Quella scaramanzia che non ha salvato Andrea
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Quella scaramanzia che non ha salvato Andrea

Antonelli non faceva mai i biglietti dell'aereo per una gara prima di tornare dall'altra. Come raccontano a Castiglione del Lago, il paese che ora lo piange - il video della tragedia - sondaggio -

Non era stato l'asfalto il primo amore di Andrea Antonelli, ma lo sterrato della pista da cross di Gioiella, a pochi chilometri dalla casa di Castiglione del Lago, in provincia di Perugia, in cui abitava con i genitori. E a pochi chilometri da dove chi scrive si trova del tutto occasionalmente in questi giorni: ci sono andato questa mattina, sapendo di trovarci i cancelli chiusi, ma convinto che il miglior modo di omaggiare quest'ennesimo campione portato via troppo presto dal fato (e dal cinismo di certi organizzatori) fosse andare a rivolgergli un pensiero nel luogo dov'era nata la sua passione per i motori.

Nell'estrema solitudine che regalano tutti gli impianti lontano dalle manifestazioni, il sole dell'Umbria che batte sul terreno del crossodromo e il frinire ininterrotto delle cicale sono l'esatto opposto della nuvola d'acqua in cui ormai tutti abbiamo visto scomparire la vita di Andrea, così come lui era l'esatto opposto di tanti sportivi che si montano la testa una volta arrivati al top. Me lo raccontano senza esitazioni al Comando di Polizia municipale di Castiglione del Lago, dove - lasciata Gioiella - vado a chiedere informazioni per trovare qualcuno che mi aiuti a ricordare non il pilota ma il ragazzo, perché a 25 anni si è ancora tali: "Lo conoscevamo bene anche noi, come del resto tutti qui a Castiglione", mi dicono. "Malgrado il successo, era rimasto tranquillo e alla mano, legato ai suoi amici di sempre, che ora non hanno ovviamente voglia di parlare".

Mi raccontano anche che all'ultima gara di quad sulla pista di Gioiella, Andrea Antonelli era a bordo pista a fare lo sbandieratore come uno dei tanti volontari che danno una mano al crossodromo nei weekend. Poi, lanciato uno sguardo alla prima pagina della Gazzetta che riporta il primo piano del pilota sotto il titolo "Andrea non doveva morire", Alessandro - l'agente in servizio che mi ha accolto al Comando - mi guarda in faccia e rivela: "Lo sa? Ero anch'io in grande confidenza con Andrea. L'ho visto giusto pochi giorni fa e gli ho detto che, come già altre volte, sarei andato a vederlo in uno dei prossimi gran premi, ma che non avevo ancora fatto il biglietto dell'aereo. E Andrea mi ha risposto che intanto non l'aveva fatto ancora nemmeno lui: era la sua scaramanzia, quella di prenotare i voli una gara per l'altra". Poi gli occhi di Alessandro vengono attraversati da un velo di infinita tristezza, come sta accadendo a tanti in questo doloroso lunedì di luglio in riva al Trasimeno.

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Paolo Corio