e le scommesse all'italiana

La parabola di Inzaghi stimola, poi, un'altra riflessione. In fondo Pippo non è che l'ultima vittima del guardiolismo dilagante, che per i nostri presidenti si è tradotto spesso nella convinzione di poter mettere in panchina una soluzione low cost. Non è un caso che in serie A oggi ci siano solo due allenatori che hanno almeno uno scudetto in bacheca (Allegri e Mancini), cui aggiungere Benitez e Garcia per curriculum professionale. Inzaghi viene dopo Leonardo, Seedorf, Stramaccioni, Gattuso, Ferrara, Liverani e, se vogliamo, il primo Montella che la Roma scarico in tre mesi salvo pentirsi. Qualcuno di questi è diventato un ottimo tecnico; è bastato concedergli il tempo di fare la gavetta prima disprezzata. Potrebbe succedere anche a Inzaghi, passato in un attimo dal campo alla prima squadra con una breve esperienza al settore giovanile come tappa intermedia. Costava poco e l'idea di un ex amato dalla gente e certamente non contrario alle strategie societarie piaceva. La prossima volta sarà bene ricordare che Guardiola si portò in dote la miglior generazione che il Barcellona abbia visto negli ultimi cinquant'anni: fenomeno lui, ma anche gli altri non scherzavano...

Il Milan dei record (al contrario)

Giusto per mettere un punto alla crisi del Milan, vale la pena fare l'elenco dei record negativi che la squadra rossonera sta battendo in questa stagione disgraziata. Intanto il punticino preso nelle prime 4 gare dell'anno solare non ha precedenti nel dopoguerra e bisogna risalire al 1941. La vittoria manca da 5 giornate e in trasferta addirittura dal blitz di Verona del 16 ottobre scorso, tra l'altro giorno dell'ultima rete di Honda che aveva trascinato i rossoneri insieme a Menez nella fase d'avvio. Nelle ultime 13 giornate sono arrivati solo 2 successi e sono stati raccolti 12 punti; Allegri un anno fa ne aveva messi insieme 14 prima di essere esonerato a Reggio Emilia. Il Milan di Inzaghi ha smarrito la via della rete (3 gol fatti nelle ultime 5), è 12° per tiri in porta e a gennaio ne ha tentati non più di una decina. Con 7 espulsioni è primatista dei nervi poco saldi. C'è altro da aggiungere?

Mazzoleni e gli arbitri della FA Cup

Mazzoleni è un uomo fortunato, nel senso che il disastro combinato all'Olimpico durante Lazio-Milan è stato subito dimenticato perché il Milan è così in crisi che nemmeno la mano dell'arbitro può aiutarla a restare a galla in questo momento. La sua (contro)prestazione, però, ha chiuso una settimana terribile per i fischietti. Il quartetto Di Bello-Tagliavento-Valeri-Orsato ha trovato in fretta un quinto uomo e abbiamo il sospetto che non succederà nulla, se è vero che dopo le polemiche della Coppa Italia l'unico a essere messo a riposo per una domenica è stato Di Bello. Gli altri hanno praticato senza problemi e magari accadrà anche a Mazzoleni. Visto che per giorni si è discusso della democraticità della Coppa Italia, ci consoliamo ricordando i nomi dei signori Marriner, Oliver e Foy. Chi sono? Gli arbitri che hanno assistito al suicidio di Chelsea, Manchester City e United nel 'crazy saturday' della FA Cup. Pare che nessuno di loro sia intervenuto per salvare i palinsesti della tv inglese...

La classifica senza errori arbitrali di Panorama

Morganella, Chiffi e la profezia di Nicchi

Il fermo immagine tratto da Sky mostra il pallone dopo il tiro del difensore del Palermo, Michel Morganella, durante la partita del campionato di Serie A contro la Sampdoria Ansa

Sembra ancora di sentirlo, invece, il presidente degli arbitri Nicchi mentre spiegava che gli arbitri di porta sono utili e quasi infallibili. E' passato un mesetto, non un secolo, e i dati davanto ragione al numero uno dell'Aia. poi è arrivato lo sciagurato Guida con la sua scelta di sbugiardare Maresca a Udine e, ieri, l'autogol del signor Chiffi che non ha visto il siluro di Morganella rimbalzare abbondantemente oltre la linea di porta a Marassi. La Sampdoria si è salvata e Chiffi pure, non essendo il Palermo una potenzia mediatica in grado di muovere interrogazioni parlamentari o cose simili. Tavecchio e gli altri hanno messo, invece, un altro chiodo sulla bara degli addizionali di porta. Da luglio sarà tecnologia, con buona pace di Nicchi e dell'infallibilità presunta del quinto e sesto uomo.

L'agonia del Parma e Cassano che ci mette la faccia

Come previsto, il duello tra disperate Parma-Cesena ha dato il suo verdetto. Ha vinto il Cesena, di nuovo al successo dopo un intero girone, e così il Parma può serenamente programmare un finale di stagione d'allenamenti in vista della prossima serie B. Anche i romagnoli sono messi male, ma almeno si sono guadagnati il diritto a provarci almeno per qualche settimana. Visto Cassano cominciare dalla panchina per punizione essendosi ribellato a sei mesi senza stipendio. Poi Donadoni l'ha gettato in campo, giusto in tempo per la passeggiata sotto la curva a prendere i rimbrotti degli ultrà. Può essere che Fantantonio traslochi a breve, di sicuro non si è mai visto un club arrabbiato perché un dipendente ha chiesto i soldi dovuti e così masochista da privarsi dell'unico uomo di talento in un pomeriggio decisivo. Ora che il dado è tratto, non resta che chiedere ai ducali di mostrarsi professionisti fino al termine del campionato senza cadere in tentazione. Meglio parlare per tempo, visto gli andazzi scoperchiati anche recentemente dalle inchieste sul calcio italiano.

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Giovanni Capuano