Teofilo Stevenson, il pugile che disse no
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Teofilo Stevenson, il pugile che disse no

L'atleta cubano, 3 volte oro alle Olimpiadi, rifiutò nel '76 di combattere contro Muhammad Ali per 5 milioni di dollari

“Cos’è un milione in confronto all’amore di 8 milioni di cubani?”. Con questa frase, detta con il sorriso ma pure con la fermezza di chi non ha alcuna intenzione di mettersi a discutere per una decisione che ha radici lontane, l’ex peso massimo Teofilo Stevenson rifiutò nel 1976 l’ingaggio di 5 milioni di dollari per combattere contro la leggenda di allora Muhammad Ali.

5 milioni di dollari per combattere da professionista e lasciare quindi Cuba e le sue regole, che non permettevano di smettere gli abiti da dilettante per intascare denaro con lo sport. Stevenson disse di no e divenne un eroe per i suoi connazionali, che oggi lo ricordano come uno dei miti di sempre del pugilato in salsa castrista. Sì, perché nella notte scorsa il 3 volte medaglia d’oro alle Olimpiadi (Monaco ’72, Montreal ’76 e Mosca ’80) è stato portato via da un infarto a 60 anni. Lui, campione a tirar pugni e ad insegnare ai giovani cubani l’arte della boxe, è stato messo ko da un malore che non gli ha lasciato scampo.

“Difficile dire se avrebbe avuto i numeri per diventare un grandissimo anche tra i professionisti – dice a panorama.it l’ex conduttore negli anni Ottanta della trasmissione tv ‘La grande boxe’, Rino Tommasi -. Il pugilato pro è tutta un'altra cosa rispetto al pugilato dei dilettanti. Come fosse un altro sport. Per la distanza delle 3 riprese contro le 12, soprattutto. Anche se, tutto sommato, quelli che sono stati veramente bravi tra i dilettanti poi si sono fatti valere anche da professionisti”.

Quella sua scelta di non fare i soldi con il pugilato ha raccolto la simpatia di moltissimi appassionati nel corso degli anni. “E' stato difficile capire perché non sia mai passato al professionismo. Perché non abbia mai cercato di tradurre in soldi il suo talento e la sua popolarità. E’ nato in un clima, in un ambiente molto diverso da quello in cui sono cresciuti i grandissimi dello sport mondiale.

Teofilo Stevenson come Muhammad Ali, tra i grandi di sempre. Per Tommasi, difficile fare confronti. “Stevenson ha sempre combattuto con le stesse regole e gli stessi vincoli. Nei pochi minuti degli incontri da dilettanti dovevi cercare di 'rubare' l'occhio ai giudici. Sul talento del cubano, in ogni caso, non si può discutere, c'era ed era ben evidente. Ma poi, come fare a metterlo a confronto con personaggi come Primo Carnera e Joe Louis? Caso mai con Floyd Patterson, che è stato campione del mondo tra i dilettanti e numero 1 quando è passato tra i professionisti”.

L’incrocio con Francesco Damiani. Nei mondiali dilettanti del 1982, Stevenson viene sconfitto dopo 11 anni di vittorie consecutive dal nostro grandissimo pugile emiliano, che gli impedì di fare la tripletta. Poco male, ci riuscì nell’edizione successiva, quattro anni più tardi. Mondiali di Reno del 1986. Teofilo Stevenson ancora sul gradino più alto del podio. Aveva detto no al professionismo, ma tra i dilettanti aveva dimostrato di essere il numero 1, un fenomeno, un fuoriclasse, l’uomo del riscatto di Cuba nei confronti del mondo.

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Dario Pelizzari