Il Ferguson della provincia ha detto stop
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Il Ferguson della provincia ha detto stop

Francesco Guidolin non è più l'allenatore dell'Udinese. Ha scelto un incarico dirigenziale, come si diceva da settimane: sarà il supervisore tecnico delle tre squadre dei Pozzo. A Udine ha scritto la storia

Dopo 28 anni di onoratissima carriera spesa in lungo e in largo per la Penisola, spesso sposando progetti tecnici che avrebbero messo a dura prova allenatori di nuova e vecchia generazione, Francesco Guidolin, veneto per ragioni d'anagrafe ma ormai friulano per attitudine e quotidiano, ha deciso di fare un passo indietro, rinunciando alla panchina dell'Udinese per sedere un po' più su, in tribuna. Ieri, il via ufficiale al nuovo capitolo della sua vita. Guidolin ha detto sì all'incarico di supervisore tecnico delle tre squadre controllate dalla famiglia Pozzo. L'Udinese prima di tutto, ma pure il Watford e il Granada. Un po' come Arrigo Sacchi con le Nazionali giovanili e Ottavio Bianchi al Napoli dei primi anni Novanta, Guidolin indicherà la strada: alla società bianconera e ai tecnici delle formazioni sopra citate l'opportunità di seguirla.

“Questo è un bel giorno, perché come ho sempre desiderato rimango qui, in famiglia, in questa terra – ha spiegato davanti ai giornalisti l'ex timoniere dell'Udinese - Questo è sempre stato un mio grande desiderio. Ho ritenuto giusto passare il testimone per la guida tecnica. Da un mese ne parlo con la società. Ai Pozzo ho esternato questa idea, ma poi sono uscite voci. Per me però valeva quella cosa. Infatti quando ci siamo incontrati ci siamo detti le stesse parole di 25 giorni fa. Mi fa piacere rimanere qui, pensare a una nuova sfida, un nuovo ruolo. Sono molto stimolato e felice”. Tutto finisce, tutto riparte. O forse, no?

Dal Giorgione al Treviso, dall'Empoli al Bologna, poi ancora Genoa, Palermo, Vicenza, Atalanta, Parma e infine, dal luglio 2010, Udinese. Nel 2005 ha guidato anche il Monaco, ma per ragioni diverse sono state più ombre che luci. La carriera di Guidolin non è stata una gita di piacere, tutt'altro. Tante le salite, tante le discese, tante le responsabilità che hanno in più di un'occasione portato a soddisfazioni da prima pagina. Ha allenato la provincia, Guidolin, ma la Serie A è stata per anni il suo terreno di caccia, lo dicono i numeri. E' settimo a quota 555 nella classifica degli allenatori con più panchine nel massimo campionato di casa nostra, dietro a vere e proprie icone del calcio tricolore come Fulvio Bernardini, Carletto Mazzone, Giovanni Trapattoni e Nils Liedholm. Quella che si è conclusa è stata davvero l'ultima stagione del Guidolin in versione mister? “Mai dire mai – ha ammesso lui - Questa é una nuova fase della mia vita. Potrebbe anche essere, tutto dipenderà da come mi troverò in questo nuovo ruolo”.

Dici Guidolin e pensi ai risultati meravigliosi raggiunti dalla sua Udinese negli ultimi quattro campionati. Buonissima la prima. Nel 2010-11, i bianconeri friulani fanno incetta di primati (tra i più reboanti, il record di punti in Serie A) e salgono sul treno che porta nell'Europa che conta della Champions League. E' L'Udinese stellare di Asamoah, Di Natale, Handanovic, Inler, Benatia, Isla, Sanchez e Cuadrado. Un piccolo gioiello che Guidolin modella a sua immagine e somiglianza. Si dirà, è un caso e nulla più. Tempo qualche mese e l'Udinese si ritroverà a spalare fango nei bassifondi della classifica. Niente di più sbagliato. Perché nel 2011-12 le cose vanno ancora meglio. La famiglia Pozzo cede, tra gli altri, Sanchez e Inler, che fanno arrivare una montagna di denaro nelle casse del club furlan, ma la squadra non subisce scossoni, anzi.

Sebbene l'Europa non sorrida al popolo delle Zebrette, perché nei preliminari della Champions l'Arsenal è più forte e lo dimostra, il gruppo di Guidolin taglia per il secondo anno consecutivo il traguardo dell'Europa d'elite. L'Udinese finisce infatti il campionato al terzo posto, davanti a supercorazzate del calibro di Inter, Lazio, Napoli, Roma e Fiorentina. Di Natale vola ancora alto nella classifica cannonieri (23 gol) e il miracolo si rinnova. L'Udinese cambia tanto ma cambia bene. Guidolin sceglie il basso profilo e viene premiato da una critica che è tutta dalla sua parte. “Meriterebbe di guidare una grande”, gli dicono a destra e a manca. Lui ammicca, sorride e fugge in volata da buon ciclista quale è sempre stato.

Dodici mesi dopo, si ricomincia. L'Udinese è atteso al varco, perché continua la sua pratica di cedere al miglior offerente i suoi pezzi più pregiati. Volano via Asamoah, Handanovic, Isla, vale a dire tre titolarissimi della squadra che tanti applausi aveva raccolto nell'ultimo biennio. Si teme il disastro ma arriva (ci risiamo) un lungo coro di elogi. La stagione inizia male per la seconda eliminazione dai preliminari della Champions (passa il Braga), ma si conclude tra i fuochi d'artificio, grazie a un filotto da urlo in campionato di 8 vittorie consecutive. Non è Champions, ma è Europa League. Se non è gloria, poco ci manca. Guidolin guida la carica e il pubblico di fede bianconera è tutto con lui, considerato il trascinatore insostituibile di una squadra ricca di incognite eppure solidissima. Guidolin come Alex Ferguson, profeta e genio della lampada al servizio del Manchester United per 26 anni, il sogno di molti. Un sogno destinato però a infrangersi contro l'inevitabile flessione che si concretizzerà nella stagione appena conclusa.

Via Benatia, Cuadrado e Armero. La ricetta in casa Udinese non cambia. Per giustificare i conti, i Pozzo mettono all'asta i petali più graditi della loro rosa, sostituendoli con giocatori di buone speranze. Guidolin accetta la sfida per l'ennesima volta, ma col passare delle settimane appare tutto più difficile. L'Udinese c'è ma non si vede. Di Natale dimostra di aver fatto un patto con gli inferi e non fa mancare il suo contributo in zona gol, ma il meccanismo non gira come gli altri anni. E le Zebrette arrancano a metà classifica, tra dubbi, incertezze e delusioni. Anche Guidolin viene messo in discussione. La piazza lo ritiene responsabile di alcune scelte sbagliate e lui non riesce a mandare giù il rammarico causato dalla contestazione. Da condottiero senza macchia e senza paura a capro espiatorio della crisi della squadra. Il calcio va così: esalta e poi cancella. Guidolin tiene duro fino alla fine del campionato, poi decide che altro non si può fare e restituisce ai Pozzo, che non vogliono assolutamente fare a meno di lui, le chiavi dello spogliatoio. E' iniziata la fase 3 nella carriera del fuoriclasse di Castelfranco Veneto: da giocatore ad allenatore a supervisore tecnico. La nostalgia, canaglia, forse gli farà cambiare idea.

Twitter: @dario_pelizzari

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Dario Pelizzari