La crisi dell'Inter e di Mancini: le ragioni di un flop
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La crisi dell'Inter e di Mancini: le ragioni di un flop

Squadra in frenata, scudetto lontano e il tecnico attacca i giocatori. Intanto San Siro è tornato a fischiare dopo il Carpi...

Dopo aver visto Kevin Lasagna fare a fette la difesa dell'Inter come una lama che entra nel burro, San Siro si è spazientito e ha cominciato a fischiare. Un inedito stagionale per la squadra fin qui più presente in testa alla classifica da sola (8 giornate su 21 contro le 4 del Napoli) che solo all'ultimo tornante del girone d'andata ha abbandonato la vetta nel pomeriggio del rovinoso k.o. contro il Sassuolo.

Cosa sta succedendo alla squadra di Mancini che ha perduto il filo dei risultati dopo aver lasciato spesso dubbi sul piano del gioco? La frenata è evidente e per la prima volta da agosto i nerazzurri sono fuori dalla zona Champions che rappresenta, per motivi sportivi ed economici, l'obiettivo massimo e minimo consegnato al tecnico jesino insieme a un'importante mercato. L'allarme era suonato forte già prima di Natale, ma l'inizio di 2016 ha peggiorato la situazione. E anche la gente di San Siro (35.826 presenti contro il Carpi) ha deciso che il tempo degli sconti è finito.

I numeri della frenata: 5 punti nelle ultime 5 giornate

La parabola discendente dell'Inter è impietosamente fotografata dai numeri: 5 punti nelle ultime 5 giornate con una sola vittoria, peraltro stentata, nella trasferta di Empoli e ben 3 passi falsi casalinghi perché tale è il pareggio contro il Carpi dopo le sconfitte con Lazio e Sassuolo. La tendenza, però, è ancora più accentuata se si prova ad allargare la visuale senza limitarsi all'ultima serie nera.

La classifica (ancora positiva) dell'Inter gode del bonus iniziale delle 5 vittorie consecutive. Fuori da quel periodo d'oro la media punti cala in maniera evidente e preoccupante: 1,56 nelle restanti 16 giornate. Per intenderci, l'andatura di una squadra che a fine stagione non chiuderebbe il campionato raggiungendo quota 60 punti.

E provando a scomporre le 21 partite fin qui disputate, la parabola discendente è ancora più chiara. Si passa dai 2,28 punti di media delle prime 7 giornate (5 vittorie, un pareggio e una sconfitta) al 2,00 del secondo troncone (4/2/1) per precipitare a 1,57 dalla 15° giornata in poi: 3 successi, 2 pareggi e 2 sconfitte. Con un calendario che sulla carta autorizzava sogni di allungo in vetta.

Il gioco non decolla (e ci sono troppi cambi)

Quella contro il Carpi è stata la 20° formazione diversa su 21 presentata da Roberto Mancini in campionato. Avere tante frecce al proprio arco rappresenta un vantaggio e un'opportunità, ma se dopo cinque mesi di stagione il gioco ancora fatica ad avere una fisionomia precisa rischia di diventare un boomerang.

L'Inter è nata come squadra muscolare, ha scelto di spostare avanti la qualità affidandosi ai piedi buoni di Jovetic, Ljajic e Perisic abbandonando la strada classica del regista in mezzo al campo. Fino a quando la difesa è stata impermeabile la scommessa ha funzionato. Ma restare in alto con un attacco che segna col contagocce (26 gol in 21 partite, peggio di mezza serie A) è impresa a termine e, infatti, non appena la tenuta difensiva è calata sono mancati i risultati.

Super Handanovic e gli errori degli altri

Samir Handanovic ha firmato fin qui parecchi dei punti di classifica dell'Inter. Il resto lo ha fatto una difesa a tratti imperforabile che, però, dall'inizio del 2016 ha cominciato a commettere qualche errore di troppo. Murillo in difficoltà ad Empoli (rigore su Pucciarelli abbonato da Celi), contro il Sassuolo e nell'ingenua autorete di Bergamo, Juan Jesus tagliato fuori da Lasagna contro il Carpi. Crepe in un progetto che si reggeva proprio sul muro difensivo.

I numeri continua a promuovere l'Inter, miglior reparto della serie A, ma la tendenza è negativa e solo contro Carpi, Frosinone e Udinese la squadra è riuscita a segnare più di un gol nei novanta minuti. Mancini ha annunciato che potrebbe giocare con un solo attaccante, visto che la squadra non finalizza, per rinforzare ulteriormente la fase di non possesso palla: misura d'emergenza che rischia di impoverire ulteriormente la manovra.

Il nervosismo eccessivo di Mancini

Poi c'è Roberto Mancini, che sta vivendo la stagione come un'autentica sfida contro il mondo. La buona partenza non l'ha rasserenato. Anzi. Lo spirito british mostrato l'anno scorso è presto svanito nella polemica con i direttori di gara, accusati di utilizzare un metro eccessivo nel giudicare le ruvidezze dei suoi giocatori. Liti a bordo campo con gli assistenti (Bologna), in tv con i moviolisti (Napoli) o attacchi frontali come con Doveri dopo la sconfitta col Sassuolo.

Gli arbitri sono un nervo scoperto, ma anche la vicenda del confronto aspro con Sarri nasce da uno scatto di nervi per una questione di minuti di recupero. E per ultimo è arrivato l'attacco pubblico ai suoi giocatori perla gestione sbagliata del finale con il Carpi. Mancini è parso sprezzante come in passato si era visto solo in occasione dell'errore di Ranocchia costato il gol di Higuain e l'addio alla Coppa Italia della passata stagione. Mancio ha in mano lo spogliatoio, ma la strategia della tensione potrebbe alla lunga non pagare.

Mercato bloccato e i vincoli del fair play finanziario

Ultimo capitolo dedicato al mercato. Mancini si aspettava rinforzi a gennaio per provare anche a cambiare pelle alla sua Inter e a dotarla di un uomo d'ordine in mezzo al campo. Tutto è rimasto bloccato dalla dificcoltà a cedere gli esuberi e la vicenda Guarin è solo l'ultimo di una catena di episodi che ha finito col togliergli anche uno dei centrocampisti utilizzati per provare a spaccare partite complicate.

Il problema è che Ausilio e Thohir non possono venire incontro alle richieste del tecnico se prima non si vende. I vincoli del fair play finanziario, interpretati in maniera estensiva in estate anche perché la squadra aveva mancato la qualificazione europea, non lasciano margini. L'Inter sta per rientrare nell'Europa del calcio e i suoi bilanci saranno passati al setaccio. Il gruppo, insomma, è rimasto quello di prima e se arriverà qualcuno sarà in extremis. Intanto il tempo è passato e l'Inter si è infilata nel tunnel della crisi.

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Giovanni Capuano