Nba: 5 motivi per cui gli Spurs sono i favoriti al titolo
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Nba: 5 motivi per cui gli Spurs sono i favoriti al titolo

Ecco perché San Antonio è (non da oggi) la vera squadra da battere nella corsa all'anello

Ci aveva pensato l’infortunio di Steph Curry a convincere gli scommettitori di Las Vegas a rivedere i loro pronostici e piazzare San Antonio in cima alla lista dei favoriti per i titolo Nba 2016, sopra (incredibilmente) anche ai Golden State Warriors campioni in carica e protagonisti della miglior regular season di sempre.

Ci stanno pensando da soli gli Spurs a calarsi sempre di più nel ruolo di favoriti per la vittoria dell’anello, non solo per i 32 punti rifilati agli Oklahoma City Thunder, che sono pur sempre la settima squadra dell’ovest con due alla star del livello di Westbrook e Durant, ma anche per una serie di 'segnali' - ne abbiamo isolati 5 - che già da qualche tempo hanno iniziato a insinuare il dubbio, che sarebbe assurdo (di nuovo) nella stagione delle 73 vittorie di Golden State, che siano proprio i ragazzi di Popovich la vera squadra da battere nella corsa al titolo.

LaMarcus Aldridge

Frederick Breedon/Getty Images

I 38 punti, con 18 su 23 dal campo, del grande protagonista di gara 1 contro i Thunder sono sicuramente frutto di una irripetibile serata al tiro, sottolineata peraltro dal sarcasmo di coach Pop in conferenza stampa, ma non sono arrivati per caso.

I primi 7 mesi di cura Spurs hanno trasformato un all-star navigato, ma mai veramente dominante ad altissimo livello, in un giocatore di sistema in grado di unire un solido apporto di realizzativo –18 punti di media che sono il minimo in carriera, ma sono quelli che Duncan non è più in grado di garantire - a una serie di piccole cose - transizione difensiva, difesa in aiuto, movimento di palla.. – che da 15 anni a questa parte rappresentano la fliosofia di gioco di San Antonio.

I minutaggi

Gregory Shamus/Getty Images

Nel sistema di Popovich, che in certi momenti della regular seasonsi si fa ben pochi problemi nel lasciare in borghese i suoi veterani, solo due giocatori, Leonard (33.1) e Aldridge (30.6), hanno un minutaggio medio che supera i 30 minuti; comunque largamente inferiore a quello degli uomini chiave delle altre contendenti al titolo: dei Warriors (Green 34.7, Curry 34.2, Thompson 33.3) ma anche dei Cavs dove LeBron James ha giocato una media, la più alta nella lega, di 35.6 minuti in regular season, già salita a 41.3 nella serie di primo turno contro Detroit.

La difesa..

Ronald Cortes/Getty Images

..ma c’è di più. Secondo i Four Factor (For Success), che tengono conto di percentuale dal campo, di palle perse, du rimbalzi e di tiro libero, gli Spurs sono 'complessivamente' i migliori. Ovvero sono quelli in grado di totalizzare il miglior differenziale tra quanto riescono a fare in attacco e quello che invece concedono in difesa agli avversari. Un sistema di gioco quasi perfetto, persino migliore (nei numeri) se confrontato con quello di Golden State..

 

Four Factors ‘Offensivi’

eFG%

TOV%

ORB%

FT/FGA

Golden State Warriors

0.563

13.5

23.5

0.191

San Antonio Spurs

0.526

12.4

23.0

0.197

 

Four Factors ‘Difensivi’

eFG%

TOV%

DRB%

FT/FGA

Golden State Warriors

0.479

12.6

76.0

.208

San Antonio Spurs

0.477

14.1

79.1

0.182

 

Fonte: numberfire.com

Kawhi Leonard

Ronald Cortes/Getty Images

Insieme alla crescita del nuovo acquisto Aldridge non si può non considerare l’impressionante 'acquisizione di leadership' di Kawhi Leonard, due volte difensore dell’anno e Mvp delle Finals già nel 2014 ma che oggi è nei fatti uno dei tre (insieme a James e Curry) giocatori più dominanti della lega, perlopiù calato in un contesto che gli permette di mantenere le sue doti di 'uomo squadra' ma che sempre più spesso gli concede qualche forzatura dal palleggio – è migliorato moltissimo, soprattutto in post basso e nel arresto e tiro dalla media che oggi segna con quasi il 50% contro il 32% del suo primo anno a San Antonio -. Un giocatore così ‘totale’ che sembra impossibile da limitare in una serie alle 7 partite.

L'evoluzione dei big three

Hannah Foslien/Getty Images

Mai come quest’anno gli ultratrentenni degli Spurs – a dire il vero Duncan ha spento 40 candeline lo scorso 25 aprile – sembrano perfettamente calati nel loro status di veterani e ‘apostoli’ del sistema di gioco di coach Pop: il loro minutaggio è calato drasticamente (in particolare nel caso di Manu Ginobili) così come le loro cifre personali. Eppure il loro apporto sembra essere persino migliore di quello della straordinaria cavalcata del 2014. Merito anche degli innesti di David West, Kevin Martin e Andre Miller – questi ultimi due arrivati dalle trade di marzo - che hanno messo la loro esperienza a disposizione della causa togliendo preziosi minuti a Duncan, Ginobili e Parker senza far scendere la quantità di IQ cestistico sul parquet.

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Teobaldo Semoli