Allegri e Pirlo, storia di un rapporto impossibile
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Allegri e Pirlo, storia di un rapporto impossibile

L'addio (forza) al Milan e la vendetta degli scudetti con la Juve: tutte le parole del divorzio tra il regista bianconero e il suo possibile nuovo tecnico - I retroscena dell'addio di Conte - Tifosi scatenati: #noallegri  - Beffa-Iturbe, va alla Roma

L'addio fu consumato in meno di mezz'ora, quanto bastò ad Andrea Pirlo e al suo procuratore per fare l'ultima discussione con Galliani e Allegri nella sede del Milan di via Turati e decidere che era arrivato il momento di voltare pagina. Maggio 2011, appena conquistato lo scudetto numero 18 della storia rossonera senza un ruolo da protagonista per il regista di Flero, costretto a lungo ai box da un infortunio e poi rientrato in un ruolo non suo perché Allegri aveva blindato la difesa con un mediano di contenimento (Van Bommel) e per il genio del bresciano non c'era più spazio se non spostandosi un po' di lato. Prospettiva non gradita a Pirlo, che nell'autobiografia 'Penso quindi gioco' (Edizioni Mondadori) ha così ricordato quelle ore concluse con il divorzio dal rossonero, il no alla corte di Leonardo e dell'Inter e il matrimonio con la Juventus:

"Andrea, il nostro allenatore Allegri pensa che se resti non potrai più giocare davanti alla difesa. Per te avrebbe pensato a un altro ruolo: sempre a centrocampo, ma sulla sinistra". Piccolo particolare: davanti alla difesa pensavo di poter dare ancora il meglio di me. Un pesce quando il mare è profondo respira, se lo spostano sotto il pelo dell'acqua si arrangia, ma non è la stessa cosa. "Anche con te in panchina o in tribuna abbiamo vinto lo scudetto. E poi, Andrea, da quest'anno la politica della società è cambiata. A chi ha più di trent'anni, proponiamo il rinnovo di contratto solo per dodici mesi". Altro piccolo particolare: non mi è mai capitato di sentirmi vecchio, neppure in quel preciso momento. Solo a tratti ho avuto la sensazione che qualcuno volesse farmi passare per bollito, più che altro erano le premesse a lasciarmi perplesso.

Quindi l'addio al Milan, voluto anche per motivi di bilancio a ampiamente annunciato dalle parole di Berlusconi fuori da un seggio elettorale, quasi a certificare l'impossibilità per il club rossonero di tenersi un giocatore così costoso. Mai scelta fu più sbagliata e lo dimostrano le tre stagioni successive durante le quali Pirlo, che all'epoca del divorzio dal Milan di anni ne aveva 32 appena compiuti, ha guidato la Juventus alla conquista di tre scudetti ed è stato perno della nazionale di Prandelli nella fortunata esperienza dell'Europeo del 2012, nella Confederations 2013 e al Mondiale del Brasile. Non male per un giocatore bollito e con problemi fisici strutturali. In ogni caso non fu una separazione indolore, come testimoniano alcune polemiche durissime dei mesi successivi, legate anche al duello tra Juventus e Milan per la conquista dello scudetto, e il rimpianto mai sopito dei tifosi rossoneri che hanno spesso rinfacciato ad Allegri e alla dirigenza la scelta di lasciar partire Andrea il quale tornò a parlare della questione l'11 maggio 2012, a scudetto conquistato. L'intervista alla Gazzetta dello Sport fu durissima:

Pirlo, si è sentito sottovalutato e scaricato dal Milan? 
“Le cose sono andate così. Quando abbiamo parlato del mio contratto, mi hanno proposto il rinnovo per un anno. Io chiedevo un triennale perché ero più giovane degli altri giocatori in scadenza. Ma il vero motivo del mio trasferimento è stato un altro: Allegri voleva piazzare davanti alla difesa Ambrosini o Van Bommel e io avrei dovuto cambiare ruolo. Allora ho detto 'no, grazie' e ho scelto la Juve, che mi offriva motivazioni importanti. Ci tengo a dire che non è stata una questione economica”.

Quindi è stata una scelta tecnica. 
“Il Milan ha deciso che non servivo più. L’ho capito subito durante quel colloquio. Nel mio ruolo Allegri preferiva altri giocatori”.

Le diede fastidio la richiesta di prova tv pubblicata sul sito del Milan per una sua presunta gomitata a Van Bommel nello scontro diretto? 
“Certo: ho giocato lì 10 anni, sanno che io non faccio certe cose”.

E il tecnico che allora lo scaricò e che adesso potrebbe trovarsi di nuovo a lavorare con lui? Allegri ha vissuto due anni e mezzo difficili dopo l'addio di Pirlo. Prima la delusione per il campionato scivolato via, poi una stagione di rincorsa salvata dai preliminari di Champions e, infine, l'esonero nella notte di Reggio Emilia. Più volte ha provato a spiegare il suo punto di vista su quanto accaduto nel maggio del 2011, prendendosi la responsabilità tecnica della scelta e sottolineando anche la volontà del club che era di natura economica. La ferita, però, è rimasta aperta e Allegri non ha mai gradito il modo in cui Pirlo ha rinfacciato davanti al mondo la bontà delle sue posizioni. E' uno scherzo del destino, ma il sassolino dalla scarpa Max se lo è tolto proprio in tempi recentissimi, lo scorso 20 giugno, quando l'Italia sembrava avviata a un ottimo Mondiale e lui aveva fatto alcune considerazioni tattiche. Parole che rilette adesso fanno presagire un rapporto non facile da ricostruire tra i due, qualora Allegri fosse la scelta di Agnelli e Marotta.

"Se ne è andato per colpa mia? No, la scelta è stata presa dalla dirigenza, che voleva fare contratti solo di un anno per gli over 30. E poi anche Pirlo voleva cambiare aria, per cui... Ora basta però coi rimpianti, è un campione e lo ha dimostrato. Quando io lo schieravo da mezzala sembravo un matto, guardate invece dove lo schiera adesso Cesare Prandelli". Qualche metro davanti a De Rossi, lo schermo della difesa. Proprio come Van Bommel in quel Milan che poteva fare a meno di Pirlo.

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Giovanni Capuano