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Ansa/Daniel Dal Zennaro
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De Boer a rischio e quegli allenatori bruciati dall'Inter

E' lunga la lista dei "mister" finiti in parabola discendente dopo l'esperienza sulla panchina nerazzurra

Certo per Frank De Boer non è un dato beneaugurante. La storia, remota e recente, dell'Inter è piena di allenatori che sono arrivati sulla panchina nerazzurra pieni di entusiasmo e aspettative per poi fallire e non riprendersi più. In una recente intervista a Walter Veltroni per il Corriere dello Sport, Gigi Maifredi ha detto di essersi bruciato sulla panchina della Juventus per aver volato troppo vicino al sole. All'Inter questa è una storia che si è ripetuta più volte... 

Iniziò l'inglese Jesse Carver, importatore della “zona” in Italia e vincitore di uno scudetto con la Juventus nel 1950. Si scottò tanto nel 1958 (nono posto) da perdere completamente la bussola sia col Genoa (esonero) che con la Lazio (prima retrocessione del club) e chiudere mestamente una gloriosa carriera nell’isola di Cipro, allenando l’Apoel di Nicosia.


Nel 1984 il nuovo presidente Ernesto Pellegrini decise di esordire nel nuovo ruolo con uno smacco ai cugini, soffiandogli Ilario Castagner, l'allenatore del miracolo Perugia. Un buon terzo posto al primo anno ("se non cedevano Bagni o prendevano Manfredonia, come avevo chiesto, avremmo vinto scudetto o Coppa Uefa") e l'esonero al secondo. Il bravo Castagner non si riprese da quel licenziamento e collezionò solo panchine minori come Ascoli, Pecara, Pisa e ancora Perugia, per poi diventare una delle voci più note dei commenti televisivi. 

Corrado Orrico era il profeta individuato da Pellegrini nel 1991 per rispondere ai successi del Milan di Arrigo Sacchi. Si era nel periodo della nouvelle vague della zona che oltre a Sacchi e Maifredi, aveva come santoni Giovanni Galeone e Zdeněk Zeman. Orrico arrivò sull'onda di proclami rivoluzionari su schemi e metodi di allenamento, rimase celebre la sua "gabbia" con cui entrò in rotta di collisione con lo zio Bergomi. Non terminò però il campionato, dimettendosi (uno dei pochi a non aspettare l'esonero), e da allora non ha più allenato in Serie A.

La stagione successiva il nuovo allenatore fu Osvaldo Bagnoli, tecnico serio e rigoroso, che si era conquistato la stima dell'ambiente per l'incredibile scudetto conquistato con il Verona nel 1985. All'Inter Bagnoli ottenne un buon secondo posto al suo primo campionato nerazzurro, ma l'anno dopo fu cacciato a metà torneo. Deluso, decide di ritirarsi.

Arrivò così Ottavio Bianchi, ultimo tecnico per Pellegrini, primo per Moratti. Il  campionato 1994-95 lo terminò al sesto posto e l'anno dopo il torneo si aprì con grandi speranze, dopo che erano arrivati tra gli altri Javier Zanetti e Roberto Carlos, due giovani che "subito mi impressionarono". Bianchi, però, non resistette a lungo. Primo e unico esonero in carriera per lui, primo e non unico esonero per Moratti che, per terminare il torneo, chiamò in corsa Luis Suarez. La stessa scelta di Pellegrini per il dopo Orrico. Luisito aveva già allenato l'Inter nel 1974. Tre esperienze non memorabili per uno dei giocatori più grandi della storia dell'Inter. Bianchi invece rimase fermo per sette anni prima di tornare a sedersi su una panchina, quella della Fiorentina, nel fosco periodo che presagì il fallimento societario.

Nel 1997 Moratti scelse Gigi Simoni per la sua rincorsa al cielo. Gli affidò una squadra ambiziosa con gli arrivi di Ronaldo, Simeone e Recoba. La storia interista di Simoni, uno degli allenatori più amati dai tifosi, è nota: il rigore negato contro la Juventus a Ronaldo e la vittoria in Coppa Uefa nel primo anno, quindi l'esonero l'anno successivo dopo una partenza mediocre. Un licenziamento molto traumatico per Simoni, che poi ha allenato squadre in lotta per non retrocedere, se si esclude la breve esperienza in Bulgaria al Cska Sofia, e continuato a rimuginare sul treno perso con l'arbitro Ceccarini.

In questo lungo elenco non si può non citare anche Marco Tardelli. L'ex campione del mondo 1982, dopo aver vinto l'Europeo con la Nazionale Under 21, rispose alla chiamata di Moratti per sostituire un mai integrato Marcello Lippi. Un campionato travagliato per Tardelli, con l'onta del 6-0 subito dal Milan, che non gli valse la conferma. Bari, Egitto, Arezzo le panchine non eccelse poi collezionate.

Arriviamo così a Hector Cuper, l'hombre vertical. La sua inter costruita su Christian Vieri sfiorò lo scudetto, sfumato in quel famoso 5 maggio 2002 all'Olimpico contro una Lazio che non voleva vincere, ma vinse (gol anche dell'ex Simeone). Due anni e mezzo contraddistinti anche dall'addio di Ronaldo, entrato in collisione (verità o alibi per fuggire al Real Madrid?) con l'allenatore. Dopo l'esonero, Cuper ha galleggiato in esperienze mediocri tra Spagna, Georgia, Grecia, Turchia, Emirati Arabi. Attualmente è ct dell'Egitto.

Ultimo, in ordine di tempo, Giampiero Gasperini, scelto in extremis da Moratti dopo la decisione improvvisa di Leonardo di lasciare Milano per andare a fare il dirigente a Parigi. L'esperienza del tecnico di Grugliasco è stata la più breve di tutte. La sua difesa a tre era un colabrodo e l'Inter collezionò sconfitte clamorose con Milan (Supercoppa italiana), Palermo e Novara (in Campionato). Inevitabile cacciata con ritorno a panchine meno ambiziose: Palermo, Genoa e ora Atalanta.

Sicuro di aver fatto la scelta giusta, Frankie? ;)

Quei mister sfortunati in nerazzurro...

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Corrado Orrico (primo a sinistra) nella sua brevissima esperienza all'Inter

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Filippo Nassetti