Sport, tutti i riti scaramantici dei campioni
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Sport, tutti i riti scaramantici dei campioni

Dal numero della maglia da indossare, al lato da cui salire in sella per i piloti, fino alle collane d'aglio: ecco i gesti "anti sfortuna" dei campioni degli sportivi.

C' è Michael Jordan che per tutta la sua carriera indossò, sotto alla divisa ufficiale dei Chicago Bulls i pantaloncini della sua università di North Carolina; ma c'è anche Pelè che, dopo aver regalato ad un tifoso la sua maglia, non riuscì più giocare nello stesso modo, tanto da arrivare a chiedere al fan in questione di restituirgliela. Che dire poi di Maradona, che dopo la prima partita vinta ai Mondiali del 2010, pretese di ripetere un ricco e dettagliato rito propiziatorio: andava a bordo campo con tutta la squadra, salutava i tifosi, si faceva fotografare con un membro dello staff tecnico argentino, telefonava alle figlie Dalma e Giannina e, rientrato negli spogliatoi, si faceva portare una copia del giornale di 24 anni prima, che celebrava il secondo titolo mondiale vinto dalla sua Argentina. Solo a questo punto entrava in campo e giocava.

La chiamano scaramanzia e nessuno, o quasi, ne è immune. Di certo sono in molti a crederci, specie tra gli sportivi e i grandi campioni. Per restare al mondo del calcio, basti pensare che Zambrotta racconta di infilare, rigorosamente, prima la scarpa sinistra poi quella destra, prima delle partite. Tardelli, invece, ai tempi della Nazionale, giocò con un "santino" infilato all'interno dei parastinchi. Sempre a proposito di Azzurri, è nota la boccetta di acqua santa di Trapattoni, ai Mondiali in Corea (che però non sortì gli effetti sperati), mentre molti meno sanno che l'unica volta che Gigi Riva non indossò la maglia numero 11, sostituita con la numero 9 in occasione di Italia-Portogallo del 27 marzo 1967, si ruppe una gamba.

La mania di seguire particolari riti dal valore taumaturgico, almeno nella convinzione di chi li fa, contagia anche il mondo dei motori: Felipe Massa ha avuto modo di spiegare che lui indossa lo stesso paio di mutande per le qualifiche del sabato e per la gara della domenica. Secondo il pilota di F1, infatti, "non è che la superstizione aiuti a vincere le corse, ma contribuisce a farmi sentire meglio". Sarà per questo che anche Sebastian Vettel sembra che in una scarpa infili, prima delle corse, una medaglietta di San Cristoforo. Per lo stesso motivo Robert Kubica si affida alla benevolenza e protezione della Madonna di Czestochwa, Niki Lauda ad una monetina (che infilava nei guanti), mentre Valentino Rossi non si è mai separato dal suo adorato numero 46.

Se il casco non va mai appoggiato a terra per i piloti (così come si dice che il cappello non debba mai essere posato sul letto, per i "comuni mortali"), Marco Lucchinelli vinse il titolo mondiale del 1981 indossando sotto la tuta camicia e cravatta, per scaramanzia. Loris Capirossi, poi, ha sempre preferito salire in sella dal lato destro della moto, mentre Jean Alesi viene ricordato per aver regalato a Jarno Trulli una collana d'aglio...per scacciare la sfortuna!

Dai circuiti ai campi da tennis, Rafa Nadal gioca più tranquillo se le sue bottigliette d'acqua vengono allineate perfettamente a bordo campo e con le etichette rivolte verso i giocatori. Da Bjorn Borg a molti "colleghi" sportivi, specie americani, è usanza tagliarsi la barba prima dei playoff. Il campione di golf Tiger Woods, invece, deve sempre indossare una maglia rossa (ma questo non lo ha messo al riparo dai guai "coniugali" con la ex moglie). L'elenco sarebbe ancora molto lungo, ma l'idea che la scaramanzia abbia patria italiana (o partenopea) è presto smentita dal record di gesti scaramantici, che spetta al portiere scozzese di calcio, Alan Rough: prima di entrare in campo doveva necessariamente, e con questo ordine, ripetere questa sequenza: portarsi il suo anello portachiavi a forma di cardo, una vecchia pallina da tennis e una scarpetta da calcio in miniatura, da infilare in tasca; non dimenticare una piccola maglia con la forma di una stella, appendere i suoi vestiti al gancio nhumero 13 dello spogliatoio; indossare una maglia col numero 11 sotto a quella ufficiale col numero 1; far fare tre rimbalzi al pallone nel tunnel che collega gli spogliatoi al campo, e poi calciarlo a porta vuota una volta.Infine, a gioco iniziato, era bene soffiarsi il naso più volte possibile.

Manie? Forse, ma crederci non costa nulla!

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Eleonora Lorusso