Allenatori sulla graticola ma cambiarli non serve (quasi) a nulla
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Allenatori sulla graticola ma cambiarli non serve (quasi) a nulla

La colpa è sempre loro e mai dei giocatori. Un anno fa 18 esoneri, ma solo Parma e Bologna ci hanno guadagnato mentre Genoa, Palermo e Fiorentina...

Che colpa ha Guidolin se Maicosuel decide di provare il cucchiaio nel rigore che vale la Champions? Nessuna. Allegri nell'uscita a vuoto di Abbiati che spiana la strada a Ranegie o dei raptus di Boateng? Nessuna. Ed è difficile prendersela con Stramaccioni su l'Inter non segna tirando 23 volte con il Siena. Eppure il primo ha pensato di dimettersi e gli altri due rischiano la panchina dopo l'inizio tremendo delle milanesi.

No, non sempre gli allenatori sono responsabili di tutto quello che non funziona in campo anche se, alla fine, sono immancabilmente quelli che pagano il prezzo più alto. "Non si può licenziare un'intera squadra, meglio provare con il tecnico" è la spiegazione che storicamente accompagna gli esoneri. Nemmeno si può mandar via un presidente e difficilmente accade con il direttore sportivo che ha sbagliato compagna acquisti.

Però la via più semplice è anche quella che rende meno perché spesso le squadre vanno male semplicemente perché sono male assemblate, scarse o non animate da furore agonistico. Cambiare allenatore non serve a niente. O, meglio, serve spesso a poco quando non crea dei veri e propri danni.

Valga come monito quanto è accaduto nella passata stagione. E' stato il campionato dei record: 17 esoneri (18 considerando il divorzio tra Zamparini e Pioli prima del via), 10 società coinvolte e 24 tecnici saliti e scesi dalla giostra. I risultati? Modesti. Solo in tre casi c'è stato un sensibile miglioramento della situazione.

E' andata bene al Bologna, lasciato da Bisoli ultimo in classifica (1 punti in 6 partite) e risollevato da Pioli fino al 9° posto finale. Il Parma ha cambiato Colomba subito dopo la sosta quando era 15° (1,11 media punti); Donadoni ha fatto benissimo portandolo alle soglie della zona Europa League con 37 punti fatti in 21 giornate. Anche il Lecce è migliorato con Cosmi, ma è retrocesso comunque perché l'eredità di Di Francesco (ultimo alla 14° con 8 punti) era troppo pesante.

Gli altri, invece, devono riflettere sull'utilità dei loro esoneri. La Fiorentina è passata dal 12° posto di Mihajlovic (media punti 1,18) al 15° di Delio Rossi (media 1,12) e si è salvata con Gerini dopo lo psicodramma della rissa Rossi-Ljajic. Lo spogliatoio funzionava male col serbo ed è andato anche peggio poi. Esattamente come a Palermo, dove Mangia è partito forte (10° posto alla vigilia di Natale, media punti 1,33), ma è stato cacciato prima di mangiare il panettone e Mutti ha vivacchiato chiudendo 16° (media punti 1,00).

Il record di autolesionismo? Il Genoa di Preziosi. Via Malesani (8° al 22 dicembre, media punti 1,40), sostituito da Marino (16° al momento dell'esonero ad aprile, media punti 0,86), richiamato a furor di popolo in primavera (2 punti in 4 partite) e, infine, esonerato per lasciar posto a De Canio con salvezza agguantata nelle ultime due giornate.

La girandola in panchina non è servita a Cesena (Giampaolo-Arrigoni-Beretta nessuno sopra il punto di media a partita) e Novara (Tesser-Mondonico-Tesser) poi retrocesse. Neanche il Cagliari ha svoltato mandando via Ficcadenti a novembre (era 13°) e richiamandolo a marzo quando Ballardini si trovava in difficoltà (17°) per chiudere al 15° posto. L'Inter? Disastroso Gasperini (1 punto in 3 partite), Ranieri l'ha portata fino alle soglie della zona Europa (8° con 1,53 media punti ed eliminazioni in Champions League e Coppa Italia) e Stramaccioni lì è rimasto (7° media punti 1,88).

Numeri e storie che devono far riflettere. Mandar via un allenatore è comodo e veloce ma scarsamente produttivo. Ogni tanto sarebbe più onesto prendersela direttamente con i giocatori. In fondo che colpa hanno i tecnici se un centravanti sbaglia a porta vuota?

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Giovanni Capuano