Finisce 1-1 il derby tra cavie del calcio moderno
Getty Images
Lifestyle

Finisce 1-1 il derby tra cavie del calcio moderno

Dopo il rinvio di sabato la stracittadina di Genova si è giocata di martedì pomeriggio: scelta obbligata o bisognava disertare?

Dopo il rinvio di sabato sera per pioggia il replay del derby di Genova si conclude 1-1 con le reti di Iago ed Eder. Un derby inedito, giocato per la prima volta di martedì alle 18,30. Un orario che con il calcio ha poco a che fare ma che invece calza perfettamente con il sistema del calcio moderno, quello gestito dalle pay tv che vedono il pubblico come un contorno non indispensabile. "Il business la fa da padrone, non contano più amore e passione. Derby alle 18,30 vergogna". Così la gradinata sud della Sampdoria ha commentato la decisione di spostare la partita dal week end al tardo pomeriggio di un giorno lavorativo. E poco importa se le previsioni meteo indicavano proprio martedì come unico giorno di pioggia della settimana con raffiche di vento che hanno portato alla cancellazione di diversi voli dall'aeroporto di Genova. 

La città più biodegradabile d'Italia ha mostrato ancora una volta il suo lato più inerme di fronte alla natura: quella con la N maiuscola, che decide il meteo, ma anche la natura dell'uomo, quella che impedisce di organizzare degnamente un evento sportivo in una città da quasi 600 mila abitanti che ciclicamente si ritrova ad essere osservata con tenerezza e pena di fronte alle sue sfortune. Perché dunque fissare un derby al martedì pomeriggio in una zona nevralgica del traffico genovese con condizioni meterologiche ancora avverse? Le opzioni sono due: la legge del calendario pay tv, con un week end iniziato venerdì con Atalanta - Juventus, proseguito sabato con gli anticipi, domenica pomeriggio alle 15, domenica sera, lunedì sera con i due posticipi di Inter e Napoli, martedì e ieri con la Champions. Quale occasione più ghiotta quindi se non quella di inserire il derby di Genova nel buco precedente la sfida tra Juventus e Borussia Dortmund? A difesa di chi ha optato per il martedì c'è invece la tesi sull'impossibilità di alternative: "non c'erano altre possibilità, si sarebbe dovuto giocare a marzo, troppo tardi". 

E i genovesi? Poco importa. E coloro che da ogni parte di Italia si erano organizzati per partire alla volta di Genova per vedere il derby? Ancora meno. Loro non producono un indotto determinante per l'industria del calcio: i tifosi sono ormai un optional, colore e ambientazione, come comparse non indispensabili. Come quando fu proposto di giocare la stracittadina di Genova alle 12,30, un suicidio logistico che portò alcuni giornalisti delle televisioni a pagamento a parlare di calcio "ostaggio degli ultras", strumentalizzando per l'ennesima volta il tifo con l'obiettivo di giustificare scelte aziendali che influscono sull'organizzazione quotidiana di migliaia di persone. 

Senza i soldi delle pay tv il calcio non va avanti. Una certezza che tiene in ostaggio uno sport ormai lontano da ogni concetto di etica e rispetto, un'industria creata ad hoc per trasformare gradualmente le curve in divani. Genova e il suo amore per il calcio resistono, prima realtà italiana insieme a Roma per media tra abbonati e abitanti. Questi dati però non bastano per impedire ad un evento storico dello sport italiano di diventare un riempibuchi da palinsesto. In molti però se la sono presa con sampdoriani e genoani: "se vi lamentate poi non dovete andare allo stadio, così fate il loro gioco".

Bisognava disertare? Voi cosa ne pensate?

I più letti

avatar-icon

Matteo Politanò