Quando la curva dice no
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Quando la curva dice no

Da Ferrier a Seedorf, la storia del calcio di casa nostra è ricca di episodi in cui i tifosi si sono opposti (con successo) all’arrivo di un tecnico o di un giocatore - Il caso Matri

Quando la curva dice no, il presidente fa fatica a dire sì. Lo dimostra la storia del pallone tricolore, ricca di episodi in cui la presa di posizione della tifoseria organizzata ha di fatto condizionato pesantemente trattative di mercato che avrebbero potuto risolversi diversamente. Campione o non campione, è il cuore che conta. Questo il mantra che intonano spesso e volentieri coloro che si oppongono con fermezza all’arrivo di un giocatore o di un tecnico. E poco importa se grazie al nuovo inserimento la squadra potrebbe migliorare per qualità e prospettive. Se la carriera del personaggio in questione non risponde ai requisiti di base, c’è poco da fare. La risposta è no. Che la società ne prenda atto e si muova di conseguenza.

Chi si ricorda il caso del difensore olandese di colore Maickel Ferrier? Nella primavera del 1996, il Verona fu costretto a cambiare idea circa il suo arrivo per scongiurare una rivolta tra i tifosi gialloblù. La ragione è presto detta. Durante una gara di campionato, alcuni di loro esposero un manichino nero con una corda al collo. Indossavano il cappuccio del Ku Klux Klan, il movimento terroristico di stampo razzista che nella prima parte del secolo scorso imperversò negli Stati Uniti. Fine delle discussioni. La trattativa saltò e Ferrier si accasò alla Salernitana.

Verona ancora protagonista qualche anno dopo. Quando l’allora presidente del club scaligero, Gianbattista Pastorello, lasciò intendere chiaramente che le cose da quelle parti non erano cambiate, anzi. “E’ di colore e i tifosi veronesi non mi permetterebbero mai di tesserarlo”, dichiarò il numero uno della società a chi gli chiese notizia dell’operazione Mboma. L’attaccante camerunense, leggenda del calcio africano, era stato messo sul mercato dal Cagliari. Sulle sue tracce, il Verona e il Parma, che alla fine riuscì a tesserare il giocatore grazie al dietrofront del club veneto. Sulla vicenda, intervenne anche il ministro dello Sport, Giovanna Melandri, che scrisse una lettera aperta al Coni per esprimere “tutto il mio disappunto”. Pastorello fece una parziale retromarcia, ma ormai la notizia aveva fatto il giro del mondo.

Si diceva, il cuore. Nell’estate del 2008, i tifosi della Juventus espressero tutto il loro disappunto rispetto al possibile dell’arrivo in bianconero di Dejan Stankovic, giocatore di riferimento dell’Inter, che quattro anni prima si era permesso di rifiutare la proposta della Signora per vestire la maglia neroazzurra. “Il fatto che sia interista è già un punto a sfavore del serbo – scrisse un tifoso juventino su uno dei tanti blog dedicati al tifo bianconero - se poi ripensiamo al suo rifiuto ai tempi del suo svincolo dalla Lazio, allora gridiamo con tutta la nostra forza di tifo­si no, Stankovic non lo vo­gliamo”. L’affare saltò. Per la gioia di alcuni tifosi e l’imbarazzo di altri.

E’ andata più o meno nello stesso modo per Ibrahimovic. Che fino a qualche settimana fa sembrava potesse tornare a Torino per riprendere il discorso interrotto con la retrocessione in Serie B della squadra bianconera per i noti fatti di Calciopoli. Nel corso della partita casalinga dello scorso maggio contro il Cagliari, la curva bianconera ha intonato più volte un coro che diceva: “Ora tutta quanta la curva canterà per te, Zlatan sei uno zingaro”. L’asso svedese passò all’Inter nella drammatica estate del 2006. Una doppia offesa per chi tifa Juve. Indimenticabile e imperdonabile. Ibra alla fine è rimasto al Psg per fare coppia con Cavani. Perché pretendeva un ingaggio molto alto, ma pure perché i tifosi bianconeri hanno fatto capire che altro non si poteva e doveva fare.  

A proposito di ritorni poco graditi, cosa dire di Mario Balotelli in neroazzurro e di Clarence Seedorf in rossonero? Nell’aprile del 2012, la Curva Nord ha pubblicato una lettera aperta in cui ha espresso tutto il proprio dissenso in merito al ritorno di Supermario all’Inter. “Per noi non esisti più, caro Mario, e con questa nostra ti diciamo addio”, l’incipit della missiva. Difficile per i tifosi neroazzurri dimenticare il servizio di “Striscia la notizia” nel quale l’attaccante della Nazionale di Prandelli giurava amore eterno ai cugini rossoneri.

Altre invece le ragioni che hanno spinto la Curva Sud del Meazza a schierarsi apertamente con Massimiliano Allegri un paio di mesi fa, quando si dava ormai per fatto il siluramento del tecnico da parte di Berlusconi per favorire l’arrivo a Milanello di Seedorf dal Brasile. Ecco le motivazioni, vergate su un comunicato che è stato ripreso dalla stampa sportiva e non solo: “Se proprio di progetto si tratta dobbiamo ripartire quantomeno dando la squadra in mano a un allenatore affermato e non certo a persone come Seedorf (che non ce ne voglia) o altri che hanno zero esperienza in panchina e arriveranno a prendere in mano una squadra di giovani a un mese dal primo impegno ufficiale e di difficilissima gestione quale il preliminare di Champions League”. Insomma, Allegri non si tocca. Seedorf bye bye.

“Se prendiamo Maresca cambio squadra”, ha twittato invece Piero Chiambretti, tifoso granata doc, poco dopo la notizia del probabile passaggio al Torino dell’ex centrocampista bianconero. Il popolare presentatore televisivo ha fatto suo il pensiero di tutta la curva. Enzo Maresca al Torino, meglio lasciar perdere. Perché? La tifoseria granata non ha mai dimenticato l’esultanza del giocatore dopo il gol del 2-2 nel derby del 2002. “Fossi nel Torino, ci penserei due volte”, la sentenza senza appello dell’idolo granata Marco Ferrante ai microfoni di Radio Sportiva. Alla fine, il presidente Cairo si è dovuto arrendere. Maresca cercherà un’altra destinazione.

Il passato non si dimentica. Mai. Nemmeno se in ballo c’è un posto da viceallenatore. E’ notizia di qualche settimana fa. A Brescia, il neo tecnico delle Rondinelle Marco Giampaolo, ha chiesto a gran voce l’arrivo in città come suo secondo di Fabio Gallo, un ex giocatore come lui che a suo parere avrebbe rappresentato un valore aggiunto per la squadra e la società. Peccato che l’idea non sia piaciuta agli ultras del Brescia. Che si sono opposti con fermezza alla decisione spiegando che Gallo, nel corso della sua esperienza all’Atalanta (rivale storica del club bresciano) avrebbe rilasciato dichiarazioni poco gradevoli all’indirizzo del Brescia e dei suoi tifosi. Tra Gallo e alcuni rappresentanti della tifoseria c’è stato anche un incontro, sotto gli occhi attenti della Digos. Ma nulla da fare. Per evitare scossoni che avrebbero certo fatto male all’ambiente, Gallo ha deciso di fare un passo indietro. Hanno vinto loro, gli ultras, ancora una volta.

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Dario Pelizzari