Quelli che le Final 8: Massimo Miccoli
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Quelli che le Final 8: Massimo Miccoli

Se Siena ha alzato la sua quinta Coppa Italia consecutiva, lo svizzero Max è stato per l'ennesima volta lo speaker ufficiale della manifestazione. Ruolo di cui va fiero perché...

Remixata su base dance, la sua tipica frase "infrazione di paaassi" (con la "a" volutamente allungata) è ormai diventata un brano-cult che i tecnici del suono si divertono a trasmettere mentre provano gli impianti dei palazzetti. Ma la voce di Massimo Miccoli è nota a tifosi e addetti ai lavori del basket per un altro motivo: dalla metà degli anni Novanta è lo speaker ufficiale dell'Olimpia Milano così come delle Finali di Coppa Italia e degli eventi ufficiali dell'NBA nel nostro Paese. Compito che Max prende molto sul serio, affiancandolo con dedizione al suo vero lavoro: giornalista sportivo della Radiotelevisione della Svizzera Italiana (RSI), per la quale - oltre ovviamente al basket – segue il volley e il Motomondiale, oltre che condurre la storica trasmissione "Sport & Musica". «È una sorta di "Tutto il calcio minuto per minuto", ma con intermezzi musicali durante le partite di calcio e di hockey su ghiaccio. Una formula che combina lo sport con lo spettacolo, proprio come mi è sempre piaciuto fare».

È da lì allora che nasce la vocazione a fare lo speaker alle partite?
«Ora sono luganese a tutti gli effetti e considero la Svizzera la mia terra, ma sono nato a Milano e ho vissuto a Rho, dove negli anni Ottanta ho iniziato a cimentarmi al microfono nelle partite di B1 della squadra locale, combinando appunto il tifo e l'amore per il basket con il mio desiderio di fare radio. Poi è venuta la chiamata di Edo Bulgheroni, che mi chiese di andare a fare lo speaker in serie A alle partite della sua Varese (dove sono rimasto fino al 2000) e contemporaneamente, visti gli ottimi rapporti che intercorrevano tra le due società, iniziai anche a farlo per l'Olimpia Milano, agevolato dal fatto che il calendario prevedeva sempre l'alternanza del turno in casa. Non ho poi mai smesso, perché è un ruolo che mi piace e che è non è affatto banale come alcuni pensano, ma anzi richiede molta attenzione».

Ecco, cosa prevede il tuo manuale del bravo speaker? Quali le regole da rispettare per essere parte attiva e positiva dell'evento?
«Devi seguire la gara con estrema attenzione per avere sempre sotto controllo la situazione e sapere quando intervenire con la voce. Un annuncio sbagliato in un momento sbagliato (come ad esempio un fallo attribuito a un giocatore piuttosto che a un altro o una rimessa indebitamente assegnata in un momento topico) può infatti far esplodere la tensione in campo e sugli spalti. In questo senso, è poi fondamentale la collaborazione con i direttori di gara, che nasce anche da una perfetta conoscenza che lo speaker deve avere del regolamento: oltre ad avere il patentino da allenatore, sono stato arbitro a mia volta e sono certo che questo mi aiuti molto anche nel ruolo di speaker. Durante le ultime Final 8, ad esempio, nella semifinale tra Varese e Roma c'è stata una chiamata quasi contemporanea di un instant replay da parte del direttore di gara e di coach Vitucci: prima di dare l'annuncio, ho atteso quel secondo in più per consultarmi con l'arbitro Cicoria e dire che era stato lui a chiedere la prova-Tv. Dettagli che non valgono solo per il referto, perché aiutano a mantenere un clima di tranquillità nel palazzetto».

A volte però il microfono viene utilizzato esattamente in direzione opposta...
«Se avviene, è da condannare. Anche quando sei "di parte", come accade a me nelle partite di Milano, devi sempre collaborare con gli arbitri. Pompi la tua squadra alzando il timbro di voce, e magari allungando le vocali, dopo un bel canestro o un recupero importante, ma in certi momenti hai l'obbligo di collaborare con tutti gli altri protagonisti, inclusi gli ufficiali al tavolo che ti sono seduti proprio a fianco, per aiutare il pubblico e a volte gli stessi giocatori a capire cosa sta succedendo e perché».

Da speaker di Milano ti sei anche ritrovato a gestire il primo instant replay che ha deciso uno scudetto, quello sul canestro all'ultimo secondo per la Fortitudo nel 2005: furono attimi difficili?
«Più che altro indimenticabili, perché fu una partita incredibile con una cornice di pubblico eccezionale. E poi ci fu appunto quell'episodio decisivo: mi dissero poi che venni inquadrato dalle telecamere mentre allungavo il collo e cercavo di capire se il tiro fosse valido o meno... Fui anche bonariamente redarguito dagli arbitri, che mi dissero di non spiare: però agimmo tutti con serenità e credo che abbia contribuito a quella dell'intero ambiente una volta che fu poi assegnato il canestro e il conseguente scudetto alla squadra ospite».

Altri incontri indimenticabili, episodi che ti porti dentro della tua carriera di speaker?
«Fu emozionante esserci allo scudetto della stella di Varese e, sempre nel 1999, fu importante per la mia crescita professionale essere lo speaker dello storico McDonald's Championship di Milano, quando l'NBA sbarcò in Italia con i San Antonio Spurs. E a quello stesso anno risale curiosamente l'episodio che mi porto dentro con maggiore soddisfazione: da speaker neutro, fui al microfono a Bologna per la finale tra la Virtus e Varese, i cui tifosi arrivarono in carovana al Palasport di Casalecchio. Alla fine della partita, che si concluse a favore dei bolognesi per un solo canestro di differenza, rientrai negli uffici e trovai Alfredo Cazzola, presidente della Virtus ma anche della Legabasket e persona estremamente diretta, che mi fece i complimenti per l'ottimo lavoro svolto e per l'almeno apparente neutralità che avevo avuto al microfono. Certi apprezzamenti ti danno più soddisfazione di qualsiasi ingaggio economico, perché vedi riconosciuto il tuo ruolo e l'impegno che ci metti per svolgerlo. Poi ci sarebbero anche le immancabili gaffes, per le quali sono sempre il primo ad arrossire interiormente».

C'è qualcos'altro di cui vai professionalmente fiero?
«Nei primi anni Ottanta, una domenica mi trovavo a casa di amici in Svizzera e ci mettemmo a guardare sulla Tv via cavo la partita di mezzogiorno del campionato spagnolo. Notai che il commentatore salutava con un entusiastico "triple" ogni canestro da 3 punti e decisi di iniziare a usarlo anch'io, prima a Rho e poi in serie A. All'inizio la gente rimaneva perplessa, ma poi iniziò a divertirsi e ora il termine è diventato di uso comune, mi è pure capitato di trovarlo nelle cronache dei giornali. Mi piace allora vantarne per scherzo la primogenitura».

Qualche ricordo particolare legato alle Final 8?
«L'alto livello di competitività che noto sempre in questa manifestazione. Scuoto sempre la stessa quando sente dire da qualcuno "Sì, ma è solo la Coppa Italia": dalla mia posizione privilegiata, posso dire che per i protagonisti è un evento sentitissimo, sono tutti lì per vincere e per dare una prova di forza che puoi poi far valere a livello mentale durante i playoff per lo scudetto. Rispetto all'edizione appena conclusasi, ho poi un aneddoto tecnico: nella seconda serata, a un suo giocatore che stava per protestare dopo un fallo fischiatogli contro, il coach senese Luca Banchi ha intimato di stare zitto perché con un movimento così goffo non poteva che essere sanzionato. Il basket vuole la massima cura dei dettagli, in campo come al microfono».

L'evento per cui sogni di essere lo speaker ufficiale?
«Una finale di basket delle Olimpiadi, senza dubbio. Ma chissà quando le assegneranno di nuovo all'Italia. O chissà, magari nella mia Svizzera...».

La finale: ancora Siena!
C'è una Montepaschi che vede sempre in rialzo i suoi titoli a dispetto di tutto e tutti: è quello del basket, che porta a Siena la sua quinta Coppa Italia consecutiva, mettendola in bacheca insieme con i sei scudetti degli ultimi sei anni. Pur ampiamente rinnovata rispetto al passato e con uomini meno abituati alle grandi sfide, Siena dimostra lo stesso imprinting della gestione Pianigiani a livello di determinazione e carattere: sempre in vantaggio nella finale contro la Cimberio Varese dopo un terrificante 18-0 nei primi quattro minuti di gioco, la Montepaschi controlla poi sempre il match (43-29 all'intervallo, 66-49 alla fine della terza frazione), salvo poi avere un passaggio a vuoto all'inizio dell'ultimo quarto che consente il rientro degli avversari sino al 66-61 del 36°. È però allora una freddissima tripla di Daniel Hackett (17 punti a referto), eletto Mvp del torneo, a ricacciare indietro Varese e spianare la strada per l'ennesimo successo alla squadra di coach Luca Banchi. Top scorer: per Siena, 25 punti da un ritrovato Bobby Brown dopo il passaggio a vuoto in semifinale; per Varese, 25 punti per un Mike Green che entra però in partita quando ormai è troppo tardi.

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Paolo Corio