Atletica, l'analisi di Franco Bragagna sul disastro azzurro ai Mondiali di Pechino
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Atletica, l'analisi di Franco Bragagna sul disastro azzurro ai Mondiali di Pechino

Testimone diretto della fallimentare spedizione, il giornalista Rai dice la sua su un movimento "che oggi in tanti casi ha scarti degli altri sport"

Zero medaglie, una grande delusione e un movimento da ricostruire. I Mondiali di atletica di Pechino sono stati un flop totale per la spedizione azzurra, nel mirino della critica dopo un'edizione che lascia tanti dubbi e nessuna certezza.

Il presidente federale Alfio Giomi lo ha definito "il peggior Mondiale della nostra storia", mentre il direttore tecnico Massimo Magnani ha parlato di "delusione e frustrazione, perché l’obiettivo era che gli atleti uscissero dal campo a testa alta e in pochi lo hanno fatto". Analizziamo a posteriori la spedizione asiatica con Franco Bragagna, il giornalista Rai e voce storica dell'atletica che ha seguito in presa diretta tutto l'evento. 

I risultati della spedizione azzurra si commentano da sé...
"Si, è stato un mondiale disastroso."

Cosa è mancato ai nostri atleti?
"A essere sinceri c'era poco da aspettarsi dai 33 che sono andati al Mondiale. Buona parte delle occasioni che aveva l'Italia, sono state perse per strada. Molti, troppi infortuni hanno complicato il percorso di molti atleti. Ormai i Mondiali sono su un altro livello rispetto alla nostra atletica, siamo rimasti ancora più indietro. Ed è un problema di strutture e reclutamento: ormai in Italia tanti dei ragazzi che iniziano a fare atletica sono 'scarti' di altri sport, mentre prima era l'atletica a sgrezzare i giovani nei movimenti e nella coordinazione".

Quali sono state le maggiori delusioni del Mondiale?
"Come detto, mi aspettavo poco dagli atleti che sono andati a Pechino. Se però devo fare un nome, la delusione più grande resta Libania Grenot: non tanto per i risultati di Pechino, ma per una crescita che negli ultimi anni non ha rispettato le aspettative a fronte di un investimento importante della Federazione". 

In questo senso, quali sono le prospettive dell'atletica italiana per il futuro?
"Non è un discorso semplice, riuscire a fare risultato in atletica è la cosa più difficile che esista nello sport mondiale. In questa edizione si è visto che tutto il mondo è cresciuto in ogni specialità, anche in quelle più complicate da allenare. A fronte di tutto questo, quindi, trovare rimedi non è semplice: di certo non il modello che questa Federazione ha proposto e che si è rivelato un vero fallimento".

Esattamente quale modello?
"È stato scelto un solo direttore tecnico, Massimo Magnani, invece di una serie di referenti per le specialità come si faceva in passato. Questo, oltre a essere dispendioso perché così facendo si finisce per portare troppi allenatori ai Mondiali, non crea differenziazioni tra le specialità, che si rifanno appunto tutte a un'unica figura, che però non può sapere tutto di ogni disciplina. La Fidal crede peraltro ancora nel direttore tecnico al centro del progetto, ma io non credo sia la vita giusta per il futuro...".

Invece com'è andata l'esperienza di "Casa Italia", la struttura della Rai allestita a Pechino?
"Il progetto 'Casa Italia' è stato sempre lanciato per offrire un luogo di approfondimento sulle tematiche del giorno, per poter incontrare atleti e personaggi dello sport a Pechino in un ambiente tutto 'made in Italy'. È stato insomma un avamposto italiano in Cina e ci sono stati momenti unici, dove abbiamo potuto confrontarci con ospiti di livello come ad esempio Sebastian Coe, neo-presidente della Federazione mondiale di atletica. Unico neo: eravamo oggettivamente lontani dallo stadio, nel quartiere degil artisti, e dopo una giornata di lavoro raggiungerci non era comodo... Si è comunque rivelato un progetto vincente, su cui la Rai punterà forte anche in futuro. Sperando anche in risultati migliori degli azzurri".


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Matteo Politanò