Mondiali nuoto: delusione, ma non per le medaglie
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Mondiali nuoto: delusione, ma non per le medaglie

Mentre la Pellegrini punta il dito sui due soli podi, l'ex azzurro Lorenzo Vismara osserva il peggioramento dei tempi in vasca e invita a una riflessione tecnica

Se il medagliere dell'Italia ai recenti Mondiali di Barcellona non sfavilla in assoluto (5 metalli in tutto, quattro in meno che a Shangai 2011, con il solo oro di Martina Grimaldi nei 25 km), quello del nuoto in corsia è davvero al lumicino: il fantastico argento di Federica Pellegrini nei 200 sl e l'altrettanto entusiasmante bronzo di Gregorio Paltrinieri nei 1.500 sl sono infatti state le onde anomale di una spedizione quasi sistematicamente naufragata già nelle gare eliminatorie del mattino. 

Un bilancio che ha innescato le critiche della stessa Pellegrini ("31 convocati, 2 medaglie" il suo commento ai media al rientro in Italia) ma che non stupisce più di tanto Lorenzo Vismara, già campione del nuoto azzurro (nel suo palmares ci sono tra gli altri la bellezza di 54 titoli nazionali, oltre a un argento ai Mondiali e due ori agli Europei) e oggi commentatore tecnico per Eurosport: "Capisco che le attese del grande pubblico siano sempre alte per effetto delle 'ubriacature' del passato, ma la realtà del nuoto italiano è questa: in vasca siamo una nazione di serie B/C e 2-3 medaglie sono per noi il bottino di un'edizione di medio livello. Non credo dunque si possa parlare di flop rispetto al medagliere: noi alla fine ci confrontiamo con nazioni che hanno strutture logistiche e investimenti sulla formazione dei tecnici 100 volte superiori".

Al di là di alcuni podi sfumati per un nulla, c'è però il problema di tanti nostri atleti fuori praticamente subito...

"Ecco, la delusione sta in questo: potevamo e dovevamo avere almeno diverse semifinali in più. Senza contare che tanti nuotatori e nuotatrici non solo sono stati subito eliminati, ma hanno fatto registrare tempi decisamente superiori a quelli con cui si erano qualificati. È questo il dato che più stona rispetto al passato, quando - al di là dei risultati di prestigio - c'era sempre stata una crescita della squadra".

Dopo la delusione delle Olimpiadi di Londra si era puntato il dito contro la preparazione: ci sono quindi stati errori tecnici anche questa volta, visto la débâcle di gruppo? 

"Certo giocano sempre tanti fattori, ma quello tecnico è il primo da considerare. E anche se sarà ovviamente lo staff azzurro a dover fare considerazioni in merito, credo proprio che alcune cose vadano ripensate, perché non si può non notare il peggioramento cronometrico significativo in tanti atleti. La medaglia persa per qualche decimo o addirittura centesimo ci può appunto stare, ma un peggioramento generale dei tempi come quello visto a Barcellona no".

Quali miglioramenti potrebbero essere ad esempio apportati?

"Ad esempio si potrebbero curare maggiormente la partenza e la virata, due gesti tecnici in cui gli azzurri appaiono chiaramente meno pronti rispetto agli altri. Non è cosa da poco, perché significa rivoluzionare la mentalità della scuola italiana, che non è mai stata interessata alla velocità pura e ha sempre curato di più gli aspetti tecnici legati al mezzofondo e al fondo. Però lavorare su questi grandi dettagli significa guadagnare decimi in vasca e migliorare quindi i risultati. E non solo nelle gare di velocità, come dimostrano gli olandesi che hanno fatto il percorso opposto: da sempre focalizzati sulle distanze corte, hanno portato alcuni aspetti tecnici della velocità anche nelle gare di distanza". 

Dopo questi Mondiali, alcuni osservatori hanno anche già denunciato la mancanza di un ricambio generazionale...

"Dico sempre che è un miracolo quando nasce in Italia un campione del calibro della Pellegrini. In Italia abbiamo scarsità di impianti e ci manca pure un'adeguata distribuzione del know-how tecnico sul territorio: siamo davvero distanti anni luce dai Paesi al top (Stati Uniti, Germania, Inghilterra) e siamo ormai stati superati anche dalla Francia e dalla Spagna. In questo momento siamo in grado di sostenere l'attività solo degli atleti di vertice e a volte nemmeno di quelli, come dimostrano gli sos lanciati in passato da Fabio Scozzoli che non riusciva a trovare una piscina in cui allenarsi... Ma non è certo questo il momento in cui il nostro Paese può investire in infrastrutture, quindi accontentiamoci di quel che c'è e che per certi versi è già molto".

Altro aspetto tecnico di questi Mondiali: dopo le medaglie Pellegrini e Paltrinieri hanno dichiarato di aver nuotato meno rispetto al passato. Può essere considerata una nuova strategia di allenamento?

"Assolutamente no. Paltrinieri si è allenato di meno per gli impegni scolastici e ha ottenuto il risultato perché è un fenomeno e perché è giovane e alla sua età è facile migliorare comunque. Federica invece ha fatto una scelta precisa, però ha alle spalle 15 anni di lavori massacranti che le hanno consentito di portare comunque a casa il risultato. Ma non può pensare di arrivare a Rio 2016 solo con il serbatoio dell'esperienza: per il suo tipo di nuoto non puoi fare solo 5 km al giorno in vasca. Tornando ai discorsi tecnici di prima, si può però anche pensare di non imporre alle giovani leve della velocità di farne sempre una dozzina al giorno...".

Per chiudere con Barcellona: quali gare ti hanno più emozionato nel commentarle per Eurosport?

"I 50 rana delle donne, per i due record mondiali messi a segno nelle semifinali prima dalla russa Yuliya Efimova e poi dalla lituana Ruta Meilutyte, con la Efimova che si è poi imposta in una finale in cui c'era anche la precedente detentrice del primato, l'americana Jessica Hardy. Poi i 50 stile libero uomini, in cui tutti e 8 i finalisti potevano ambire al podio e 5-6 all'oro. Una gara che ha certificato l'incredibile balzo in avanti della velocità a livello mondiale per la raggiunta consapevolezza di quanto contino forza massimale e forza esplosiva: 20 anni dopo l'atletica, anche il nuoto si è reso conto che i muscoli fanno andare più veloce. Quelli costruiti senza doping, ovviamente".

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Paolo Corio