Ehi Silvio, ma questo Milan ti piace?
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Ehi Silvio, ma questo Milan ti piace?

La sfida contro la Juventus ha mostrato una versione 'provinciale' dei rossoneri. Che Inzaghi schiera senza le due punte...

Non si hanno notizie di allenatori del Milan nell'ultimo quarto di secolo usciti indenni da prestazioni sotto gli occhi di Silvio Berlusconi come quella che il Milan di Inzaghi ha mostrato nella notte della sfida alla Juventus. Il 22 febbraio 2004 Pippo era un giocatore rossonero e certamente ricorda le parole di fuoco con cui il patron accolse il 3-2 di rimonta rifilato all'Inter in un derby carico di emozioni, ma che ad Arcore non era piaciuto per la scelta di Ancelotti di giocarsela con i 'soli' Seedorf, Kakà, Rui Costa e Schevchenko in campo (poi coadiuvati dal danese Tomasson): "Il Milan non può andare in campo senza le due punte. Spedirò una lettera ad Ancelotti e alla società in cui spiegherò che giocare in quel modo non è logico né razionale". Pare che a Villa San Martino si stia ricercando copia di quella missiva da spedire a Inzaghi, dopo che anche i successori di Carletto si sono spesso bruciati all'altare della mission aziendale: "Essere padroni del campo e del giuoco".

Il Milan che Inzaghi ha mandato all'assalto della Juventus è stato il più difensivo che i tifosi milanisti di una certa età possano ricordare. Un 4-3-3 mascherato con in campo nemmeno un centravanti, con Menez 'falso nueve' ed El Shaarawy e Honda costretti a fare i terzini di fascia lunga, spesso più schiacciati verso la difesa che proiettati in aiuto al francese. Del resto sarebbe servito poco visto che la presenza nella metà campo della Juve è stata quasi un dettaglio statistico: 8 minuti e 42 secondi (dato della Lega Serie A) su un totale di 96 minuti di gioco. Il 9,06% della gara trascorsa nelle vicinanze di Buffon e soci della difesa. Poco. Pochissimo. Quasi nulla. Un Milan operaio e provinciale che Inzaghi aveva ampiamente annunciato in queste settimane parlando di miracolo da compiere e di consapevolezza dei propri limiti, ma che non è scontato che debba piacere a Berlusconi.

Della vecchia squadra che comandava il gioco ed era padrona del campo non c'è più nulla. Certo, la qualità degli interpreti non è nemmeno paragonabile al passato, ma la scelta di impostare la mediana con tre frangiflutti come Poli, Muntari e De Jong è tutta del tecnico. L'olandese ha perso il confronto alla distanza con Marchisio (45 tocchi riusciti contro 97) e bene gli è andata che Pirlo sia stato costretto ad assistere alla partita dalla tribuna, altrimenti il divario avrebbe assunto forme imbarazzanti. Le due punte che Berlusconi ama tanto si sono alzate dalla panchina solo a giochi fatti: Torres è entrato al 76' e Pazzini ha avuto a disposizione solo 7 minuti più recupero. Silvio, però, se n'era già andato come una parte dei tifosi, delusi dal gol di Tevez e con la certezza che difficilmente il Milan sarebbe stato capace di rovesciare se stesso e il risultato una volta incassato il colpo dell'Apache.

Magari a Pippo non sarà recapitata la letterina che Berlusconi scrisse ad Ancelotti. E, forse, Galliani e la figlia Barbara riusciranno a convincerlo che per tornare grandi si deve partire anche dalle fondamenta, dimenticando i fasti di un tempo. E' certo, però, che il presidente-padrone non sarà tornato a casa soddisfatto di quello che ha visto. Al confronto la Juve dell'odiato Allegri è sembrata una macchina da spettacolo: quasi il 60% di possesso palla, 586 passaggi riusciti (contro 389), gioco largo e due punte d.o.c. piantate in mezzo all'attacco. Per arrivare ad Abbiati né TevezLlorente hanno dovuto fare la fatica toccata a Menez e Honda, visti anche correre per 60 metri palla al piede. Gli è bastato giocare di sponda e attendere gli assist illuminanti di Marchisio e Pogba. Il Milan? Statistiche alla mano ha avuto un baricentro basso basso (48,4 metri, ma a Parma erano addirittura solo 41) e un recupero palla bassissimo: 29,7 metri. Insomma, ha fatto un bel catenaccio. Organizzato, ma pur sempre catenaccio. Che, come noto, non è la specialità della casa. Nemmeno se ti chiami SuperPippo.

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Giovanni Capuano